Gennaio 2019
Imogen, accompagnata da suo fratello e dal padre, era all'aeroporto internazionale di Los Angeles e le sembrava che il deserto del Nevada avesse preso possesso della sua gola. Non riusciva a capire come fosse già giunto il momento dei saluti. Aveva passato le ultime settimana sballottata in giro come una trottola e ora doveva fare la cosa che più odiava del suo grande piano: separarsi dalla sua famiglia. Era l'unica parte del suo piano ad averla sempre frenata, e in quel momento doveva frenare le lacrime.
«Posso prendere la tua stanza, ora?» Le chiese il fratello, alto più di lei nonostante fosse soltanto un adolescente.
«Non ci provare. La tua camera è più grande della mia e hai uno studio e una palestra, cosa te ne fai? No, è escluso! Non ho più l'appartamento con Jess e quando torno a trovarvi dovrei dormire in hotel, ti prego!» E gli passò una mano sulla testa, spettinando i capelli biondi di Colin.
Odiava gli alberghi e quell'atmosfera asettica che regnava in quelle camere per nulla famigliari. Il solo pensiero di doverci passare del tempo a Londra, finché non avesse trovato un appartamento, le fece venire la nausea.
Colin alzò le spalle, come se la questione non fosse davvero importante. «Mi mancherai».
«Anche tu!» gli disse con un nodo alla gola che non le permetteva di parlare a dovere. «Puoi venire a trovarmi quando vuoi. Lo sai che per te ci sono sempre». E solo Dio sapeva quanto quelle parole fossero vere. «Ciao, stai attento, fai i compiti e non fare preoccupare papà».
E, dopo averlo abbracciato, gli diede un bacio sulla guancia così lungo da risultare eccessivo per qualsiasi ragazzino nel pieno dell'adolescenza.
Colin, però, sorrise. «Lo stesso vale per te. Ci sentiamo presto, sorellona».
Per Imogen era arrivato il momento di salutare suo padre e aveva iniziato a piangere, incapace di trattenersi oltre. In quasi venticinque anni di vita, non le era mai capitato di doverlo lasciare. Di dover lasciare sola la sua famiglia.
Eppure era giunta l'ora di pensare a se stessa, anche se in quell'istante sembrava tutto, fuorché la scelta giusta.
Nigel abbracciò la figlia. Era un gesto che si era concesso poche volte, ma non per questo Imogen non era a conoscenza del bene che suo padre le voleva.
«Tesoro mio, stai attenta e prenditi cura di te» le sussurrò all'orecchio.
«Anche tu papà, anche tu». E strinse di più l'abbraccio. «Mi dispiace lasciarvi, lo sai, ma l'America non fa per me...»
«Lo so e non voglio sentire giustificazioni per la tua scelta. Ti appoggio in tutto ed è giunta l'ora che tu pensi a te stessa per la prima volta in vita tua. Ti sei già occupata di noi per troppo tempo, Imogen, è giunto il momento che anche noi ci arrangiamo». E sorrise rassicurante.
Imogen, invece, stava per iniziare a dare libero sfogo ai singhiozzi.
«Sai, io penso che tua madre sarebbe orgogliosa di te». Nigel le diede un bacio sulla guancia.
Dopo quelle parole, la ragazza si sentì improvvisamente piccola e indifesa. Impreparata all'avventura che le si prospettava davanti, ma con il cuore gonfio di gioia.
Sua madre. Ogni giorno il pensiero era corso a lei. Per dieci anni.
Era morta in un incidente quando Colin aveva sei anni e da allora Imogen aveva preso sulle proprie spalle la famiglia: il piccolo fratello e il padre a pezzi, senza contare a come era per lei essere rimasta senza madre.
«Amore mio, spero che i tuoi sogni si realizzino. Ora vai, il gate ha aperto. Ci sentiamo presto, principessa». Le accarezzò la guance e Imogen contò i secondi di quel contatto per cercare di imprimerlo nella memoria e renderlo infinito, indelebile.
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Il mio viaggio sei tu
Romance[COMPLETA] Hayden Evans è un travel blogger. Ha fatto della sua passione il suo stile di vita e, oltre ad avere un lavoro da sogno, è bello, cosa che su Instagram gli porta molte followers. Non ha una fidanzata e non ne sente il bisogno, dato che ha...