28 • la nostra salvezza - parte prima

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Legno e paglia secca riempivano i miei occhi nel mezzo della tormenta

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Legno e paglia secca riempivano i miei occhi nel mezzo della tormenta.

La casa di Kåre era lì, ad una manciata di passi: così vicina, eppure così irraggiungibile. Mi immaginai di camminare a piedi nudi sul pavimento caldo e di sfiorare la morbidezza del letto del ragazzo.

Il fuoco brillava nel camino ed una camicia bianca era stata abbandonata a terra. Mi vidi nuda e disarmata, mentre il principe dei vichinghi mi osservava dall'altra parte della stanza.

Non c'era paura, non c'era bisogno di nascondersi: eravamo liberi e, al contempo, eravamo nostri.

«Piccolo demone.» Kåre sorrise, prendendomi per i fianchi e tirandomi verso di sé. Gli accarezzavo i capelli mentre lui mi baciava i fianchi magri e stringeva la mia pelle - in ogni suo gesto, scorgevo una nuova sfumatura di amore.

«Ti amo,» disse, e mi guardò negli occhi. «Ti ho sempre amata.»

In quel momento, mi ritrovai a scoprire una nuova sensazione.

Calda, rassicurante, vera: mi sentivo a casa.

«Nice? Nice, sono qui.»

Dovetti sbattere più volte le palpebre prima di rendermi conto che mi fossi addormentata. Senne era davanti a me, ed il sorriso sul suo volto era quello di un bambino. Mi accarezzò il viso, liberandomi dalla sciarpa, e baciò le mie labbra con tenerezza.

«Manca poco.»

Quella mattina, ci eravamo svegliati alla buon ora e ci eravamo messi in viaggio: quale fosse la destinazione, ancora non mi era dato saperlo.

Senne mi aveva chiesto di fidarmi di lui, ed io lo avevo fatto senza timore: in fondo, come avrei potuto non farlo?

Ma poi era arrivato il momento di salutare casa mia ed il villaggio e, quando vidi il fuoco accesso oltre le finestre di Kåre, mi resi conto che quella fuga non sarebbe stata tanto facile come pensavo.

Io e Senne avevamo passato la notte insieme. Entrambi non eravamo esperti, né potevamo dirci sapienti, e, in alcuni momenti, fu quasi imbarazzante.

Senne non era Kåre - non possedeva la sua passione né la sua fisicità - e il mio corpo lo avvertì subito, sentendolo quasi strano.

Solo con quel termine avrei potuto descrivere la notte precedente: strana.

Vedevo Senne e stare al suo fianco mi faceva stare bene ma, non appena si oltrepassava la linea dell'amicizia, qualcosa fra noi finiva per incrinarsi, come se non riuscissimo ad accordarci. Era come con Kåre, solo che al contrario: con lui era tutto corpo e libidine, ma, oltre a quello, eravamo due completi incapaci.

Sembrava che la mia fortuna non volesse brillare.

«Sono stanca,» ammisi, atona. Strisciavo i piedi sul terreno umido del bosco, lasciando impronte fresche.

An Dubh LinnDove le storie prendono vita. Scoprilo ora