07 • libera

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Lo ammetto, Astrid mi terrorizzava, anche se, a pensarci bene, avrei dovuto capire che la colpa non era sua.

Era vestita bene, come una serva d'alto rango, e la sua schiena era sempre dritta come un fuso, quasi dovesse reggere il peso dell'intero mondo. Era bella, un piccolo gioiello, ma quelle labbra rovinavano ogni cosa, come un marchio impresso a fuoco nella sua pelle.

Qualcuno aveva deciso di rovinarla.

Mi scortò in una stanza laterale a quella in cui i padroni mangiavano, che riconobbi essere una piccola camera da letto con diverse cuccette di paglia. Probabilmente, era la camera da letto delle serve predilette di Màel, che lui teneva ad avere vicine in ogni momento.

Astrid andò verso un armadio e ne tirò fuori un abito verde sciupato, che mi porse con un leggero battito di ciglia. Se era un abito da schiava, sicuramente la cosa mi sorprendeva.

"Per me?" Domandai, confusa, e lei si limitò ad annuire, lasciandolo su un letto. Poi, andò verso un catino, dentro cui versò dell'acqua. Voleva che mi lavassi.

"Kåre mi ha portato qui nella gabbia dei maiali," spiegai, mentre mi slacciavo l'abito sporco: "mi detesta."

Astrid mi osservò da lontano, sinceramente incuriosita, e mentre mi ripulivo la pelle, non riuscivo a smettere di pensare a quanto potesse inquietarmi. A quella donna le erano state letteralmente cucite le labbra: come si poteva essere tanto crudeli?

Mi infilai l'abito in prestito, notando la netta superiorità nella qualità del tessuto e degli intarsi a decorazione: nel regno di Thorgest, le schiave erano vestite come tali, mentre da Màel, queste si confondevano perfettamente con tutte le nobildonne. Credo che questo dipendesse dal fatto che, il loro sovrano, non volesse notare la differenza quando decideva di compiacersi con una piuttosto che l'altra.

"Ti piace?" Domandai, voltandomi verso di lei, che, stranamente, sorrise, annuendo. Ricambiai, cercando di farmi forza, e mi sedetti al suo fianco sul piccolo letto, scrutandola con attenzione. "Perché ti hanno fatto questo? Non può essere stata davvero colpa tua."

Gli occhi azzurri di Astrid si fecero più vacui, come se stesse per mettersi a piangere, e, di getto, si chinò a terra, estraendo da sotto il giaciglio un pezzo di cartone sporco – che doveva rappresentare una specie di quaderno, dato che conteneva vecchi pezzi di pergamena - e una piccola matita. La osservai scrivere, rapida e con la mano destra, in un piccolissimo angolo del primo foglio – si vedeva che non doveva essere facile per lei riuscire a procurarseli.

Me lo porse, veloce, ed io osservai, confusa, l'unica parola impressa sulla carta.

Inglese.

"Sei inglese?" Chiesi, sorpresa. "Quindi, sei stata rapita? Come me?"

Astrid annuì, e poi scrisse ancora.

Hanno dato fuoco al mio villaggio. Tutti morti.

"Però, Màel ha deciso di risparmiarti," commentai, e i ricordi di ciò che mi era successo al monastero mi tornarono alla mente. Se non avessi ucciso suor Mary, Thorgest non mi avrebbe mai notata fra le altre e, di conseguenza, sarei morta.

Continuavo a chiedermi quale sarebbe stato il destino migliore.

Schiava.

Annuii, capendo bene ciò che intendeva: l'ha salvata per farne la sua schiava, e non solo durante i pasti. Credo sia un fatto di forza, per questo certi vichinghi erano tanto desiderosi di possedere una schiava inglese o irlandese e di poterla ferire (soprattutto sotto le coperte).

Questo li faceva sentire invincibili.

"Cosa ti è successo, Astrid?"

Lei strinse le labbra, contrita, e poi abbassò lo sguardo e si accarezzò tristemente il ventre. Oh, cielo.

"Sei incinta? Di suo figlio?"

La ragazza scoppiò direttamente a piangere, portandosi una mano al viso mentre con l'altra scriveva rapide parole.

Labbra cucite per non parlare. Quando nasce, o lo uccido, o ci uccide.

Davanti a quelle parole, restai senza fiato, non riuscendo sinceramente a capacitarmene: una tale crudeltà non poteva essere reale, nemmeno per un vichingo.

"Non puoi restare qui, Astrid: devi scappare, devi salvarti," dissi, accarezzandole la spalla e cercando di farle forza. "Ci sarà qualcuno che può aiutarci."

Lui non lo permetterà.

Questo era certo, visto che Màel certo non avrebbe permesso che si sapesse di aspettare un figlio per metà inglese: non era concepibile.

Strinsi le labbra, contrita, soprattutto quando una terribile idea mi perforò la mente: Kåre potrebbe aiutare Astrid.

"Lo chiederò a Kåre. Lui e Màel non vanno d'accordo e sono certa che non gli peserà dovergli fare questo torto."

Provai ad alzarmi, sinceramente – e forse stupidamente – pronta a fare tale gesto, ma subito Astrid mi prese la mano, riportandomi seduta. Scosse il viso, delicata, mentre le lacrime continuavano a scendere lungo le sue guance.

Non scapperò.

Corrugai la fronte, perplessa. "Come no? Non vuoi salvarti?"

Le serve non parlano la mia lingua. Volevo che qualcuno sapesse.

Astrid mi sorrise dolcemente, e poi mi accarezzò le guance in un gesto di gratitudine. Io non capivo e, intanto, la vidi alzarsi e andare verso il piccolo camino, bruciando tutte le sue carte.

Che cosa stava facendo?

"Astrid?" Chiamai, confusa, ma lei continuò a camminare, uscendo fuori dalla stanza. Dopo un attimo di tentennamento, decisi di seguirla, e notai che eravamo di nuovo all'esterno, dove Kåre e i suoi uomini avevano lasciato i loro cavalli. "Astrid, cosa stai facendo?"

La ragazza era al centro della corte, ancora deserta, e, con estrema eleganza, si voltò verso di me. Aveva un coltello in mano.

"Astrid?" Chiamai, allibita, ma lei, invece che ascoltarmi, alzò la mano e si conficcò il coltello nella bocca, strappando a forza ogni singolo nodo proprio davanti ai miei occhi. Mi portai le mani alla bocca, sconvolta, mentre la osservavo schiudere le labbra insanguinate e prendere una grande boccata d'aria.

"Mio signore," esclamò, in un sospiro. "E' un sogno."

Sorrise, tornando a guardarmi con affetto, risplendendo come un fiore. "Grazie."

Io non parlai, perché non ne avevo né le forza né il coraggio, anche se, forse, avrei davvero dovuto, soprattutto visto ciò che accadde dopo.

Astrid si portò il coltellaccio nel petto, proprio nel ventre, e lo infilò sino al manico, volendo essere certa di aver colpito. Mi osservò per tutto il tempo, e continuò a sorridere, se pur fra le lacrime e, quando cadde a terra, ormai esamine, capii che era felice.

Finalmente, Astrid era libera.

Angolo

Torno così, con un capitolo molto happy.

No, okay, ciò che è successo ad Astrid cambierà radicalmente anche la situazione di Nice: ovviamente, si spera in meglio😂

Spero che il capitolo vi sia piaciuto :)

A presto,
Giulia

An Dubh LinnDove le storie prendono vita. Scoprilo ora