Capitolo 34

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Devo ritrovare me stessa. Devo ritrovare le mie origini. Devo tornare a casa. Per questo prendo il primo volo, per cercare di capire tutto questo.
Arriviamo troppo in fretta. Non ho ancora capito cosa dovrei dire, cosa devo chiedere, come voglio chiederlo, se andare prima dai genitori che mi hanno cresciuta o da Sabrina, come gestire la paura.
Sono sempre stata Margherita Belgrado. Questo nome è stato scritto sui registri scolastici, sulle iscrizioni, all'anagrafe per sostituire quello che era il mio precedente, sugli attestati, sulla mia carta di identità, sui compiti in classe.
Margherita Cristaldi non è mai stata in nessun elenco. Quindi lei non è stata in nessuna scuola, non ha mai fatto un concorso o uno stage, non ha mai preso un bel voto, non esiste.
Ma Margherita Cristaldi sono io, quindi io non esisto.
Ho vissuto il mio passato da Margherita Belgrado. I ricordi sono suoi, non miei.
Non posso sapere quali lati di me ho preso da mio padre, quali da mio nonno o da altri parenti.
Non posso sapere da dove vengo, almeno finché non chiederò spiegazioni a Sabrina.
In aeroporto vedo attendere quelli che credevo i miei genitori, totalmente inconsapevoli del motivo che mi ha spinto a venire qui.
<<Amore di mamma, come è andato il viaggio?>>
<<Oh no, amore di mamma non va bene. Magari un altro nomignolo, ma non questo.>>
<<Perché dici questo Marghe?>>
<<Perché non sono vostra figlia. Ecco perché.>>
Sconvolti si lanciano un'occhiata senza fiatare, così continuo:
<<Che c'è, volevate mentirmi ancora? Ho rovinato i vostri piani? Tanto ormai credo di essere solo un burattino nelle mani degli altri. Ah giusto, non so chi sono, non posso saperlo perché avete deciso di non dirmi di essere figlia della mia insegnante di danza. Non so chi sono perché le persone che ho sempre chiamato mamma e papà sono degli sconosciuti, ma non perché non sono i miei genitori naturali, solo perché mi hanno cresciuto nella menzogna. Capite che non ho più certezze? Lo capite questo?>>
<<Non è stata una nostra scelta, noi avremmo sul serio voluto dirtelo>>.
<<Be' certo, ovvio, non è mai colpa vostra, non sia mai!>>
<<Margherita smettila.>> Sentenzia l'uomo che mi ha cresciuta.
<<E perché? Non sei mica mio padre. Non puoi darmi ordini.>>
Lui abbassa lo sguardo con tristezza e delusione, l'ho colpito dritto nel cuore con quella frase, con quella freccia velenosa che è la rabbia.
<<Scusate è che io... Non so cosa fare, non so nulla>> dico sedendomi sul pavimento coprendomi gli occhi con le mani che provano a fare da diga alle lacrime.
<<Andiamo via>> dice papà.
Mi prendono quasi di peso, mi conducono nel piccolo abitacolo dell'automobile e raggiungiamo casa di Sabrina.
Scendiamo dalla macchina e suoniamo il campanello per poi essere invitati ad entrare.
<<Carmen, ciao. Come mai qui?>> chiede Sabrina.
<<Dovresti rivolgerti a me forse, mamma>>
Mamma. 5 lettere. Due sillabe. Una parola. Il nulla paragonato a tante frasi articolate, complesse. Eppure basta questa per sconvolgere tutto.
Basta questa parola per rendere vetro gli occhi di mia madre, quella che continuerò a considerare tale, colei che mi ha cresciuta.
Basta questa parola per sconvolgere Sabrina e ammutolirla.
<<Anzi, non dovrei chiamarti così, sai. Tu ti sei fermata alla più banale e naturale forma di rapporto materno, ti sei stufata di me dopo nove mesi e hai sentito solo un mio pianto. Ti ringrazio per avermi messo al mondo, ma non è grazie a te che ho imparato a vivere.>>
<<Potreste lasciarci sole?>> Domanda flebilmente.
Mamma e papà escono e noi andiamo verso il divano del soggiorno.
Ci sediamo cautamente senza dire nulla, contornate dalla asfissiante sensazione di un silenzio non voluto, ma quasi dettato, imposto, fino a quando non decide di parlare e finalmente dire la verità.
<<Io amavo tuo padre, molto. Eravamo fidanzati da più di 6 anni e stavamo preparando il matrimonio quando abbiamo saputo che ero incinta. Eravamo felicissimi, completi, perfetti, fino a quel giorno a Parigi.
Dovevo fare un provino per uno spettacolo davvero importante e sarebbe stato il mio trampolino di lancio, la mia unica occasione. Concorsi così importanti non erano così facili da trovare ed io ero una debuttante, una alle prime armi e anche troppo grande per iniziare la carriera, perciò sapevo che quella sarebbe stata la mia unica occasione.
Guido mi accompagnò. Prima dell'audizione mi presentò una sua vecchia amica la quale avrebbe gareggiato contro di me.
Appena finita la mia esibizione li ho visti.
Li ho visti baciarsi in un modo così famelico e appassionato da farmi quasi venire dei conati di vomito.
Poi lui le ha preso la mano e l'ha portata verso un camerino non occupato e Dio solo sa cosa hanno fatto in quella stanza.
Io ero fuori di me, lui mi avrebbe abbandonata, avrebbe abbandonato me e te.
Vidi infrangere in un istante tutto ciò che avevo sognato, tutto ciò che avevo costruito, tutto ciò che era mio. Non avrei potuto farti anche da padre e così presa dall'isteria del momento pensai di minacciarla, di minacciarla affinché se ne andasse e sparisse per sempre così che il matrimonio non fosse annullato e tu avresti avuto il padre che ti meritavi.
Presi ciò che di più caro aveva al mondo e quando tornò nel suo camerino le dissi che lo avrei distrutto se non se ne fosse andata, poi tutto è successo così velocemente: le sue lacrime, la caduta, le urla e il suo tesoro scomparve per sempre.
Sapevo che si sarebbe vendicata, così decisi di scappare.
Mi trasferii qui, ma non ero ancora al sicuro e soprattutto non eri al sicuro.
Sapeva che per colpirmi avrebbe dovuto colpire te e così ti ho affidata a Carmen e Renato per nasconderti, chiedendo loro di iscriverti nella mia scuola di danza appena possibile, per poterti almeno vedere crescere.>>
<<Come si chiama questa donna?>>
<<Elsa, Elsa Paloma.>>
Credo che il mio colorito sia completamente scomparso. Elsa è la donna che complotta con Faggi. La Paloma è l'insegnante che mi odia.
Sentire questi nomi uniti è come una coltellata.
<<So che Paloma è la tua insegnante di danza>> mi tranquillizza leggendo il mio sguardo<< ma ti posso assicurare che la tua insegnante si chiama Angela. Mi sono informata bene prima di esporti tanto, facendomi aiutare da un mio amico: Alfredo Conti. Lui mi ha aiutato a trovare il concorso e si è accertato che tutto fosse sicuro.>>
<<Non è tanto questo che mi preoccupa. Elsa credo che stia collaborando con Faggi. All'inizio credevo che quest'uomo volesse rovinare mio padre, ma ho capito che volevano arrivare a me. Hanno una cartellina che mi riguarda, una cartellina con il mio certificato di nascita con il tuo nome. Mi ha trovata Sabrina, mi ha trovata.>>
Lei assume uno sguardo allarmato.
<<Come? Sanno chi sei? Sanno che sei mia figlia?>>
Annuisco.
<<È grazie a quella cartellina che ho scoperto la verità.>>dico.
<<No, non è possibile>> grida mettendosi le mani tra i capelli<< Tutti questi sacrifici, tutte queste attenzioni, tutti questi misteri per la tua sicurezza per poi non ottenere nulla? Ho rinunciato a farti da madre perché stessi bene, perché stessi serena e invece non lo sei. Scusami, scusami, scusami. Io non volevo farlo. È stato un incidente. Volevo che tu avessi un padre, nulla di più, non volevo che finisse tutto in catastrofe.>>
<<Sabrina non ti seguo.>>
<<Certe cose è meglio non saperle.>>
Dice questa frase con uno sguardo cupo, freddo, pieno di dolore e di buio.
Mistero.
Normalmente un'occhiata del genere mi avrebbe solo suscitato più curiosità, ma in ballo questa volta ci sono io e chi amo e questo fa paura.
<<Sapevo che non sarebbe finita>>

Dice fissando il quadro di fonte, la raffigurazione di un mare in tempesta durante la notte. <<Sapevo che prima o poi avrei pagato per i miei errori. È un circolo vizioso. Provochi dolore e ti provocano dolore. Siamo pronti a giocarci tutto, per un istante di felicità, per l'idea della felicità, senza capire che salendo più in alto per raggiungerla, in bilico sulle nostre speranze rischiamo di farci davvero male nella caduta. Tuo padre però non la pensava così, vedeva il meglio in tutto, tranne che in me dopo quell'evento.>>
<<In che senso?>>
<<Il tesoro che ho distrutto non era solo di Elsa, ma anche di Guido.>>
<<È per questo che ti ha abbandonata? Perché hai distrutto il suo "tesoro"?>> Chiedo minando le virgolette.
<<Non è facile perdonare, a volte è impossibile. Lo capisco, anche io avrei fatto lo stesso, se non di peggio>>.
Le prendo la mano e gliela stringo. Ne ha passate tante per proteggermi, quasi mi dispiace dirle questa frase:
<<Ti ammiro, ti voglio bene, ti rispetto, ma io continuerò a vedere in Carmen mia mamma. So che lo hai fatto per il mio bene, ma avresti potuto dirmelo. Ogni scelta porta ad una rinuncia e tu hai rinunciato ad essere madre.>>
I suoi occhi si inumidiscono e poi stringe la mia presa forte, come per non farmi andare via.
<<A volte lo penso anche io. Penso di essere stata egoista e di aver preso la scelta più conveniente, a volte credo che nemmeno la più pazza delle madri avrebbe rinunciato ai suoi due amori. Sono momenti di malinconia che mi assalgono, mi divorano, che provano a cancellare il ricordo di quel giorno, di quell'errore, di quel momento che ha cambiato tutto. Ma non va via, continuerà a torturarmi per sempre.>>

La danza delle margheriteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora