Il mio viaggio sei tu

32. Bivi

Quando Imogen riaprì gli occhi e riprese i sensi dopo l'operazione, le persone che le volevano bene avevano iniziato a respirare di nuovo. Si era ritrovata circondata dai suoi dipendenti, dagli amici ma, soprattutto, da Hayden, Richard, Susan e Lyss, che aveva annullato l'ultima data per correre ad accertarsi delle sue condizioni.

Richard aveva convinto e aiutato Imogen a sporgere denuncia contro il ladro. Dopo aver ritrovato tempestivamente i documenti poco lontano dal luogo del crimine, erano riusciti a trovare il malvivente e a catturarlo.

Imogen, mentre seguiva gli avvenimenti dal suo letto d'ospedale, cercava di rimettersi il più in fretta possibile e senza morire di noia tra il controllo di un'infermiera e la visita di qualcuno che voleva assicurarsi che stesse bene.

Era commossa dall'affetto delle tante persone che la circondavano, non pensava di aver creato così tanti rapporti con le persone che aveva conosciuto a Londra, ma era bello vedere Chloe, Erin, Duncan e Tom susseguirsi alla sua famiglia, o agli amici di Lyss. La facevano sentire amata.

Ed era ancora più bello che si preoccupassero per lei e la volessero vedere in salute il prima possibile.

«Tu hai fatto cosa? Sei per caso impazzito?» Imogen era tentata di alzarsi per strozzare Hayden, ma Lyss la trattenne a letto. Di sicuro, dopo una simile notizia, poteva dire con certezza che il fratellastro era in lizza per farle salire la pressione alle stelle. Era indecisa se fosse una mossa atta a rimetterla in sesto con un certa velocità o se, invece, fosse un tentativo di farle schizzare il sangue al cervello e metterla fuori gioco una volta per tutte.

«Il dottore ha detto di non agitarti» La ammonì la sorellastra, nel rimboccarle le coperte leggere.

«Non me ne frega nulla. È colpa sua, è un cretino!» E, per sottolineare le proprie ragioni, indicò Hayden, in piedi davanti al letto.

«Chi è un cretino?» Chiese Richard entrando nella stanza d'ospedale dove Imogen risiedeva da un paio di giorni. Ad accompagnarlo c'era Susan, preoccupata tanto quanto lui per le sorti della ragazza.

Alla domanda del padre sia Imogen che Alyssa indicarono Hayden, che alzò gli occhi al cielo, contrariato e stufo di essere il parafulmine delle sorelle. Era brutto essere la minoranza, non era corretto che se la prendessero con lui per ogni cosa.

«Che hai fatto?» Domandò Susan, preoccupata. Sapeva che a volte il figlio aveva la tendenza a esagerare, anche se non sapeva cosa avesse fatto. Quello che ai suoi occhi poteva essere lecito, giusto o normale, non lo era a quelli degli altri.

«Ho chiamato Nigel per raccontargli ciò che è successo». Si giustificò con un'alzata di spalle, mentre si fissava la punta dei piedi. Non si pentiva di quello che aveva fatto, eppure non riusciva a sostenere lo sguardo del padre, incerto sul suo giudizio.

«E cosa c'è di male in questo?» I coniugi Evans non ci videro nulla di male. Anzi, era meglio che Nigel fosse al corrente della situazione, prima di scoprirla nel peggiore dei modi.

Imogen prese un gran respiro, poi si asciugò le lacrime. «Sarà preoccupato, lo so. Vorrà partire per venire a vedere le mie condizioni, ma non può volare. Ha una salute molto cagionevole ed è cardiopatico, ma si starà preoccupando inutilmente e progetterà di venire qui. E non voglio» disse piangendo di nuovo, incapace di ricacciare indietro i singhiozzi.

Rimasero tutti in silenzio, a riflettere sui pro e sui contro dell'azione di Hayden, finché Lyss non si decise a dire la sua: «Così ha deciso di fare la cosa più giusta di tutte, quella che io sto tentando da anni di attuare senza risultato: uccidere Hayden».

Fece ridere tutti, anche Imogen, nonostante i suoi occhi luccicassero ancora di lacrime che non era state capaci di abbandonare il loro posto.

«Come stai, tesoro?» Susan le accarezzò la testa e si sedette accanto a lei, come ogni madre premurosa avrebbe fatto con la figlia.