11 • per te

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Non ho mai ricordato come fosse andata davvero quel giorno: come, miracolosamente, riuscii a sopravvivere al mio primo attentato

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Non ho mai ricordato come fosse andata davvero quel giorno: come, miracolosamente, riuscii a sopravvivere al mio primo attentato.

Probabilmente, Dio non era ancora stanco di me, o della sua vendetta, e, quale miglior tortura se non la vita? La morte non è altro che una vana consolazione.

La mia esistenza, quindi, non finii quel giorno ma, quando, finalmente, lo scoprii, il mondo era già cambiato ancora.

«Nice. Nice, svegliati.»

Una mano continuò a scuotermi, cercando di destarmi, ed io, con estrema stanchezza, voltai il volto, non sopportando quel fastidio. Probabilmente, sbagliai, dato che, giusto un attimo dopo, mi ritrovai a terra, spinta con forza.

«Svegliati!»

Sgranai gli occhi, voltandomi con stupore e notando Corvi in piedi davanti al letto di Kåre. Non sembrava particolarmente felice. «Hai dormito troppo, non credi? Il tuo padrone ha bisogno di te.»

«Come? Cosa è successo?»

Risalii sul letto, cercando di rimettermi in piedi, ma notai, con un'amara tristezza, che le mie gambe non riuscivano a sorreggere il mio peso. Che cosa era successo? Perché mi sentivo tanto debole? 

Ah, giusto: l'attentato.

Gli uomini di Kåre avevano cercato di uccidermi, ma non ci erano riusciti: questo era davvero inspiegabile. Come avevo fatto a salvarmi?

«Cristiana

Corvi mi prese per il polso, costringendomi a prestarle attenzione, e subito mi squarciò con il suo sguardo gelido. Era arrabbiata, questo era certo, ma non nel modo in cui mi sarei aspettata: sembrava quasi preoccupata. «Muoviti.»

«Non posso camminare,» ammisi, sinceramente, iniziando ad avvertire l'alito della disperazione. Ero stanca, ferita e sofferente: non ero pronta a sopportare il mondo, non ancora. «Dov'è Kåre?»

Corvi strinse le labbra rosse, innervosita dalla mia domanda. «Ti porto da lui.»

La giovane vichinga mi aiutò a rimettermi in piedi, facendo pesare il mio corpo sul suo, circondandomi la vita col suo braccio. Seguivo i suoi passi, e, nonostante l'agghiacciante clima della stagione, mi sforzai a non battere i denti.

Insolitamente, nonostante fosse pieno giorno e diversi uomini fossero in circolazione, nessuno di loro osò guardarci. Da quando non ero più il loro spettacolo preferito?

«Che cosa stiamo facendo? Perché siamo qui?»

Ero spaesata, e confusa, ma Corvi, fredda come un fiocco di neve, continuava a camminare a passo svelto. Solo quando riconobbi l'abitazione che condivideva con Thorgest, si acquietò.

«Restiamo qui per qualche minuto,» decise, autoritaria, mentre, con lo sguardo, studiava la porta d'ingresso. Io, di rimando, fissai lei, non capendo.

An Dubh LinnDove le storie prendono vita. Scoprilo ora