6. Dio, perché?

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Imogen si chiuse in camera per far sbollire la rabbia e cercare di chiudere fuori dalla sua vita Hayden Evans, che aveva assunto la forma di un incubo ambulante, ma una brutta sensazione si impossessò di lei, un po' come successe alla bambina protagonista de 'L'esorcista'. Così, colta da un brivido di sesto senso lungo la schiena, corse in bagno.

Lo scrutò attentamente e quello che vide le gelò il sangue nelle vene: due spazzolini e non uno, della schiuma da barba, un rasoio e della cera per capelli. Niente di colossale, non erano tanti prodotti come potevano essere quelli di una donna, ma erano un segnale forte e chiaro in quel piccolo spazio, soprattutto perché erano disseminati in ordine sparso sulle varie mensole, quando lei era solita tenere tutto in ordine.

Non poteva essere vero. Era una maledizione.

Per fugare ogni dubbio guardò nella cesta dei panni sporchi e, con un tuffo al cuore, constatò che invece era la triste realtà. Perché in cima ai vestiti da lavare campeggiavano un paio di calzini neri e una t-shirt che non era sua e non aveva mai visto prima in casa. La maglietta che Hayden indossava la sera prima, quando era arrivato.

Urlò di nuovo, disperata.

E Hayden, dalla cucina, sperava in qualcosa di grave. Andò comunque a controllare per sicurezza.

Sì, a controllare che si fosse strozzata con l'asta della doccia o cose simili. O forse lo fece per la fedeltà nei confronti della sorella: oltre a ospitarlo e a permettergli così di non alloggiare dai genitori, aveva notato quanto Imogen le stesse a cuore, non poteva certo lasciare dunque che la coinquilina morisse in sua presenza.

La trovò in bagno con le mani nei capelli e uno sguardo allucinato. Purtroppo per lui, era ancora viva.

Incrociò le braccia al petto e sfoggiò la sua miglior aria insofferente. Non sopportava le urla, doveva già ascoltarne troppe, troppo spesso. Perché i casi in cui qualche ragazzina lo riconosceva e iniziava ad avere una crisi isterica erano sempre più numerosi.

«Beh, che c'è?»

«Cosa ci fanno le tue cose nel mio bagno?» Non era affatto sicura di voler conoscere la risposta, ma era una persona che aveva bisogno di certezze. E sperava che il fratello della sua coinquilina mettesse a tacere i suoi dubbi.

Lui, in risposta, alzò le spalle con fare indolente, come se fosse padrone della situazione. «Semplice. Non è più il tuo bagno, ma il nostro». Non gli sembrava così difficile da capire. Doveva forse abbandonare un paio di boxer sul pavimento per rimarcare il territorio?

«No. No-no-no-no. Questo vorrebbe dire che...»

«Ho la camera dal tuo stesso lato della casa, esatto» concluse per lei. «La porta che è quasi davanti alla tua».

Era quasi annoiato, o le piaceva farglielo credere. «Lyss ed io abbiamo convenuto che questa sia la scelta migliore per entrambi. Per rispettare la reciproca privacy nel caso...»

Imogen stava pregando perché Hayden non finisse la frase ma, a quanto pareva, Dio non era in ascolto. Era sintonizzato sul canale di qualcun altro. Imogen sperava che questo qualcuno fosse in gravi difficoltà.

«... in cui uno dei due rientrasse accompagnato».

Era sconvolta. Solo lui riusciva a urtarle i nervi a quel modo. Era arrivato da meno di un giorno e già spadroneggiava in quella casa che non era nemmeno sua.

Si maledisse per non aver occupato prima una delle due stanze vuote e per renderla cabina armadio. Logico che scegliesse quella lontano dalla sorella per avere un po' di privacy, peccato che quella scelta coincidesse con l'invasione della sua.

Il mio viaggio sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora