29. Niente

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La verità era che Hayden aveva bisogno di quella serata. Un po' di libertà prima del ritorno di Lyss ma, soprattutto, un modo per svuotare la testa. Perché dopo la loro avventura imprevista in auto e l'aver scaldato i piedi di Imogen, il suo cuore era a pezzi. All'apparenza potevano sembrare gesti ordinari, di poco conto, ma si era sentito più intimo e in una relazione in quei frangenti, che in tutta la sua vita sentimentale. E Dio soltanto sapeva quanto desiderasse esserci, in una relazione così con Imogen. Niente di più sbagliato.

Quindi, la giusta virile compagnia e le chiacchere volgari, indecenti ed esplicite che solo i suoi amici e lui riuscivano a tirar fuori, sembravano la cura a ogni male. La sua ora d'aria nella prigione che era diventata la sua vita.

Purtroppo però lui, di racconti indecenti ed espliciti, non ne aveva. O, meglio, non ne aveva più. E quelli che aveva non potevano essere raccontati, perché non poteva confessare di essere diventato il Jaime Lannister del gruppo. Proprio lui, che si era mostrato sempre come Jon Snow, che aveva dimostrato di non sapere niente, fino a quando non era stato troppo tardi.

«Esco!» Urlò a Imogen, per poi raggiungerla e baciarle i capelli, mentre lei era intenta a premere con frenesia i tasti del computer, in quel gesto che tanto amava e che tanto era diventato naturale e loro.

«Mi raccomando, stai attento, torna presto e non fare sciocchezze». Lo avvertì Imogen.

«Sì,mamma». La prese in giro prima di chiudersi la porta alle spalle. Era troppo tardi per dirgli di non fare stupidaggini. Soprattutto dopo aver fatto sesso con lei, averla desiderata e portare le cicatrici del suo passaggio sul cuore.

Ogni scusa, dunque, era buona pur di restare lontano da casa, dove il dolore era proporzionale alla vicinanza con Imo.

Fuori ad attenderlo in una berlina nera con l'autista c'erano Tom, Albert e Mark, un amico di vecchia data che passava di rado da Londra.

Hayden fu accolto da urla divertite e saluti calorosi, rimarcati da molteplici pacche sulle spalle.

Iniziava a respirare testosterone e stava decisamente meglio. Di sicuro, meglio che stare a casa e pensare a quel cambiamento interiore che stava affrontando in quegli ultimi giorni. No, pensare, per lui, era deleterio.

«Hayden? Ehi, ci sei? Groucho sì o no?» Chiese Albert gasato per la prospettiva di quella serata tanto attesa da tutti. Era da molto che non uscivano insieme e tornare nel club privato a cui erano iscritti e che aveva visto gran parte delle loro serate eccessive era un ottimo modo per scollarsi di dosso ciò che la sua mente faceva fatica ad abbandonare.

«Sì, sì, certo. Al Groucho non si può dir di no». Sorrise e gli altri concordarono con lui.

Dopo poco si ritrovarono in mezzo alla semioscurità, con in mano un bicchiere di birra e le farneticazioni di Tom nell'orecchio.

«E poi mi ha sbattuto in faccia queste enormi tette». Mimò il seno con le mani, per sottolineare il concetto. «Ma io non l'ho nemmeno guardata. Insomma, a breve prenderò un volo per vedere Jessica».

«Ma smettila con queste stronzate! È già tanto se gliele hai intraviste dalla scollatura, figuriamoci se te le ha sbattute in faccia». Lo ammonì Hayden, facendo ridere tutti gli altri.

«Sei solo invidioso perché ho una vita sentimentale e tu no! Questo implica anche avere una vita sessuale, se non ti fosse chiaro...» Precisò il diretto interessato, anche se Hayden aveva la certezza che con Jess non fosse ancora successo.

«E a te come va con Edith?» domandò Mark, dando il via al discorso che più premeva a tutti loro: il sesso.

Albert rispose con un sorriso soddisfatto. «Alla grande! Cioè, voglio dire, sa decisamente sorprendermi». Si imbarazzò, era il più schivo della compagnia da quel punto di vista. «Insomma, sembra così innocente, poi d'un tratto si trasforma e...» Non finì la frase, lasciando intendere agli altri il finale fisico del racconto.

Il mio viaggio sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora