13. Fuoco e pioggia

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La giornata di Imogen era passata tra sbalzi di umore spaventosi e distrazioni abissali.

Il giorno successivo all'umiliazione e il chiarimento mattutino con Cameron l'avevano portata ad arrivare in libreria con un aspetto terreo. Non si sentiva certo dell'umore adatto per animare i balli di gruppo nei villaggi turistici, figurarsi lavorare in mezzo ai suoi dipendenti che la guardavano come se avesse tre occhi.

Il suo staff se ne accorse subito e, se anche si mostrò preoccupato per una sua possibile reazione, le corse incontro per supportarla. Non era una questione lavorativa, ma di umanità verso la persona che permetteva loro di pagare l'affitto.

«Cosa c'è?» chiese Duncan, impensierito dalla mancanza di gioia e di energia di Imogen.

«Nulla, davvero» rispose lei, tentando di dipingere l'ombra di un sorriso sulle labbra dopo essersi stropicciata gli occhi, così da far risaltare ancora di più le occhiaie viola.

«Dio, hai un aspetto orribile!» Le fece notare Erin. Non era in grado di mostrare tatto, ma almeno era sincera.

«No, beh, grazie. Grazie davvero. Sono le parole che una ragazza vuole sentirsi dire dopo una serataccia». E fece una buffa espressione, per cercare di sdrammatizzare. Non sapeva nemmeno lei come sentirsi. Era sollevata per come aveva risolto con Cam, ma si sentiva anche svuotata per gli sconvolgimenti delle ultime ventiquattro ore. Si sentiva stanca emotivamente.

«Cameron, eh?» concluse Erin. Chloe non era di turno e, forse, era stata la sua salvezza.

«Non solo» ammise Imogen con un sospiro. Sapeva quanto fosse inutile nascondere la situazione alla sua squadra, aveva scritto in faccia a chiare lettere che qualcosa non andava. Si sentiva un libro aperto e, mai come in quell'occasione, detestava il paragone con la sua passione e avrebbe voluto essere in grado di mostrarsi meno per quella che era.

«Cioè? Hayden?» chiesero Erin e Dunk, elettrizzati, come se aspettassero da mesi un simile risvolto.

«NO!» rispose Imo sulla difensiva. Non voleva che si vedesse il segno che Hayden aveva lasciato, non voleva esporsi su un simile argomento perché, tra tutte, era la ferita che bruciava di più. Anche farne il minimo accenno la faceva sentire sotto attacco, come se avesse rivelato troppo. «Vi sembra? Ho la testa un po' occupata, tutto qui».

Era tornata in Inghilterra per pensare solo alla sua carriera e al suo futuro e si era completamente distratta dai suoi obiettivi. Non con uno, ma con ben due uomini. E tutti i conseguenti casini. Non erano certo quelli i suoi programmi.

C'era da impazzire.

Avrebbe voluto mettere un annuncio fuori dalla libreria: "AAA cercasi disperata che voglia far scambio vita con la proprietaria. Astenersi deboli di stomaco: se entri nel vortice, non puoi sentirti male. Non restituisco dopo lo scambio".

Ma forse l'avrebbero presa solo per pazza. O, magari, pazza lo era diventata davvero. In fondo, le cose succedevano così, per caso.

Disperse i ragazzi, affidando loro diverse mansioni e si mise lei stessa a lavoro. Occupare la testa con i libri era una buona cosa per lei, in quel momento. Guardò il grande orologio installato sopra la cassa: mancavano dieci minuti all'una e Duncan era in pausa. Le piaceva sistemare i volumi in modo ordinato, le dava l'impressione di avere controllo su almeno un aspetto della sua vita. Guardò il lavoro svolto e ne rimase soddisfatta, forse la giornata avrebbe potuto risollevarsi.

Subito dopo quella riflessione sentì il tintinnio della porta tintinnare e si girò.

Non riuscì a focalizzarsi bene sulla persona entrata, vide soltanto un fulmine oro gettarsi al suo collo.

Il mio viaggio sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora