Quindi, Kåre si sarebbe presto sposato - o comunque avrebbe fatto ciò che per i pagani è il loro matrimonio.
Corvi mi aveva addossato quella consapevolezza in un vortice di comprensione e tristezza. Probabilmente, aveva già capito che le cose fra me e il suo parente vicino non fossero così chiare come tutti pensavano.
I vichinghi pensavano che non fossi altro che sua la schiava - sessuale e materiale - ma la verità era che nemmeno io sapevo più cosa pensare. Kåre mi voleva? Mi odiava? O, forse, davvero mi vedeva come un semplice oggetto.
Eppure, mi aveva salvata e sono certa che nessun altro pagano l'avrebbe fatto al posto suo.
Stavo impazzendo.
Lui arrivò solo quando il sole era ormai calato da tempo - mi vide subito, e notò che ero sveglia, ma, dopo un breve sguardo, prese a spogliarsi in silenzio.
Dal mio posto privilegiato sul suo letto, osservai la sua pelle rovinata curvarsi sopra la muscolatura feroce del suo corpo, mai davvero rilassata. Era bello da perdere il fiato, ma, allo stesso tempo, terribile come la morte.
Si versò l'acqua in una tinozza e si sedette sullo scranno di tessuto, iniziando a pulirsi il petto sporco di terra e sudore.
Strinsi le labbra, nervosa e tesa, e, dopo una breva meditazione, scivolai giù dal letto, avvicinandomi a lui.
«Posso aiutarti,» ammisi, stando alle sue spalle. Kåre scrutò il mio sguardo attraverso lo specchio.
Indossavo una sua camicia, quella che lui mi aveva donato, e le mie gambe nude erano sporche dei segni della notte precedente. Le guardò attentamente prima di distogliere lo sguardo, porgendomi il panno umido.
Iniziai a strofinare la sua schiena con calma, facendo attenzione ai vecchi tagli e alle cicatrici ancora aperte - a sua differenza, non era mia intenzione ferirlo.
«Hai ripreso a camminare.»
La sua voce uscì in un lamento rauco.
«Corvi mi ha aiutato,» spiegai, semplicemente. «E inizio a detestare il tuo letto.»
Kåre restò in silenzio per svariati minuti, contemplando la mia stanchezza, fin troppo visibile sul mio volto. Lui ne era l'unica causa.
«Certe volte mi chiedo se non fosse stato meglio ucciderti la prima notte.» Il pagano si voltò verso di me, osservandomi dal basso mentre rimanevo attonita dalle sue parole. «L'avresti preferito, Nice?»
Pensai sulle parole, prendendomi un attimo di tempo. «No.»
Kåre strinse le labbra, quasi non accettando la mia risposta. «So che Corvi ti ha detto del patto di alleanza.»
«Mi ha detto del matrimonio,» corressi, specificando il vero problema. «Hai trovato una moglie.»
«Thorgest l'ha trovata per me, la politica lo ha fatto,» esclamò, rimbalzando le me critiche.
Restai in silenzio, avvertendo la rabbia delle sue parole: Kåre era stato costretto, ma la sua prigione era una che lui stesso si era scelto. Lo faceva per il fratello, e anche per il regno.
«Non esistono i matrimoni per amore,» mi ritrovai a commentare. «Sarai felice, vedrai.»
Posai il panno sul tavolino, tornando a sedermi sul mio letto a gambe tese, così da rilassare la muscolatura. Ormai, su quelle coperte, temevo si fosse impressa la mia sagoma.
«Mia madre amava mio padre quando decise di seguirlo in Inghilterra.»
Mi voltai verso il ragazzo, a capo chino sul suo scranno. Avvertivo la tensione delle sue spalle e il dolore nella sua voce - mai, nemmeno per un momento, pensai stesse cercando la mia pene.
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An Dubh Linn
Historical FictionAnno 844; la città di Dublino sta lentamente prendendo vita, sorgendo dalle ceneri lasciate dal gruppo di vichinghi guidati dall'intransigente Thorgest. Dopo una sola manciata di anni, la conquista è ormai al termine, e Thorgest si appresta a compie...