37. Il mio viaggio sei tu

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Le guance di Imogen si arrossarono e le sembrava che non ci fosse abbastanza aria all'interno della stanza. Imogen alzò lo sguardo e incrociò due occhi verdi a lei tanto familiari. Li aveva visti ogni giorno. Le era bastato chiudere i suoi per ricordarli o dormire, perché se li sognava. Ne aveva sentito la mancanza su di sé e ora non le sembrava vero che fossero tornati ad accarezzarla.

Si schiarì la voce, ma rispose visibilmente emozionata: «Di due ragazzi che dopo i primi dissapori iniziano a piacersi, ma scoprono poi di essere fratellastri. Devono imparare a conoscersi, e da quella conoscenza scoprono molte cose».

Hayden si rannicchiò davanti al tavolo, di modo di essere all'altezza del viso di Imogen. Era libero di fare quello che voleva, dato che dietro di lui non c'era più anima viva.

Appoggiò i gomiti sul legno e piegò la testa, interessato al libro. «E come finisce?» Era curioso e divertito. «Questo libro non è ancora uscito in Amazzonia e, sai, vengo da lì. Però ho scoperto che qui ha fatto un certo scalpore».

Imogen gli sorrise con le lacrime che le pungevano gli occhi. Era come se le avessero restituito la felicità. Come se qualcuno le avesse rimesso il cuore nel petto per tornare a farla vivere. «Meno peggio di quello ci si aspetterebbe, suppongo».

«Il titolo... è vero?» Chiese, d'un tratto serio. Il doppio senso legato al lavoro di lui era palese, ma anche il senso di crescita che quella parola portava con sé. Il loro era stato un viaggio e le direzioni da intraprendere potevano essere molte, l'importante era mettere in tavola tutte le carte per decidere con consapevolezza quale percorso imboccare.

«Direi di sì, se relazionato alla storia». Il battito le impediva di parlare a dovere, l'amore, invece, di ragionare come doveva.

«Sei qui per...?» Domandò curiosa. Avrebbe potuto far qualsiasi cosa per avere quella risposta. Anche se una parte di lei ne aveva paura. Il loro libro, quello che avevano scritto giorno dopo giorno, chiedeva a gran voce un finale e lei aveva paura che Hayden si fosse presentato per mettere un punto fermo a tutto e iniziare un'altra storia. Una dove loro due erano protagonisti di avventure diverse. Non era pronta a una simile notizia.

«Restare, almeno un po'. È una vacanza». Hayden le sorrise in quel modo che rivolgeva solo a lei. Con dolcezza e speranza e un po' di sofferenza. Poi le si avvicinò per farsi sentire solo da Imogen: «Ci vediamo a casa, così possiamo parlare». E, nel dirlo, indicò i paparazzi che scattavano foto come ossessi da oltre le vetrine della libreria, frustrati perché Duncan li aveva chiusi fuori non appena aveva visto entrare Hayden. Porta su cui il commesso era appoggiato con tutto il suo peso mentre, fingendo indifferenza verso i giornalisti, si faceva rigirare l'anello del portachiavi attorno all'indice, soddisfatto.

Imogen non poteva essergli più grata. Probabilmente dalla prossima settimana gli avrebbe dato un aumento. Anzi, l'avrebbe dato a tutti, visto l'aiuto, la fiducia cieca e l'affetto che le avevano dimostrato e che continuavano a darle.

«Fammi un favore». Tornò a concentrarsi su Hayden, trasognata. Non riusciva ancora a credere che fosse tornato a Londra e che, nel farlo, fosse andato subito da lei. «Vai nel mio ufficio e porta a casa quello che ci trovi dentro». Sorrise in modo involontario, in trepida attesa della reazione di lui. «Penso possa farti piacere. Io intanto ti firmo la copia del libro. Te la regalo».

Hayden fece per obiettare, ma lei lo interruppe. «Ci tengo. Devi farmi soltanto una promessa: il tuo parere deve essere sincero, a riguardo».

«D'accordo» rispose lui con un cenno del capo, prima di allontanarsi.

Imogen aprì sulla prima pagina, prese il pennarello nero e iniziò a scrivere una dedica. "Perché sei tu. Sei sempre stato tu. L'unico mio viaggio. L'unica mia destinazione. L'unico mio amore"

Il mio viaggio sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora