33. Arrivederci

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Dopo aver salutato il padre e Susan e aver ammirato la prima classe con enorme stupore, Imogen si addormentò.

Sognò Hayden e se stessa. Un sogno complicato, dove prima erano fratelli, poi no, un attimo dopo lo erano ancora e quello successivo non più. Un gioco di incomprensioni, verità taciute e stranezze che aveva logorato i nervi dei protagonisti, per poi scoprire che Imogen era figlia di un alieno.

«Ehi» Sussurrò Hayden vicino al suo orecchio. «Ehi, dormigliona, ci sei?»

Lei mugugnò qualcosa in risposta come protesta. «Cosa c'è? Siamo arrivati?» Chiese stiracchiandosi.

«No, ma stavi iniziando a parlare nel sonno. Ok, quasi a urlare e la gente iniziava a guardarti in modo strano». Le sorrise, voleva tranquillizzarla. «Ti fa male il braccio? I punti? Se vuoi prendo la pastiglia di antidolorifico». Hayden era già in piedi, pronto a cercare nel proprio zaino la confezione di analgesico prescritta dal medico.

«No, no. Tranquillo. Ho fatto solo un brutto sogno» replicò lei dopo averlo trattenuto con il braccio sano e aver bevuto un sorso d'acqua.

«Ti va di parlarne?» domandò cortese.

Annuì a testa bassa, vergognosa anche al solo pensiero di guardarlo negli occhi. «Ho sognato noi due. Sai, prima eravamo fratelli, poi no. Un attimo dopo lo eravamo di nuovo, poi ho scoperto di essere figlia di alieni». Gli sorrise poco convinta. «Insomma, è un gran casino».

Hayden sorrise in risposta, celando il divertimento per la fine così comica e, soprattutto, così distante dalla realtà. «Direi!»

«Cioè, pensa se fosse veramente così. Prima scopriamo di essere fratelli, poi no. Infine arriva qualcuno a dirci 'Ah, non è vero, ci siamo sbagliati. Siete fratelli'. Sarebbe insostenibile. Non sapremmo più dove cercare la verità. Mi verrebbe voglia solo di scappare e gridare 'Ehi, fermate tutto, voglio scendere. Decidetevi e poi fatemelo sapere. Forse'» aggiunse stanca.

«Capisco cosa vuoi dire. Basta avere solo un po' di chiarezza». Cercava di giustificare la propria azione. Specialmente in previsione dei risultati. Sperava di poterle dire qualcosa di certo, anche se il discorso di Imogen sembrava voler mettere un punto alla questione.

«Già» assentì lei con gli occhi chiusi, di chi era tremendamente stanco. «Il problema è che sappiamo qual è la verità. Bisogna solo accettarla».

Hayden non voleva continuare quel discorso senza prove certe e nemmeno in mezzo a tutti quegli sconosciuti, soprattutto dopo le rivelazioni di Imo. Si allungò per prendere dal proprio zaino l'antidolorifico, sapendo che la sorellastra stava cercando di convincere se stessa che non stava soffrendo, così glielo porse. «Prendi questo, così potrai continuare a riposarti. Ti sveglio io quando arriviamo, va bene?»

«Non vuoi compagnia?» Chiese lei, incuriosita.

Scosse il capo sventolandole sotto il naso il proprio e-book reader. «Nah, io ho questo. Continuo il libro che ho iniziato qualche giorno fa, davvero. Dopo non avrò molto tempo per dedicarmici».

Imogen ingurgitò la pillola «'Notte».

Hayden si sporse un po' verso di lei, baciandole la tempia. «Sogni d'oro».

*

Hayden la svegliò poco prima che il comandante potesse annunciare l'atterraggio.

Imogen guardò fuori dal finestrino, focalizzando l'attenzione su quelle strade a lei tanto familiari.

«Che c'è?»

Sospirò enigmatica. «Niente. È strano essere qui. Non avevo preventivato un mio ritorno a Los Angeles. Non così presto. Eppure, scopro che un po' mi è mancata». I ricordi delle sue gigantografie erano spariti e, al loro posto, c'erano memorie di lei con suo padre – quello che l'aveva cresciuta e amata – e Colin, i momenti passati con Jess e, infine, l'incontro con uno sconosciuto all'apertura di una mostra fotografica. Una sola notte che, a distanza di mesi, le aveva sconvolto la vita.

Il mio viaggio sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora