36. Boom

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Dopo il ritorno di Imogen a Londra, tutto era tornato alla normalità in casa Evans-Brand, o quasi.

Un piagnucolio costante nelle ultime notti le aveva tenute sveglie entrambe.

«Dio, Imogen! Fai qualcosa per farlo smettere, spegnilo!» urlò Lyss dalla propria camera, con la voce impastata dal sonno ormai interrotto.

Imo si alzò, esausta tanto quanto Alyssa. «Non posso spegnerlo, è un essere vivente!» gridò dal corridoio, dirigendosi poi nella stanza quasi davanti la sua, ancora assonnata.

Le faceva effetto entrare lì dentro e dovette farsi coraggio prima di varcare la soglia. Era come invadere lo spazio privato di Hayden, quasi lui fosse lì. Lei poteva sentire la sua presenza.

Appena mise piede lì dentro il quadrupede alzò il muso affilato, mostrando un occhio scuro e vigile e un cipiglio affatto cordiale. Il ringhio sommesso che emetteva rimarcava la sensazione, come se Imogen avesse sconfinato in un territorio che non le apparteneva. E forse era davvero così, con lui a ricordarglielo. Era steso sul fondo del letto, ma non aveva nessuna intenzione di dormire, era sulla difensiva, quasi bellicoso.

Imogen gli passò accanto, ignorando quell'ostilità malcelata. Si piegò verso la cassettiera, cercò qualcosa e ne estrasse una maglietta di Hayden. La osservò e fu tentata di annusarla, ma poi desistette, sapendo di trovare probabilmente solo tracce del profumo dell'ammorbidente. Era stupido rifugiarsi nell'odore di un ricordo, piuttosto che cercare contatti nella realtà, ma tutto diventava difficile, soprattutto trovare le parole giuste da dire per rivelargli una cosa così importante per loro, perché aveva paura di una sua reazione.

Sperava che il cane riconoscesse l'odore di quello che considerava un amico, così stese la maglia sul letto, accanto a lui.

Lui la annusò diffidente, poi decise che poteva sdraiarcisi accanto, dopo averne fatto una palla informe su cui appoggiare la testa. Smise anche di ringhiare e uggiolare.

Imogen si abbassò davanti a lui, portando il proprio viso all'altezza di quel muso che le faceva sempre meno paura. «Hai visto, Stark? Riusciamo ad andare d'accordo. Quando Hayden tornerà, se lo farà, saremo anche più felici, non credi?» Gli chiese mentre avvicinò la mano per accarezzargli la testa, titubante per chiedergli il permesso.

In risposta Stark le annusò prima il palmo e poi il viso, sfiorandolo appena con la punta umida e ruvida del naso, quasi a volerla consolare.

«Bravo cane». Imogen lo coccolò un po' e poi si allontanò. Fece per uscire dalla stanza, ma fu richiamata dallo scattare sulle zampe e il ricominciare a guaire di Stark.

Incuriosita dal suo atteggiamento si riavvicinò al letto, con le mani sui fianchi, e Stark prese a scodinzolare, la testa inclinata e la lingua di fuori.

«Sei un ruffiano». Lo apostrofò, ma vedere come iniziasse a darle confidenza e fiducia le scaldava il cuore. Guardò l'ora al proprio polso, le quattro e diciassette. «Andiamo a fare un giro, prima che tu la faccia qui».

Senza farselo ripetere due volte Stark saltò già dal letto, precedendola sulle scale. Arrivò davanti alla porta prima di lei e la aspettò seduto e impaziente vicino all'appendiabiti, dove c'era il suo guinzaglio.

Aveva l'aria di essere l'inizio di una nuova abitudine. Non molto sana per Imogen, ma di sicuro adatta per migliorare il rapporto tra lei e Stark.

Inoltre c'era un segreto che la teneva sveglia di notte, quel segreto che, se ci avesse creduto, le avrebbe potuto cambiare la vita. Stark era solo una pausa dalla seconda attività, un modo per ricordarle cose fosse importante.

Camminare di notte per le strade l'avrebbe aiutata a schiarirsi le idee, poi avrebbe potuto rimettersi al lavoro sui propri sogni.

*

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