Il cielo è azzurro come non mai, quasi come se stesse provando a imitare gli occhi di Alessio. Qualche nuvoletta bianca prova a coprirlo insieme alle foglie dell'albero che fa da tetto a me e a lui. Siamo su una panchina del parco, anzi non su una panchina ma sulla panchina. Quella dove vidi Mattia piangere per sua madre, quella di fronte alla aiuola con le margherite. Ho la testa appoggiata sulle gambe del mio difensore, stesa mentre lui mi accarezza i capelli. Mi sta guardando anche se appena giro lo sguardo fa finta di non farlo.
<<Ma qual è il vero nome del fonico?>>
<<Eh? Come ti è venuta in mente questa domanda?>> dice ridendo piano.
<<A caso. Allora?>>
<<Michele. È un tipo simpatico, mi ha aiutato molto da quando sono qua.>>
<<Ma quindi tu sei nato in Francia?>>
<<No, sono nato qui poi mio padre ha iniziato a dover andare in giro per il mondo per il lavoro e lo abbiamo seguito, Parigi è l'ultimo posto dove sono stato, è stupenda.>>
<<Deve essere stato bello vedere così tanto.>>
<<Mh sì, ma non ho un bel ricordo di quegli anni.>> lo guardo incuriosita, come può non essere contento di viaggiare? Tutti amano viaggiare. Mi guarda e sorride, credo che abbia capito cosa sto pensando.
<<Non è bello svegliarsi la mattina e non essere in casa propria ma solo 'nel nuovo posto dove dormire', soprattutto pensando che una casa non ce l'hai affatto. Non facevo in tempo ad integrarmi che già avrei dovuto cambiare città, neanche il tempo di avere nostalgia che già si parlava di un altro trasferimento. Perciò appena ho finito il liceo sono tornato qui, l'unico posto che avevo davvero chiamato casa e che mi era mancato.>>
Casa. Quanto può essere minimizzata questa parola? Io che di case da quando sono qui ne ho avute tante. Quella in cui sono cresciuta. Quella dei Milanesi. Il palcoscenico. La stanzetta e lui. E poi c'è Alessio, che non ne ha mai avuta una. Io che ho viaggiato per allontarmi e trovare me stessa e lui che per trovare se stesso è tornato qui. Due storie opposte per poi ritrovarci attratti come i poli positivi è negativi delle calamite. Persa nelle sue pozze marine, in un mare in cui vorrei affogare, un mare che mi dà pace e infinite emozioni allo stesso tempo. Gli stringo la mano. Ma è una stretta dolorosa perché so che presto questa mano non la stringerò più. Che non posso lasciare la mia famiglia per vivere qui o rinunciare all'accademia di Londra. Penso che per Alessio lo farei. Mollerei tutto e resterei qui. Ma sarebbe come arrendersi. Tante persone non sanno nemmeno cosa sognano. Tante persone si ritrovano a lottare senza nemmeno sapere per cosa stanno portando avanti questa guerra. Io sapevo per cosa lottare, sapevo cosa volevo, ma ora non più. Perché questa mano non la voglio lasciare, ma nemmeno tradire i miei piedi, i piedi che mi fanno volare, i piedi che fanno da ponte per portare i pensieri fuori dal mio corpo e farmi stare bene, i piedi che mi hanno sempre chiesto di ballare. Quanto è facile la vita di chi non ha sogni, di chi non soffre tanto per le scelte perché sanno che non perderanno una parte di sé, come succederà a me inevitabilmente alla fine di quest'anno. Alessio mi guarda negli occhi ed il cielo ha decisamente perso la gara, mi guarda come se capisse ciò che mi affligge, perché è questo che fa, mi legge l'anima e la cura. Si avvicina e mi dà un bacio tranquillo e malinconico, forse perché un'altra volta non ha davanti una certezza, come in tutti i suoi viaggi. Si allontana piano e capisco quanto sia dipendente da lui. Mi guarda dritta negli occhi e dice
<<Andrà bene.>> sorride debolmente, quasi in modo triste.
<<Cosa?>>
<<Tutto ciò per cui ti stai preoccupando.>>
<<Grazie.>>
<<Per cosa?>>
<<Per tutto. Andiamo?>>
Annuisce. Ci dirigiamo verso il teatro. Ho la strana sensazione che sia successo qualcosa, qualcosa che c'entra con il sorriso della Paloma. Due volte mi ha sorriso. Il primo giorno. Prima che scoprissi che stava tramando contro di me e questa volta. Non promette nulla di buono. Mi stringe la spalla con il suo braccio e ci incamminiamo. Prova a fare battute e a dire cose idiote per tirarmi un po' su, ma io ho questa sensazione che mi tormenta.
<<Sai presto conoscerai una persona.>>
<<Che persona?>>dico girandomi curiosa.
<<Amo quando fai quella faccia. Quella faccia piena di attesa e ansia mentre aspetti che ti dicano qualcosa.>>
<<Non faccio nessuna faccia.>>
<<Sì invece.>>
<<No.>>
<<Adesso hai la faccia da 'cerco di avere ragione anche se non ne ho'.>>
<<Vuoi vedere la faccia da 'non ti parlo più come qualche giorno fa'?>>
<<Okok>>alza le braccia in segno di resa <<mi arrendo.>>
<<Benissimo. Quindi chi dovrei conoscere?>>
<<Nessuno.>>
<<Come nessuno. Dai dimmelo.>>
<<Tu ammettilo di essere un'inguaribile curiosa.>>
<<Ok ma ora dimmi chi.>>
<<Mio fratello. Arriva la settimana prossima. Ha un'anno in più di te. Non vedo l'ora di presentartelo.>>
Mi aveva detto di avere un fratello minore, ma non pensavo fosse più grande di me.
<<Okay, non vedo l'ora.>>
Entriamo nel teatro. La mia brutta sensazione aumenta. Che avrà fatto quell'arpia per scoraggiarmi?
<<Michele mi ha mandato un messaggio chiedendomi di prendere un aggeggio per le scenografie nella stanzetta, mi accompagni?>>
<<Certo tanto è ancora presto.>>
Scendiamo le scale. Alessio alza lo zerbino per prendere la chiave ma la chiave non c'è più. Controlla sotto tutti gli altri zerbini ma nulla.
<<Merda>>dice.
La serratura è chiusa da un pezzo di metallo. Il messaggio è chiaro. Non possiamo più entrare qui. Ci hanno strappato il nostro nido, il nostro posto.
Prova a forzare la porta, ma è tutto inutile. Digita un numero.
<<Michele, perché non c'è più la chiave dello sgabuzzino?>>
Fa una pausa per ascoltare Michele.
<<No e c'è anche una specie di coso di metallo davanti alla serratura.>>continua <<Non me ne frega nulla della sceneggiatura. Sai quanto tenevo a quel posto>>si passa freneticamente la mano tra i capelli. È visibilmente nervoso <<Va be' dai ciao.>>
Ci guardiamo. Sappiamo entrambi cosa abbiamo perso. Sappiamo entrambi che quello è il posto dove è sbocciato tutto. Ecco la mia brutta sensazione a cosa era dovuta. Ecco il sorrisetto della Paloma a cosa era dovuto. Se prima volevo a tutti i costi riuscire a non lasciarmi ostacolare ora voglio vincere e umiliarla, scoprire tutto e raccontarlo ai giudici. Rovinarle la carriera come lei sta provando a rovinarmi la vita. Mi rifugio tra le sue braccia come se potesse fare da scudo contro tutti quelli che sono pronti a pugnalarmi, contro tutti i problemi e le scelte che ho paura di sbagliare.
Lo stringo forte, forte come non ho mai stretto nessuno, non sono una facile da conquistare e lui mi sta conquistando ogni giorno di più.
<<Promettimi che non mi lascerai>>
<<Promesso.>>
Gli dò un bacio, un bacio che chiede aiuto e forza.
<<Devo andare, ho le prove con Tommaso, ci vediamo dopo difensore.>>
<<Difensore?>>
<<Forse un giorno ti spiegherò.>>dico allontanandomi da lui.
Amo lasciarlo con una faccia da ebete alle mie spalle, come quando gli ho rotto il piede e gli ho fatto cadere lo scaffale addosso, è così divertente.
Tommaso è già sul palco. Ha lo sguardo serio e buio e quando mi avvicino mi dice:
<<Oggi. È il momento di parlare con Ambra.>>
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La danza delle margherite
Romance"Mi rifugio tra le sue braccia come se potesse fare da scudo contro tutti quelli che sono pronti a pugnalarmi, contro tutti i problemi e le scelte che ho paura di sbagliare. -È colpa mia. Per colpire me ha fatto soffrire anche te.- dico. -Sarebbe st...