Lo attesi tutto il giorno e poi tutta la notte, rigirandomi nel letto e fra le pellicce, cercando di recuperare un poco della mia sicurezza.
Improvvisamente, mi stavo ritrovando a pendere dalle labbra di un vichingo, il mio padrone, che, a scapito di ogni cosa, aveva deciso di fare qualcosa per me.
Mi aveva salvato la vita, e aveva rischiato tanto altro: giorni prima, da Màel, aveva osato sfidare un re che aveva mostrato interesse per la sua schiava, proclamandola solo sua. Ancora non capivo il vero motivo per cui avesse fatto tutto questo, se fosse solo una questione di politica o di orgoglio, e, in realtà, la cosa continuava a struggermi.
Kåre era un dilemma, uno di quelli intricati che suor Mary avrebbe certamente odiato, perché non consoni alla purezza e alla semplicità della vita religiosa.
Ma, in fondo, Kåre non voleva essere un santo ed io, invece, avevo abbandonato ogni grazia.
Potevamo dirci entrambi dei peccatori.
Mi rialzai, confusa, sentendo la porta della piccola abitazione aprirsi e, subito dopo, il tavolo della cucina spostarsi. Incerta, mi sporsi oltre il bordo del letto, cercando di osservare oltre la tenda, ma, non appena mi resi conto di cosa stava succedendo, sgranai gli occhi, ritraendomi subito.
Kåre era tornato, finalmente, ma non era solo.
Alzai le coperte sopra il mio volto, e mi coprii le labbra con le mani, cercando di non farmi sentire mentre i due vichinghi, nella stanza affianco, si davano alle gioie del sesso. Kåre lo aveva fatto davvero: aveva trovato un'altra schiava e aveva deciso di sfogare i propri piaceri proprio davanti ai miei occhi.
Non potevo crederci.
Restai in attesa e in silenzio per altri minuti, e poi, semplicemente, sentii la porta d'ingresso chiudersi di nuovo e alcuni passi vicini. Kåre si era steso al mio fianco, come se nulla fosse e restava lì, fermo.
Sentivo perfettamente l'odore di sudore della sua pelle e il suo respiro pesante, come se fosse ancora scosso dallo sforzo fisico. Era disgustoso.
«So che sei sveglia, Nice.»
Alzai lo sguardo oltre la coperta sottile, osservando l'ombra di Kåre proprio al di là del tessuto. Nel mio piccolo nascondiglio, al caldo, sembrava quasi di vivere in un sogno, bel lontana dal mondo, ma, in realtà, lui non s'era andato. Era lì, e voleva me.
Il mio personale incubo.
«Non volevo disturbarvi,» ammisi, in un sussurro, mentre mi liberavo dalle coperte, ritrovandomi viso a viso con Kåre. Era bello, come sempre, con quello sguardo truce sempre a spezzargli il viso e una piccola ruga sul centro della fronte, quasi fosse sempre perso in un qualche profondo pensiero. La sua mente non era mai libera, nemmeno quando fingeva che fosse così.
Si sistemò con le dita i ricci castani, e si piegò verso di me, sfidando la penombra con il suo volto spigoloso. Lo osservavo, all'ombra del fuoco del camino, e restavo in silenzio, sommersa dai fremiti della mia pelle mentre Kåre mi accarezzava la guancia, scostandomi i capelli scuri dal viso.
«Non ti allontanare,» disse, notando che, alla sua vicinanza, risposi con la mia lontananza.
«Che cosa vuoi fare?» Chiesi, stupita, ma lui nemmeno mi diede il tempo di capire, che subito posò le sue labbra sulle mie, strappandomi un bacio forzato.
Beh, forse non così forzato.
Kåre posò le sue mani sui miei fianchi, trascinandomi sopra di lui come se non avessi peso, puntando i polpastrelli delle sue dita sulla base della mia schiena.
Mi voleva, questo era ovvio, ed io non lo stavo respingendo. Perché non lo stavo respingendo?
Kåre mi sfiorò il collo con le sue labbra, me lo morse, tirandomi i capelli per potere avere più terra su cui vagare. Gemetti, quasi involontariamente, e mi avvicinai a lui, stringendogli il collo mentre il vichingo tentava di slacciarmi il vestito.
Stavo cedendo. Lo sapevo, ma non mi fermavo. Perché non mi fermavo?
Kåre si tolse la camicia, gettandola a terra, e tornò a me, cercando di fare lo stesso con le mie vesti. Alzai le braccia, permettendogli di spogliarmi, e gli baciai il collo.
Lui gemette, alzando il volto per permettermi di toccarlo e farlo godere, ed io, ovviamente, non sprecai un momento.
Fin quando non lo vidi.
Sgranai gli occhi, bloccandomi, e subito mi allontanai, atterrita.
«Cosa fai?» Chiese il vichingo, notando il mio tentennamento. Non sembrava davvero capire
«Non voglio farlo,» ribadii, sinceramente. E, scostandomi dal suo corpo, ripresi il mio vestito, indossandolo di nuovo.
«Non sembrava,» mi prese in giro, saccente.
Lo guardai male, non apprezzando la sua frecciatina, e posai l'indice sul suo petto, dove il segno di un morso - ovviamente non mio - spiccava sulla pelle chiara. «Credo che tu ne abbia avuto abbastanza per oggi.»
Strinsi le braccia al petto, quasi offesa, e voltai lo sguardo. Come al solito, Kåre mi stava usando per il suo piacere personale.
E, come al solito, io lo detestavo.
«Sono il tuo padrone,» sottolineò. «Devi obbedirmi.»
Alzai un sopracciglio, sporgendomi verso di lui con sarcasmo. «Costringimi, allora.»
Tornai ad ignorarlo, forse troppo fiera, e decisamente troppo avventata: per una volta, però, non mi importava. L'aver visto Kåre usare quella ragazza davanti ai miei occhi e il cercare subito dopo di fare lo stesso con me mi aveva colpito più di quanto dessi a vedere.
Forse non avevo mai davvero pensato di essere solo una delle tante, un niente nella sua vita.
Non aveva senso che ci stessi così male.
«Avevo ragione.»
Non lo guardai, ma lo sentii sorridere, cosa che mi irritò davvero. Perché rideva, ora?
«Ragione su cosa?»
Kåre si stese sul suo lato del letto, dandomi le spalle. Sulla mia pelle, ancora sentivo l'ombra del suo sorriso.
«Buonanotte, Nice.»
Osservai la sua schiena, e desiderai di avere un coltello fra le mie mani: il modo in cui quel vichingo riusciva a farmi impazzire andava oltre la mia capacità di comprendere.
Certe volte, quando ero con lui, qualcosa sembrava smuoversi nel mio petto, ma non era mai troppo forte per riuscire a vincere contro la mia paura.
Era un mistero silenzioso che continuavo a portare con me.
Kåre diceva di avere ragione ed io continuavo a non capire.
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An Dubh Linn
Fiksi SejarahAnno 844; la città di Dublino sta lentamente prendendo vita, sorgendo dalle ceneri lasciate dal gruppo di vichinghi guidati dall'intransigente Thorgest. Dopo una sola manciata di anni, la conquista è ormai al termine, e Thorgest si appresta a compie...