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«Un idiota? Beh, ok, fin qui ci siamo» ride ancora mentre continuiamo per la nostra strada, «non so che altro dirti onestamente» ammetto, «mmh, non so, prova a descrivermelo, raccontami qualcosa che ha fatto o non so, fai tu» insiste, annuisco ed inizio a parlare, «allora, diciamo che è particolare...mh, no, non è l'aggettivo corretto...é un vero e proprio uno stronzo, si, stronzo e superficiale. Un po' come tutti alla fine» "tranne te" penso mentre pronuncio l'ultima frase.
«Perché lo odi tanto?» dice divertito dal mio tono, «è una lunga storia» alzo gli occhi al cielo, «beh, abbiamo tutto il giorno, anzi, tutto il mese, fino al concorso» sorride, già, il concorso, l'avevo dimenticato, vorrei non arrivasse mai perché lo porterà via da me, «a proposito del concorso, che penso di fare dopo?» gli chiedo spaventata dalla possibile risposta, «mh, non so, tutto dipende dal risultato, se lo vinco la mia carriera nel mondo della musica potrebbe iniziare e quindi credo che viaggerei il mondo, se lo perdo rimarrò qui per farne altri, New York è pieno di opportunità» mi sento una persona orribile perché per un secondo ho sperato che lo perdesse, ma si merita di vincerlo e lo vincerà, il suo talento parla da solo, nessuno qua può competere.
«capito» sorrido, uno dei sorrisi più finti che io abbia mai fatto.
«comunque mi stavi parlando di Tom, no?» «si, già. Diciamo che era la mia crush, lui probabilmente l'aveva capito e quindi aveva iniziato a fare il cretino con me, un giorno Al era riuscito a "farmi ottenere" un appuntamento con lui dato che erano amici, così siamo usciti assieme e io ne ero tanto felice, bah, ero così stupida, comunque, sono bastate due ragazze con la gonna leggermente troppo corta per i miei standard per fargli dimenticare il mio vestito con le sfumature blu scelto da Ann, mi ha mollata da sola e sono dovuta ritornare a casa a piedi al buio, con i tacchi, quasi due isolati, sono arrivata a casa alle 2:00 del mattino. Il giorno dopo ha fatto finta di niente, quindi mi sono arrabbiato e dal giorno ci scherza su, mi da nomignoli tipo "bambolina", ew, e fa il deficiente. Per questo non lo sopporto.» gli spiego, lui mi ascolta e ad ogni parola è sempre più a bocca aperta.
«Beh, ora capisco tutto il tuo "odio" nei suoi confronti, ma come ha potuto lasciarti sola?! No, seriamente. Sei unica K, è stato stupido.» mi sciolgo sempre di più, non credo abbia una minima idea dell'impatto che ha sul mio cuore.
Mentre parliamo arriviamo a Brooklyn senza rendercene conto ed in poco tempo stiamo già girando le sue strade in direzione del Brooklyn Japanese Garden, luogo dove amo ascoltare musica tranquilla o leggere un libro mentre guardo attorno, studio quel che mi circonda e mi prendo una pausa da tutto.
Si guarda attorno e sorride, io invece, forse perché a questo ci sono ormai abituata, o forse perché non posso farne a meno, mi concentro sul suo viso e noto ogni minimo particolare.
I suoi occhi dolci brillano e riflettono del rosa nel loro sbrilluccichio , il sorriso è raggiante e, contornato dalle sue labbra rossastre non troppo sottili ma neanche troppo carnose mettono allegria grazie alla loro perfezione, le guance, con una piccola cicatrice su di esse, sono costantemente colorate, qualche volta di più e qualche volta di meno, come un adorabile eccesso di blush perenne, le sopracciglia poco definite rendono il suo sguardo ancora più amabile, la mandibola ben pronunciata dovrebbe rendere il suo viso un po' più serio ma non fa altro che renderlo ancora più incantevole, il tutto contornato da quei riccetti sparsi ovunque che mi fanno dubitare di avere un essere umano qua accanto a me al posto di un angelo.
Finiamo il nostro giro mano nella mano, nemmeno so quando è successo o chi, silenziosamente, ha proposto l'idea, ma so che mi piace, mi fa stare bene e senza volerlo la risposta alla mia domanda fissa diventa più chiara: si, Shawn mi piace.
Torniamo a casa distrutti ma pieni di foto e momenti che diventeranno bellissimi ed indimenticabili ricordi indelebili.
Non so dire con certezza cosa gli sia piaciuto di più ma so che è rimasto particolarmente affascinato dal Chrysler building, come biasimarlo, è stupendo.
Certo che se dovessi confrontare la sua bellezza con quella del Chrysler, beh, questo adorabile canadese è decisamente meglio, meglio di tutta New York a dire il vero.
«Quindi il Flatiron si chiama così solo perché ha la forma di un ferro da stiro?» chiede ridacchiando per l'ennesima volta mentre inserisco la chiave nella toppa, «già» rido a mia volta, «ancora non riesco a crederci che addirittura l'intero distretto abbia preso quel nome per una ragione così banale, però in effetti mi ha sorpreso quindi non è così banale, proprio perché è scontato, capisci che intendo?» mi mette una mano sulla spalla facendomi voltare verso il suo viso, ancora una volta i miei occhi incastrati nei suoi che secondo la luce o le ombre alternano tra il castano, il caramello e un verdastro, si avvicina, sorridiamo entrambi, ora la sua mano si sposta sul mio fianco, siamo sempre più vicini, «si-si, capisco perfettamente, soprattutto quando si parla di questa città, ma ora è meglio se entriamo» mi trema la voce, mi giro di scatto, apro la porta ed entro, «CIAOO» grido cercando di riprendermi da qualche secondo fa, nessuna risposta, non c'è nessuno a casa, solo noi due, noi due soltanto.
Shawn chiude la porta in silenzio, «qual'è la tua parte preferita fino ad ora?» chiedo per spezzare l'imbarazzo, «central park credo» dice colto di sorpresa, probabilmente si aspettava ore di silenzio e sguardi sfuggenti, «banale» «cosa? Central Park? Ma è stupendo.» «no, lo so, intendevo la tua risposta» ridacchio, ci sono così tanti minuscoli angolini nascosti che meriterebbero un monumento, si, un monumento per ogni angolino sconosciuto in questa città, «non è colpa mia, è immenso, interessante, ci sono gli scoiattoli, è rilassante, nessuno ti giudica e ci hanno girato praticamente ogni poliziesco ambientato a New York» gesticola, «ok ok, te lo concedo» dico prendendo qualcosa dal frigo e andando in camera a studiare, anche se ormai sono le 9:00, voglio passare del tempo a ripassare.
Mi segue, lo lascio entrare, ci sediamo l'una accanto all'altro a gambe incrociate, anche se lui ha la schiena tesa all'indietro facendo peso sulle braccia per reggersi è comunque qualche centimetro più alto di me e questo mi fa ridere.
«Che studi?» mi chiede incuriosito, forse solo per iniziare una conversazione mentre addento il sandwich gelido e afferra qualche patatina fritta in una di quelle bustine dove in pratica paghi l'aria, «psicologia» faccio spallucce, «sapevi che le nostre pupille si dilatano per vari motivi strettamente psicologici?» «si ma non so quali, ne conosco solo uno a dire la verità» sorride, «quando vedi qualcosa o qualcuno che ti piace» diciamo all'unisono ed entrambi sembriamo soffermarci su 'qualcuno' e noto che le sue pupille fanno proprio quello suggerito dalle nostre labbra, «ed è qui che la frase "gli occhi sono lo specchio dell'anima" prende un senso» dice quasi in un sussurro, «già» dico dopo una breve pausa, «le altre motivazioni sono: quando vediamo qualcosa che vorremmo avere, quando risolviamo un problema, quando diciamo una bugia, ci spaventiamo o anche semplicemente quando vediamo altre persone con le pupille dilatate, per effetto dei neuroni specchio» spiego, "questo distrugge la tua speranza, le sue pupille l'hanno fatto solo per quegli stupidi inutili neuroni specchio" penso e mi odio per questo, avrei fatto meglio a non ripassare o ad iniziare un argomento nuovo per portarmi avanti.
«Quindi non potrai mai avere la conferma dei sentimenti di qualcuno solo osservando lo sguardo, perché se provi qualcosa per lei le tue pupille si dilatano e se la guardi negli occhi avrà obbligatoriamente la stessa reazione, giusto?» chiede con un tono strano, «si, esatto, purtroppo le cose non sono semplici nemmeno se fai affidamento agli sguardi, la vita è diversa dai romanzi» sospiro, «purtroppo» dice a sua volta sdraiandosi totalmente, mi giro e lo osservo, ha l'aria stanca, «forse è meglio se dormi ora» accenno un sorriso, lui fa di no con la testa, come i bambini, «posso farti una domanda?» distoglie lo sguardo per qualche secondo ma poi si concentra nuovamente sul mio viso, annuisco, «ti piace ancora Tom?» sussurra, quel ragazzo sembra perseguitarmi, «no, decisamente no» scuoto la testa «come mai questa domanda?» gli chiedo chiudendo il libro e riponendolo sul comodino, mi corico accanto a lui reggendomi la testa con un braccio puntato sul materasso, «curiosità, soltanto curiosità, niente di speciale» rilascia queste sei parola come se fossero nulla, muoiono sulle sue labbra nel momento in cui le pronuncia, non so come reagire così rimango immobile in silenzio, lentamente mi si chiudono gli occhi in questa posizione scomoda, un secondo dopo sento le sue braccia che mi circondano, così poggio la testa sul suo petto e mi lascio trasportare dal sonno senza per una volta lasciare che i pensieri me lo impediscano.
Mi sento così male ma anche così bene, sento il petto esplodermi ma sorrido, mi coccola i capelli rendendo ancora più facile l'addormentarmi.

[Spazio me]
Heeeeeeeey, as always I'm sorry for keeping you waiting so much, spero vi piaccia questo capitolo, ush

Come state? Avete qualcosa da raccontare? Qualcosa che vi ha reso felici? Qualcosa che vi rattrista o di cui avete bisogno di parlare? Lemme kno, I'm here, eh!

Io vorrei raccontare così tante cose ma ancora non è il momento, magari prima o poi avrò la possibilità di raccontare everything :3

See ya' in the next chapter

Room Mates||Shawn MendesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora