24.Lei era il mio mondo.

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13 anni prima•

"Cameron ho fame." La sua voce flebile mi risvegliò dai miei pensieri, mi girai a guardarla.

Era da un po' che camminavamo per le strade di Detroit senza una meta precisa, si leggeva la fatica sul suo volto: le gote e il naso arrossato per il freddo accompagnate da quegli occhietti color ghiaccio stanchi e socchiusi.
Ogni volta che la guardavo mi si stringeva il cuore.
Lei non si peritava tutto questo, lei si meritava tutto il bene del mondo e io avrei fatto di tutto pur di farglielo avere.

L'inverno ormai ricopriva le strade con qualche ammasso di neve in qua e la, mi guardai intorno osservando la gente correre in tutte le direzioni cercando un supermercato.
Quando i miei occhi incontrarono un'enorme insegna mi illuminai.

"Tranquilla Emily, ora mangiamo." Le strinsi ancora di più la mano avvolta in un guanto ,decisamente troppo grande per lei, iniziando ad avanzare verso il supermercato.

Arrivati abbastanza vicino cercai un posto isolato dove lasciarla, di certo non potevo portarla con me.
Trovai un punto dove nessuno passava e mi diressi in quella direzione.
Le lasciai la mano per sistemarle il berretto e il cappuccio per bene in modo da coprirla.

"Ora io vado, mi raccomando se qualcuno si avvicina non guardarlo negli occhi e pensa di essere invisibile ok?" Era strano ma funzionava, quando pensava di essere invisibile lo diventava davvero.
Lei in realtà non lo sapeva, credeva fosse una specie di gioco ed era meglio così.

Non rispondeva, ero consapevole del fatto che odiava quando la lasciavo da sola, ma dovevo farlo.
"Ho paura." Disse piano, avrei voluto rispondergli 'anche io.' Ma eravamo soli e io non potevo permettermi di avere paura.

"Se quando sarò dentro avrai tanta tanta paura grida il mio nome , però nella tua testa non ad alta voce e io verrò" annui poco convinta e io mi alzai per andare a prendere da mangiare.

"Cameron" mi girai preoccupato
"Prendi il cioccolato" feci un leggero sorriso annuendo per poi avviarmi verso l'entrata.

Una volta dentro iniziai a prercorrere le varie corsie cercando il minimo indispensabile.
Il piano era semplice : prendere il cibo , staccare il codice e uscire senza farmi notare.
Questo è quello che facevo per riuscire a sopravvivere insieme a mia sorella.
Rubavo.
Era semplice per me dato che riuscivo a fare cose che normalmente non si facevano, tipo leggere nella mente.
Sentire i pensieri delle persone difianco a me facilitava il tutto, anche se disolito mi concentravo molto di più sul sentire la voce di Emily nel caso mi avesse chiamato.

Dopo aver preso una bottiglia d'acqua e dei panini mi diressi verso gli scaffali della cioccolata.
Iniziai a cercare quella al latte sapendo che era la sua preferita.
La presi in mano e mi guardai intorno sperando che nessuno mi stesse guardando per nasconderla sotto la giacca.

Vidi una signora che mi fissava e guando incrociai il suo sguardo iniziò ad avanzare verso di me, riportai gli occhi sulla barretta facendo finta di nulla ma quando si fermò al mio fianco non potei fare a meno di alzare lo sguardo.

La osservai attentamente: aveva i capelli color pece che le facevano risaltare gli occhi verde smeraldo, avrà avuto all'incirca 40 anni se non di più vedendo il viso ricoperto da qualche ruga.
Continuava a guardarmi come se si aspettasse qualcosa, ma io rimanevo in silenzio ed impassibile.

"Ciao" disse dopo un po' mostrando i denti bianchi ed allineati curvando le labbra in un sorriso.
Non risposi sperando che se ne andasse e mi lasciasse in pace , insomma cosa potrebbe mai volere una signora da un bambino che sceglie la cioccolata?

"Non sei di molte parole eh?" Continuava
"La mamma mi ha detto di non parlare con gli sconosciuti." Misi su la parte del 'bambino bravo che da retta alla propria mammina' mi era sempre uscita bene anche se io una mamma non cel'ho mai avuta.
Ma comunque ha sempre funzionato.

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