Cinque anni dopo
Il Sussex non era mai stata la nostra meta. Cercavamo rifugio e, fra le varie possibilità, ci sembrò sensato ricominciare da capo.
Camminammo per giorni, notti e, ormai allo stremo, scorgemmo le cime della città sullo sfondo. In fondo, fu il Sussex a scegliere noi.
Mi presentai subito col mio vero nome - non che mi credessi così conosciuta da dovermi nascondere - ma mi sorpresi di essere accolta come un'eroina - l'unica superstite dell'attentato al monastero.
Mi fecero vedere le liste - così da capire - lessi i nomi dei morti e vidi anche al mio, insieme a quello di suor Mary e le altre.
«È un miracolo,» mi dissero, ma io non risposi mai, incapace di raccontare ciò che era davvero stato, che ero un'assassina e una traditrice, finita amante del nemico.
Ero certa che sarei stata accolta ben differentemente, se saputa la verità. Comunque, tacere fu fin troppo facile.
Per Senne, invece, fu quasi più facile. Si presentò sotto il nome di Alfred e come prigioniero dei pagani sin dall'infanzia, essendo una presunta vittima di qualche scorribanda fatta in un villaggio di contadini.
Ovviamente, era tutto falso, ma poco importava: nessuno avrebbe avuto le prove per tradirci e, anche in caso contrario, gli unici testimoni andavano trovati fra i ranghi nemici, che un inglese cristiano non avrebbe certamente mai preso per vero.
Quindi, costruimmo una nuova vita: un lavoro, una casa, una famiglia. Sull'ultima, soprattutto, fu difficile lavorare.
Passavo le notti fra terrori notturni e pianti senza fine; inveivo e scalciavo, finendo per ferirmi e graffiarmi pur di liberarmi da quel dolore che sembrava vincermi ogni secondo di più. Un momento era tutto buio ed odiavo tutti, mentre l'altro andava meglio e tornavo a sperare: non avevo controllo, non avevo un equilibrio.
Mi sentivo persa, oltre il limite di quella che ero sempre stata.
E c'era Senne - ora Alfred - come sempre al mio fianco. Lui, che aveva iniziato a lavorare come fattore nella nostra campagna, soffriva in silenzio la sua vera fatica, che non ero altro che io. Invece che dormire, passava la notti a stringermi e a cercare di calmarmi, così da non finire per compiere atti estremi. Di giorno, invece, tornava a casa quando poteva, se pur solo per sopportare i miei sbalzi d'umore: prima cercavo il suo affetto, considerarlo come una cura, e subito dopo lo picchiavo e lo insultavo, indicandolo come responsabile di ogni mio male.
In certi momenti, sapevo di per certo che avrei potuto perderlo da un momento all'altro, e anche di questo mi incolpavo.
Essere me era diventata la peggiore delle torture, e avrei voluto smettere, farla finita per davvero.
Poi, però, qualcosa cambiò dentro di me, una sera in cui Senne era rimasto sveglio sino a tardi per cullarmi e farmi addormentare. Stavo lì, fra le sue braccia, e avevo appena smesso di piangere.
Il silenzio regnava sovrano nella piccola stanza, e, riscaldato dal fuoco, il mio corpo si stava lentamente sciogliendo. Non era un momento buono, ma forse meno cattivo, e questo, forse, fu il motivo vincente.
«Sono un disastro,» dissi, piano. «Dovresti andartene, crearti una vita che meriti di essere vissuta.»
Senne mi strinse con più dolcezza. «La mia vita sei tu.»
Quella frase, inaspettata e semplice, quasi infantile, mi colpì come nulla prima di allora. Nonostante tutto, Senne ancora si fidava di me, e credeva che fossi importante.
Fu la sua forza che mi aiutò a riscoprire la mia.
Così, provai a ricominciare a mangiare da sola, a dormire e a uscire di casa senza timore. Non sempre fu facile, ma ci provai, e i risultati arrivarono.
Creai amicizie, trovai un giusto lavoro in una bottega e ripresi il mio equilibrio con Dio, tornando dopo anni in una chiesa. In quel tempo, mi concessi anche l'amore: Senne, con la sua parsimonia, ci aveva visto lungo.
Finii per amarlo. Un amore diverso da quello che avevo provato in passato - giusto, fedele e egualitario. Senne mi faceva stare bene ed io tentavo di ricambiare, spinta da quel calore che provavo nel petto.
Finimmo per sposarci, e quello fu il momento migliore della mia vita, l'unico in cui mi sentii completa e in pace, nonostante il passato, e rimasi incinta di una bambina.
La chiamammo Astrid, in onore del coraggio e della libertà, e sembrava tutto perfetto, ma qualcosa ancora stonava, sullo sfondo.
Màel ci dava la caccia. Più volte, era quasi giunto a scovarci, ma una vivida guerra con l'esercito inglese lo aveva portato lontano, in affari ben più importanti.
Comunque, non mancarono le minacce, né le paure, tutti abili scherzi di qualche suo concittadino giunto di nascosto entro le mura della città. Senne uccise uno di loro - non lo rivelò mai, ma io lo vidi scavare la sua fossa.
Compiuti i venticinque anni, però, il vento cambiò rotta.
«Astrid, avanti: apri la bocca,» pregai, attendendo una risposta dalla bimba dai capelli biondi. Lei, concentrata sulla sua bambola, mi ascoltò senza troppe lamentele, facendosi imboccare.
Sorrisi, felice, e le baciai la fronte. «Brava la mia bambina.»
«Nice! Nice!»
La porta si aprì di colpo, facendomi sobbalzare dalla sorpresa e piagnucolare la piccola.
«Alfred, che succede?» Domandai, confusa. Lui non parlò, prendendomi per le spalle e rimettendomi in piedi, baciandomi le labbra.
Sorrideva più di quanto gli avessi mai visto fare.
«È successo, tesoro,» disse, eccitato: «lo hanno trovato, hanno trovato Màel. È stato giustiziato all'alba.»
Ci misi alcuni istanti per capire ma, poi, mi lasciai andare, abbracciandolo con tutto l'affetto.
Màel era morto, finalmente era tutto finito.
Liberi da ogni catena, quello fu l'ultimo giorno di prigionia.Niente servi, niente esiliati, niente guerre o fughe: eravamo insieme, ed eravamo liberi.
Stavamo bene.
Angolo
Vi ho regalato un finale felice, vogliatemi bene😭
Detto ciò, dopo quasi 40 capitoli, sono felice che questa storia sia giunta ad un termine e ci tengo a ringraziarvi per tutto l'appoggio e l'affetto che mi avete donato❤️
Grazie mille!!
Qui si concludono le avventure di Berenice, e, così anche i suoi dolori :)
Spero di ritrovarvi nelle mie altre due storie attive: Eternals, di genere fantasy, e Kamikaze, di genere storico ambientata negli anni '30 a Berlino❤️
Ancora grazie 🖤
A presto,
Giulia
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An Dubh Linn
Historical FictionAnno 844; la città di Dublino sta lentamente prendendo vita, sorgendo dalle ceneri lasciate dal gruppo di vichinghi guidati dall'intransigente Thorgest. Dopo una sola manciata di anni, la conquista è ormai al termine, e Thorgest si appresta a compie...