Leggete l'angolo sul fondo🥰
Il giorno dopo Kåre mi costrinse a passare il pomeriggio con Corvi. Lui doveva parlare con Thorgest – probabilmente per la situazione di Màel – ed io dovevo restare il più lontano possibile, tanto per essere certi del fatto che non avrei avuto nessuna voce in capitolo.
Non era così semplice provare a vivere senza pensare che, da un momento all'altro, Kåre sarebbe tornato con la probabile sentenza della mia morte.
Anche se, dopo ciò che era successo la sera prima, dopo ciò che avevamo fatto nel suo letto, non mi sarei sorpresa più di niente.
Mi ero lasciata baciare, mi ero lasciata toccare, e, per un breve istante, avevo desiderato di più. Come era possibile che, da un momento all'altro, fossi cambiata tanto? Io odiavo Kåre, profondamente, ma poi le mie stesse azioni tradivano i miei pensieri.
In poche parole, ero un totale disastro.
«Sei silenziosa, cristiana.»
Corvi stava pulendo le sue armi, prendendo da una grande cassa quelle sporche e lasciando quelle pulite sul tavolo, proprio sotto i miei occhi. Sfiorai la punta di un'ascia, unta e lucida, e poi ritrassi la mano, sospirando.
«Màel mi voleva morta,» ammisi, così. «Forse dovrebbero accontentarlo.»
«Kare mi ha raccontato della schiava, quella che si è uccisa,» commentò lei, semplicemente. «So che ti può sembrare strano, ma gesti come questi non sono degni nemmeno di noi.»
Stava parlando di Astrid. La schiava cristiana, violentata da Màel e un tempo futura madre di suo figlio, prima torturata dallo stesso vichingo e poi morta suicida.
Quella ragazza mi aveva donato il suo addio, ed io ero stata accusata per la morte.
«Aspettava un bambino.»
Corvi bloccò i suoi gesti, stringendosi appena le labbra prima di tornare a guardarmi.
«Ciò che è successo non è altro che una terribile tragedia, ma ormai è accaduto, quindi tanto vale smetterla di rimuginarci sopra.»
È quella fu davvero l'ultima parola sull'argomento, almeno per quella giornata: Corvi sembrava avere problemi decisamente più importanti.
«Kåre ha smesso di parlarmi di te.»
Alzai un sopracciglio, non sapendo come accettare tale notizia. Nemmeno sapevo che il vichingo pensasse a me, figuriamoci parlarne con altre persone.
«Io...io non so cosa dire.»
«Lui non è come gli altri,» ribatté, tornando a pulire sangue dalla sua ascia. Le sue mani, affilate come l'arma, brillavano nel loro candore. «Le persone - compresi me e Thorgest - non valiamo niente per lui. Un tempo, aveva sua madre, ma di lei ha smesso di parlarne nell'esatto momento in cui è morta. Per Kåre essere solo non è altro che la realtà.»
Non capivo che cosa cercasse di dirmi, questo è vero, ma nelle sue parole trovavo orme di una verità che sembrava sul punto di esplodere.
Solo, al tempo, ancora non sapevo a cosa questo avrebbe portato.
***
Kåre mi venne a prendere a tarda sera, quando ormai avevo già servito la cena a Corvi, anche lei sola.
Il pagano non disse nulla, semplicemente entrò e mi osservò, facendomi capire. Lo seguii in silenzio, senza dire nulla, ma con fin troppe parole nella mia mente.
Il ricordo della sera era ancora sulla mia pelle: l'assenza di pudore del giovane nello sfogarsi su un'altra davanti ai miei occhi, e subito dopo mostrare desiderio per me. Poi, mi aveva allontanata ancora, burlandosi di me.
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An Dubh Linn
Fiction HistoriqueAnno 844; la città di Dublino sta lentamente prendendo vita, sorgendo dalle ceneri lasciate dal gruppo di vichinghi guidati dall'intransigente Thorgest. Dopo una sola manciata di anni, la conquista è ormai al termine, e Thorgest si appresta a compie...