Capitolo 2

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«Non correre, Noah!»-urlo tra i denti, guardandomi intorno in cerca della macchina di mio padre, mentre mi decido di afferrare il braccio di mio figlio.
Ho sbagliato a chiedere a Louis di non accompagnarmi, dato che lui è molto più bravo di me a sopportare questo bimbo che sembra prendere la scossa ogni cinque minuti, ma penso anche che abbia preso la decisione giusta perché non voglio assistere a una strage non appena metto piede nella villa.
Mio figlio sbuffa sonoramente, ma ritorna a ridere come un pazzo, saltellando sul posto come se avesse visto Spider-Man in piedi davanti a lui, ma poi capisco il motivo quando una vecchia Jeep Grand Cherokee sbuca davanti alla grossa tabella bianca e mio mio padre suona il clacson per salutare i gemelli con un sorriso a trentadue denti, al che Noah corre verso di lui.
Non spreco il fiato e lo lascio fare, sapendo già di non poterlo fermare a prescindere, quindi mi limito a schioccare la lingua e spostare gli occhi su Ryan: non muove un ciglio, anche se è la prima volta che guarda suo nonno dal vivo, e alza il mento sbuffando.
«Non vuoi fare a gara con Noah su chi arriva primo da nonno Alberto?»-cerco di invitarlo a muoversi ed essere più entusiasta, ma si limita ad alzare le spalle e avvicinarsi a passo lento da mio padre con un borsone sulle spalle, talmente grande che fatica a tenerlo in braccio, quindi faccio per aiutarlo, ma si allontana bruscamente, lanciandomi un'occhiataccia che riesco a malapena a guardare attraverso i suoi ricci.

Sospiro, mentre mi avvicino a mio padre, che ha ancora in braccio Alvin superstar, ma sposta immediatamente gli occhi nei miei perdendo il sorriso improvvisamente.
Abbassa gli occhi per guardarmi dalla testa ai piedi velocemente, per poi sforzare un sorriso tirato:
«Figliola...»-allunga il braccio libro, quindi mi avvicino a lasciare un bacio sulla sua guancia come ai vecchi tempi, anche se nulla sarà come prima.
Non ho il coraggio di fiatare e ringrazio mentalmente il piccolo al mio fianco quando l'attenzione di mio padre è catturata da Ryan.
Questi non gli salta al collo, ma lo guarda dal basso:
«Tu dovresti essere Ryan.»-sorride a mio figlio e fa per avvicinarsi e abbracciarlo, ma il bambino fa un passo indietro e allunga una mano come se fosse un uomo, piuttosto che un bambino di quattro anni.
«Signor nonno Alberto, è un piacere conoscerla.»-muove le labbra velocemente, mentre io cerco di trattenere una risata per l'espressione seria del suo viso.
«Oh.»-mio padre raddrizza la schiena e gli afferra la mano per accontentarlo, fingendo un'espressione seria, che alleggerisce la situazione un poco.
«Il piacere è tutto mio, signor nipotino.»-mio figlio annuisce, mentre papà alza il mento per indicare la macchina, ma non prima di avergli scompigliato i capelli, infastidendolo visibilmente.
Mi lancia una veloce occhiata, ma gli faccio capire che è fatto così e non c'è verso per farlo sentire un ragazzino, dato che gli piace credersi grande e maturo.
«Bene.»-non appena entriamo in macchina mio padre ci guarda per assicurarsi che ci siamo tutti, quindi si decide di partire con un sorriso sincero.
I suoi occhi sono talmente illuminati che mi è difficile credere che non gli abbia fatto piacere la nostra visita, anche se non sono ritornata per lui...
«Vostro padre lo avete lasciato a Roma?»-la sua espressione passa da commossa a seria e dal modo in cui mi guarda capisco che si rivolge proprio a me.
«Doveva lavorare...»-inizio a mentire con un filo di voce, ma vengo interrotta da Ryan:
«Deve sempre lavorare.»-dice tra i denti, incrociando le braccia sul petto, mentre Noah salta sul posto e si protrae in avanti sul sedile:
«Mettiti seduto!»-urlo affianco a mio padre, pentendomi per non aver preso posto affianco a loro, ma mio figlio finge di nulla e prende un forte respiro, strillando vicino al mio orecchio:
«Papà è molto intelligente! Sa molte cose e le dice ad altri bambini e... e...»- inizia a balbettare e abbassa la voce quando i suoi occhi cadono fuori dalla finestra, sulla gigantesca e famigliare villa che ci appare di fronte.
Perdo un battito quando realizzo di avere di fronte il posto dove tutto è iniziato, ma fingo di respirare normalmente quando mio padre inizia a guardarmi di sottecchi.
Schiarisco la voce e guardo i gemelli attraverso lo specchietto retrovisore interno, per la prima volta spaventata che tra lui possa sospettare qualcosa non appena vedrà i suoi figli per la prima volta.
Non m'importa della reazione che avrà rivedendomi, non mi importa di come ha sofferto in prigione per così tanto tempo, perché non sono più la donna patetica che ero una volta.

Sei Mia, Ragazzina!  2 || ©Tutti i Diritti RiservatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora