10. Tregua

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Imogen era al telefono e parlava con voce dolce mentre sorrideva serena, anche se l'espressione dei suoi occhi e il respiro accelerato tradivano il suo nervosismo.

A Hayden quell'immagine piacque, e in cuor suo sperò di vederla più spesso così anche nei suoi confronti. Imogen, senza le difese erette nei suoi confronti, era la persona più disarmante che avesse mai conosciuto. Scacciò quei pensieri utopici dalla testa e fece un passo avanti.

«Dunk, mi dispiace così tanto! Ti ho chiesto del lavoro extra nel giorno in cui siamo chiusi e, al momento, non riesco nemmeno a essere puntuale». Sospirò dispiaciuta, poi ascoltò quello che il suo collaboratore aveva da dirle. «Ci vediamo domani, a questo punto. Va' a ca...», solo allora notò che qualcuno la stava osservando. Quel qualcuno in particolare, lo stesso che – fino a poco prima – aveva invaso con prepotenza le sue riflessioni, «...sa».

Chiuse la conversazione, seccata. Si guardò in giro, come se fosse finita in trappola, quasi come se il temporale fosse stato l'ultimo dei suoi pensieri. «Oddio, anche qui! Com'è possibile? Cos'ho fatto di male? È uno scherzo?»

Le domande avrebbero potuto continuare, era la sua pazienza a essere finita, accorciata da quel senso di colpa che le faceva pensare che forse era stata lei stessa a chiamarlo lì.

«Stai calma e non darti l'importanza che non hai. Ho trovato un volantino per casa e ho deciso di far qualcosa di utile, cervellona». Accarezzò Stark per cercare di calmarlo, la presenza di due cani sovreccitati sembrava renderlo inquieto e vanificare i progressi fatti fino a quel momento. «Se avessi saputo di trovarti qua, credimi, avrei evitato il canile come la peste».

«Uhm, che consolazione! Peccato che il volantino l'abbia portato io, a casa. Era insieme agli altri che ho distribuito in libreria per trovare un po' di fondi». Avrebbe voluto essere più acida di quel che le era risultato, ma era scioccata, perché Hayden era lì ed era lì con Stark, il cane che quasi le aveva staccato un braccio. Per pura simpatia, immaginava.

Hayden evitò il bucò nel tetto e si sistemò davanti a Imogen, dall'altro lato della piccola casa.

La vide tremare e stringere a sé le due cagnoline. Non sembrava volesse proteggerle, quanto più che le infondessero coraggio e sicurezza. Stark, invece, pareva essersi abituato alla situazione e annusava le vecchie scatole che erano sparse sul pavimento, fino ad arrivare – sovrappensiero – ai piedi di Imogen e ringhiarle contro.

«Tienimi lontano quel cagnaccio».

Sorrise soddisfatto. «Sei una dei volontari che non fa avvicinare?»

Lei annuì poi, cogliendo il suo sorriso compiaciuto, aggiunse a mezza voce: «Sono una dei tanti».

Ma Hayden sembrò ignorarla. «Ora ho capito perché andiamo tanto d'accordo!» disse rivolto al cane, che lo guardava interessato con l'occhio sano.

Lei fece una smorfia disgustata e non aggiunse altro.

Passarono così parecchi minuti, facendo del silenzio la loro arma più preziosa e si adattarono ai loro amici a quattro zampe, guardandosi in cagnesco.

Il tempo – in quei pochi minuti – peggiorò e la pioggia divenne grandine.

Grandine che spaccò il legno marciò vicino alla testa di Imogen, lasciandola esposta alle intemperie.

Si coprì con le mani per evitare di essere colpita dalle assi e urlò per lo spavento.

Hayden si preoccupò per lei, lasciando da parte i dissapori.

«Coraggio! Vieni qui vicino a me. Questa baracca sta cadendo a pezzi».

Nonostante i ringhi di Stark, Imogen, Bigsy e Lemon, si avvicinarono.

Il mio viaggio sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora