5. Boom

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Alyssa mandò via i ragazzi con delicatezza, ma poco dopo il loro arrivo. Doveva parlare da sola con Imogen e aveva paura. Si sentiva come un leone affetto da una sifilide incipiente durante la stagione degli amori: non era propriamente a suo agio.

Doveva misurare le parole, prima di rivelarle tutto.

E se l'avesse presa male, troppo male, beh, semplice: l'avrebbe ammazzata. No?! Tra l'aiuto di Google e le varie serie TV che aveva visto, aveva appreso come sbarazzarsi di un cadavere. Però le sarebbe dispiaciuto rinunciare a Imogen.

«Cosa devi dirmi? Da come hai cacciato quei poveri cristi si direbbe che sia un segreto appartenente alla Nasa!» Imogen rise, certa di quanto fossero impossibili le sue parole.

Lyss si accomodò sul divano, vicino a lei. Ok, si sarebbe tolta quel peso il prima possibile, non voleva iniziare con il piede sbagliato con la sua nuova coinquilina. Non del tutto, almeno; doveva affrontare una questione alla volta. «Ti dispiace se ospitiamo mio fratello per un po'?»

«Tutto qui? Certo che no! Mi avevi già accennato la cosa, quando mi hai mostrato la casa. E poi mi fa piacere conoscere la tua famiglia. Sono convinta che lo adorerò!» Imogen sembrava così sicura di quelle sue parole che Alyssa decise di crederle, anche se deglutì a fatica.

Chissà se Imogen avrebbe attaccato alla parete la sua testa come trofeo, una volta scoperto il tutto. Forse era giunto il momento di vuotare il sacco, dato che l'aveva presa così bene. «Vedi, io dovrei dirti molte altre co...» Ma il suo telefono squillò, era la casa discografica. Doveva rispondere per forza. «Scusami un attimo, arrivo subito».

Poi, però, si perse in una lunga telefonata, che si concluse con un nulla di fatto e quindi con la sua corsa verso la Major, abbandonando così il discorso a metà.

Imogen accettò di buon grado la cosa, tanto non ci aveva capito nulla. Con un'alzata di spalle liquidò la faccenda, sicura di non sentirne più parlare.

Aveva finalmente tempo da dedicare ai biscotti.

*

«No! Ti prego, cancella il mio numero. Dimentica di avermi conosciuta. Io con te non ci uscirò mai, sprechi il tuo tempo». Imogen reggeva il telefono tra la spalla e l'orecchio mentre, con un braccio, raggiungeva il vasetto di Nutella all'interno dello sportello. E, nel frattempo, malediceva il momento in cui aveva dato il proprio numero a Cameron.

«Nemmeno stasera?»

«Non conosci il significato della parola mai?» Era esasperata. «Te lo devo dire in mandarino antico? In sumero? Devo dirti che ci vediamo il 32 febbraio del duemilamai?!» Magari così il concetto gli era più chiaro.

«Ah, dolcezza, tu stai per cedere!»Cameron rise divertito dall'altra parte del telefono.

Era sicuro di sé, non c'erano dubbi, ma Imogen doveva capire cosa ci fosse di così divertente nell'essere continuamente scaricato.

«Non sono dolcezza, né tesoro o piccola, ma Imogen, solo Imogen!» disse nel salire le scale per raggiungere la sua camera. Aveva dimenticato il cucchiaino, così decise di affondare nella crema direttamente il dito. «E poi ti ho detto di non chiamarmi proprio». Si era sporcata la maglia di cioccolato, se lo sentiva.

Lui rise ancora di più. «Ci sentiamo dopo». E riattaccò il telefono.

Imogen, di rimando, lo fissò sconvolta. Incredibile come il ragazzo non riuscisse a recepire il messaggio.

Mai!

L'avrebbe denunciato per stalking, anche se era carino.

Peccato.

Il mio viaggio sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora