«E tu, invece? Quale è stata la vita di quella bambina sperduta?»
Senne aveva sistemato le sue poche cose in un angolo della stanza - un mantello, qualche coperta, degli attrezzi da caccia - e, nonostante le mie lamentele, non aveva acconsentito al mio desiderio di aiutarlo nel trovare un vero letto.
È troppo pericoloso aveva detto, ed io non potei che dargli ragione: nessuno doveva sapere di Senne, o di noi.
«Niente di meraviglioso,» rivelai, posando due piatti con del pane e un frutto sul piccolo tavolo.
Senne mi rivolse un piccolo sorriso, sedendosi di fronte a me. «Non sono certo di poterti credere.»
Alzai gli occhi, divertita. «Quella bambina è dovuta crescere in fretta. La madre superiora, suor Mary, era una donna perfida e meschina. Ci torturava, ci feriva, e noi non potevamo farci nulla. Eravamo intrappolate fra quelle quattro mura: nessuno sarebbe venuto a salvarci, nessuno sapeva di noi.»
«Suppongo che nemmeno tu avessi un buon rapporto con i tuoi genitori, quindi,» commentò il ragazzo.
«Una madre morta e un padre ubriaco: niente di emozionante.» Sorrisi, rassegnata. «Non sono mai stata fortunata con le persone.»
«Ed è per questo che l'hai uccisa? La suora, intendo.»
Sgranai gli occhi, sinceramente sconvolta. «E tu...»
«Le voci corrono, ragazzina,» mi prese in giro. «So ogni cosa dell'attentato al monastero, così come ho sempre saputo della cristiana di Kåre.»
La cristiana di Kåre: quindi è questo che ero? Una religione ed una possessione, non una ragazza.
Non ci avrei mai fatto l'abitudine.
«Essere la sua serva è stato meno terribile di quanto tu creda. Certo, non è stato gentile, né educato, ma certe che sembrava quasi...» Sembrava quasi che ci tenesse.
Lo pensai, ma, una volta incontrato lo sguardo perplesso di Senne, mi rifiutai di dirlo. I miei sentimenti erano già fin troppo in mostra.
«Comunque, ora è tutto finito: la mia vita è questa.»
«Gran bella vita, non c'è che dire.»
Alzai un sopracciglio, irritata. «Un esiliato sta davvero commentando la mia vita? Devo essere finita davvero in miseria.»
Senne sorrise, ed io con lui, anche se, in realtà, c'era ben poco di cui essere felici.
«Quanto pensi possa durare?» Chiesi, infatti.
Il ragazzo si sistemò i capelli biondi, perdendo alcuni secondi per pensare. «Durare? Dipende cosa intendi.»
Era difficile da spiegare.
«Sono passati pochi giorni, ma qualcosa sembra...cambiato. Mi sembrano così lontani, Senne: il villaggio, la corte, Kåre. Credevo che fossi stata assorbita da quel mondo, che ormai fossi intrappolata per sempre, ma stando qui, da sola - con te - inizio a pensare che ci possa essere davvero una speranza. Ho del tempo per me, Senne: per me!» Mi ritrovai a sorridere. «Non ne ho mai avuto, sin dal primo momento. So che è solo una finzione, e che in realtà resto comunque la schiava di questo popolo, ma è bello credere che possa essere diverso, almeno per un po'.»
Non mi sono mai goduta la mia vita, mai. Prima c'erano le suore, le mie compagne e le torture, e poi Kåre e il suo ardore. Non ho mai avuto nove, dieci, dodici, diciotto anni.
Sono nata adulta, sono nata vecchia - sono nata col destino di una vita vuota.
«Potremo farla durare.»
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An Dubh Linn
Ficción históricaAnno 844; la città di Dublino sta lentamente prendendo vita, sorgendo dalle ceneri lasciate dal gruppo di vichinghi guidati dall'intransigente Thorgest. Dopo una sola manciata di anni, la conquista è ormai al termine, e Thorgest si appresta a compie...