22. Tardi

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Imogen, dopo l'insistenza di Alyssa, tornò a casa con lei e Hayden, che aveva scelto di mettersi al volante. Immaginò che avesse bisogno di concentrarsi su altro che non fosse quella notizia, quella che aveva reso tutto quello che era successo tra loro imperdonabile.

Lyss, nonostante la sua euforia, notò le lacrime di Imogen, così le si rivolse nell'abitacolo che sembrava troppo piccolo per contenere il suo dolore. «Perché sei triste? Io son felice che sia tu mia... sorella. Beh, ok, sorellastra».

In effetti, era stato un bel sollievo trovare lei e non un'estranea.

Imogen tirò sul col naso nel tentativo di darsi un contegno. Era impossibile spiegare ad Alyssa il primo motivo per cui si sentiva mancare il respiro, così ne espose un altro, uno dei tanti. «È difficile per me accettare questa situazione. Inoltre non ho nessuno con cui affrontarla, voi avete la famiglia su cui contare, io no».

Famiglia. Ora erano loro la sua famiglia. Ma le braccia tra cui voleva rifugiarsi, le parole in cui sentirsi coccolata e le spiegazioni da cui voleva essere guarita erano quelle di Nigel e Colin, le uniche persone che per lei, al momento, rappresentavano la sua vera famiglia.

Lyss si girò nel tentativo di abbracciarla, ma Imogen era troppo distante, sia fisicamente che a livello emotivo. «Hai noi».

Era vero, ma non del tutto. Lei li vedeva come amici e coinquilini, non come fratellastri. Era innaturale. Ma forse era quello che si ripeteva per convincersi che nulla fosse cambiato, per credere di non provare troppo ribrezzo per se stessa e per non pensare di dover rinunciare a Hayden. Quello che avevano fatto fino ad allora era stato sbagliato, specialmente il loro modo di avvicinarsi.

Quindi no, non aveva loro. perlomeno, aveva ancora Hayden, ma non come voleva lei.

Avrebbe voluto dunque crederle, ma la verità di quella frase si perdeva ogni volta in cui ricordava di aver incontrato lo sguardo freddo di lui, specchio del proprio.

Era una pugnalata. Bello e triste.

Si sentiva precipitare lo stomaco in fondo ai piedi.

Si avvicinò allo schienale di Alyssa, dove appoggiò la fronte e continuò a piangere, nascondendo in quel modo il viso.

Hayden indossava gli occhiali scuri. Non voleva vedere tutto quello, non era possibile.

Odiava il padre con tutto il cuore.

Prima aveva sconvolto loro l'esistenza, eppure aveva accettato la cosa, volendo cercare la serenità famigliare andata perduta. Poi gli diceva che la sorellastra era la sua coinquilina, quella con cui aveva fatto sesso un'innumerevole quantità di volte e che iniziava a piacergli, piacergli davvero.

Avrebbe voluto prenderlo a pugni, urlare, piangere. Ma la verità era che gli mancavano le forze per fare qualsiasi cosa.

La visione di Imogen in lacrime e indifesa gli toglieva ogni energia. Anche quella del cuore di pompare vita al resto del corpo.

Si sentiva vuoto e spento.

Avrebbe voluto stringerla tra le braccia, cullarla. Rassicurarla e baciarle delicato la testa, poi la fronte e infine le labbra.

Ma quella voglia era sbagliata. Come era sbagliato lui a provarla.

Fermo al semaforo, incrociò le braccia al petto, stringendo i pugni e costringendosi a guardar fuori. Di pietra. Doveva dimostrarsi una roccia per sostenere le donne che facevano parte a tutti gli effetti della sua vita. Della sua famiglia.

La mente tornava a poco prima e a come almeno erano convenuti insieme sul fatto di non divulgare la notizia.

Hayden si era espresso fortemente favorevole a mantenere privata la questione, sostenendo la sua teoria con utili argomenti. Se solo la stampa fosse stata a conoscenza del fatto, non si sarebbe più curata della sua carriera, ma solo della sua vita privata.

Il mio viaggio sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora