30. Apparenze

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Il concetto era semplice e, tra l'altro, Imogen lo stava comprendendo benissimo: aveva iniziato a perdere il senno. La sensazione di essere normale, la percezione di se stessa nei confronti nel mondo; tutto stava venendo meno.

Un male deleterio che piano la consumava da quando Hayden era tornato a casa ubriaco.

Quel male chiamato sincerità. Spontaneità. Così impossibile da vivere per lei, per loro.

E sopportare quella verità per entrambi era troppo per Imogen, ma non poteva fare altro. Doveva a tutti i costi fingere di non sapere cosa passava per la testa di Hayden, fingere che niente fosse cambiato dopo quelle rivelazioni che la facevano sanguinare a ogni passo.

Alla realtà che si era celata dietro la sbronza del fratellastro, preferiva trincerarsi dietro a un muro di bugie. Più facile da affrontare, ma sicuramente più difficile da tenere in piedi.

Ed era in quel tentativo che vedeva tutte le difficoltà.

L'avvento della sua crisi di nervi. Della pazzia, forse.

Di sicuro, non della propria sanità mentale.

Ogni giorno diventava sempre più difficile. Andava avanti, ma non ce la faceva più. Era come vedere ampliare le crepe in una parete e sforzarsi sempre di più per tenerla insieme, quando i pezzi – invece – si facevano sempre più piccoli e frammentati.

Due giorni soltanto. Attendeva con ansia il ritorno di Alyssa, l'unica che avrebbe potuto risollevarle il peso che le pesava sull'anima. Lyss sarebbe stata la boccata d'aria fresca e il diversivo di cui aveva bisogno. Poteva aiutarla a ristabilire un equilibrio interiore.

Ma aveva equilibrio, il caos?

Imogen si stropicciò la faccia per cercare, inutilmente, di cancellare le occhiaie che ormai campeggiavano sotto gli occhi. Voleva sentirsi normale, non desiderava altro, eppure la sua vita aveva deciso di virare nella direzione opposta alla normalità.

Non avrebbe mai pensato di rimpiangere Los Angeles, ma era così. Forse la riconoscevano per strada a causa della pubblicità di intimo, ma lei aveva controllo su ogni aspetto della sua vita. Era abbastanza felice ma, soprattutto, era serena. Ed era quel tipo di tranquillità di cui sentiva la mancanza: quella routine che la faceva sentire normale. Ordinaria.

Era andata a Londra per inseguire i suoi sogni, eppure non era mai stata tanto infelice come nel tentativo di portarli a termine. Aveva sempre saputo che i percorsi intrapresi erano pieni di ostacoli, ma innamorarsi della persona che si era scoperta poi il suo fratellastro andava oltre ogni follia che una persona era capace di immaginarsi.

Sorrise amara verso il soffitto.

Tante volte aveva immaginato il proprio futuro ed era completamente diverso.

Si era vista come una giovane donna manager a capo di un'azienda. Si immaginava con dei tailleur e i tacchi alti, i capelli raccolti in eleganti chignon e la giusta dose di durezza stampata in faccia, per suscitare nei propri dipendenti quel misto di rispetto e soggezione.

Si guardava ora e vedeva una ragazza con i capelli lunghi abbandonati in modo casuale sulle spalle, le scarpe basse e una libreria.

Non le dispiaceva certo un simile cambiamento, soprattutto per quanto riguardava la libreria, ma quel giorno più degli altri sentiva la mancanza di quella aspirante donna di ferro.

Si alzò dal letto battagliera: aveva deciso di trasformarsi nella donna che avrebbe sempre voluto essere, almeno per un giorno. Così si preparò con cura. Infilò i jeans e una blusa color cipria, si truccò al meglio e legò i capelli in una coda alta e tirata. Infine infilò le scarpe col tacco di un colore simile a quello della camicetta, poi afferrò la borsa che assomigliava più a una valigia per via delle dimensioni e scese in cucina per il primo caffè della giornata.

Il mio viaggio sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora