L'aveva fatto davvero.
Davanti ai miei occhi, Astrid aveva stretto il grande coltello e lo aveva spinto nel ventre, spezzando, in un solo colpo, sia la sua vita che quella del futuro figlio.
Ciò che avvenne dopo, non lo ricordo bene. Forse urlai, forse mi misi a piangere, fatto sta che, da lì a qualche momento, si riversarono, fuori dall'ampia sala da pasto, buona parte del popolo di Màel. Osservarono il corpo morto della ragazza senza curarsene, come se fosse normale per loro avere delle Astrid: ragazze disperate, con solo un vago ricordo della libertà, e che, per questo, decidono di compiere l'atto che, fra tutti, è quello più impuro.
La morte di una giovane schiava inglese non può che sfiorarli da lontano, senza davvero colpire i loro cuori.
Quasi avrei voluto che fosse stato lo stesso per me.
"Nice!"
Qualcuno mi strattonò il polso con veemenza, quasi a volermi staccare il braccio, e non mi stupii affatto quando riconobbi il giovane volto di Kåre davanti a me. Lui, invece, non sembrava affatto distante: mi fissava dritto negli occhi, sconcertato, mentre, per più volte, voltava lo sguardo verso il corpo di Astrid, cercando di capire cosa fosse successo.
Sicuramente, trovare la propria schiava – fra l'altro, con un passato d'assassina – davanti ad un cadavere doveva avergli fatto uno strano effetto ma, dopo aver lanciato un breve sguardo verso la porta d'entrata della sala da pasto, scorgendo l'impassibile figura di Màel mentre sgranocchiava una mela poggiato con noia all'uscio, fui certa che dovesse aver trovato le sue risposte.
"Dai, vieni."
Mi trascinò a forza lontano dalla calca, rischiando più volte di farmi incespicare nei miei stessi passi visto quanto fosse veloce la sua falcata. Per una volta, non osai ribellerai, seguendolo verso quello che sembrava una piccola struttura di pietre e terra - forse una casa? Sembrava nessuno ci vivesse da tempo, ma il fuoco nel piccolo camino era stato acceso da poco.
"Si può sapere cosa hai fatto? Perché eri con quella ragazza?" Incalzò, una volta chiusa la porta alle spalle, spingendomi verso il letto fatto di fieno e pelli. L'appartamento era formato solo dalla stanza da letto, uno specchio e un tavolo da pranzo: a quanto pare, doveva essere una specie di stanza privata per gli ospiti.
"E' stato Màel a dirmi di andare con lei. C'eri anche tu, ricordi?" Dissi, mentre, con nervosismo, mi rigiravo fra le dita l'orlo del vestito prestatomi dalla stessa ragazza. "Non credevo sarebbe successo questo."
"Tu eri con lei," ribadì lui, contrito, continuando a fissarmi dall'alto in un misto di stupore e tensione. A quanto pare, dovevo essermi cacciata in un bel guaio. "Devi sapere perché ha deciso di togliersi la vita."
Il bambino.
Astrid aspettava un bambino da Màel, per questo le erano state cucite le labbra: doveva mantenere il segreto, lo stesso che, in quel momento, avrei dovuto rivelare.
Mi inumidii le labbra, alzando lentamente il mio sguardo in quello di Kåre, spezzato dall'attesa. In quel momento, diverse immagini passarono nella mia mente, causando nient'altro se non ulteriore tensione e preoccupazioni nel mio cuore.
E se anche io fossi finita col diventare un'Astrid? Kåre aveva già cercato di praticare violenza su di me, e, nonostante il mio passato in monastero, non ero così stupida da non capire cosa questo avrebbe potuto comportare al mio corpo.
Ero a costante rischio, fra le sue mani, e, fra i vari pericoli, il peggiore era quello di rimanere incinta: se fossi finita con l'aspettare un figlio da Kåre, lui cosa avrebbe fatto? Sicuramente, non avrebbe avuto la stessa cortesia di Màel nel lasciarmi scegliere fra la mia vita o quella del bambino. Lui, semplicemente, ci avrebbe ucciso entrambi, risolvendo il problema nel più breve tempo possibile.
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An Dubh Linn
Historical FictionAnno 844; la città di Dublino sta lentamente prendendo vita, sorgendo dalle ceneri lasciate dal gruppo di vichinghi guidati dall'intransigente Thorgest. Dopo una sola manciata di anni, la conquista è ormai al termine, e Thorgest si appresta a compie...