Capitolo 19. Punto di vista di Alex

4.2K 184 27
                                    

Instagram :. ema_8570
Facebook: Ema Oqu

«Ci sei già riuscita.»-sussurro, quasi per non farmi sentire dai ragazzini, ma senza collegare la bocca al cervello.
Vederla davanti alla scrivania con i capelli lunghi scompigliati e gli zigomi rossi per la rabbia mi ha fatto cambiare umore: quando la segretaria ha detto che mia moglie stava nel mio ufficio sono andato fuori di testa e ho cercato di controllare la rabbia, ma non appena ho aperto la porta mi ha fatto tanta tenerezza  vederla in quello stato che la mia espressione è cambiata in un battibaleno.
La guardo dall’alto, senza riuscire ad allontanarmi dal suo corpo minuto, che ritorna quasi a emanare l'odore di fragola a me famigliare.
Mi trattengo dall’annusare i suoi capelli senza darle spiegazioni, continuando a fissarla dritta negli occhi per capire cosa prova in questo momento e cosa ha provato quando è scappata dalle mie braccia perché preferiva quelle di un altro uomo.
Trovandola di fronte a me, mi sembra quasi di essere ritornato a dieci anni fa, quando ho saputo che Clara sarebbe ritornata dall’Italia e ho dato fuori di matto, iniziando a frequentare la gang di George come un minchione.
Dannazione! Poi mi sono innamorato di lei…
Mi sono innamorato di una donna, io che la odiavo cosi tanto senza alcun motivo! Ma ora ho ragione a disprezzarla e trattarla da puttana, perché stavamo per sposarci, cazzo!
Abbasso le sopracciglia, spostando gli occhi dalle sue pupille dilatate alla pelle pallida, accorgendomi che in questo momento, davanti ai miei occhi, quasi spaventata della mia vicinanza e studiando le mie pozzanghere per capire le mie intenzioni, Clara non mi sembra una puttana, ma quella dai pigiami ridicoli e dai capelli profumati.

Cerco di controllarmi e non saltarle addosso: è ancora in pigiama, il che la rende ancora più sexy, anche se il pigiama è ricoperto di banali orsacchiotti sorridenti.
Ho imparato a capirla, per quanto siamo diversi: sembra una donna tutta casa e Chiesa, bella, ma innocente.
Ma quando ci mettiamo a dormire mi sprona a fare tutt'altro, tranne dormire.
Annuisco a Giulietta, mentre Clara si alza per avviarsi in camera da letto.
La seguo come se fossi ipnotizzato, chiudendo la porta alle spalle:
«Non devi lavorare oggi? »-chiede, togliendosi la maglia e mettendo in mostra il seno nudo.
Provo a distogliere gli occhi, ma mi arrendo dopo vari tentativi: la ammiro, mentre mi siedo sul letto.
Come fa a non capire quanto cazzo è bella?!
Mi limito ad annuire, mentre si allaccia il reggiseno:
«Anch'io, finalmente. »
«Ehm... »- mi schiarisco la voce.
Si lega i capelli in una coda, mettendo in bella mostra gli occhi chiari:
«Devo andare. »-dice, mentre aspetto che mi avvolga le braccia intorno al collo.
Ma tutto quello che fa è volgermi le spalle e uscire dalla porta.

Ma questa volta tutto è diverso. Noi siamo diversi.
Per quanto mi possa continuare a guardare con gli occhi da cucciolo bastonato, non ci cascherò di nuovo nella sua trappola, e non sarò tanto tollerante da accontentare quella testa di cazzo che ha osato portarla via da me.
D'ora in poi non mi importerà se piange per colpa mia o mi implora  per avere il divorzio, perché se non l'ho potuta avere io, Clara non sarà di nessuno, nemmeno di Louis.
Non mi accorgo di aver serrato la mascella, ma a Clara non passa inosservato, mentre cerca di aprire bocca per dire una frase a senso compiuto.
Il mio sguardo vuoto la incoraggia a imitarmi e stringere i denti, quando inizio a guardarla con arroganza e superficialità: porta una mano sul mio petto, provando a spingermi indietro, mentre alzo un sopracciglio con prepotenza.
Si accorge di non riuscire a spostarmi di un millimetro, quindi decide di sposare il suo corpo dal muro per posizionarsi al mio fianco, palesemente scocciata dal mio nuovo atteggiamento.
«Non dovevi partire stamattina?»-chiedo beffardo, capendo oramai che non ha intenzione di andarsene senza avere la mia firma.
Rimane perplessa per una frazione di secondi, aprendo la bocca, per poi chiuderla subito dopo, non sapendo come dire l'ultima parola e lasciarmi spiazzato nel mio ufficio.
Si schiarisce la voce, mentre le sue labbra si increspano e gli angoli della sua bocca si piegano verso l’alto in un sorriso falso, facendomi abbassare il sopracciglio e aggrottare la fronte quando allunga le braccia verso il mio collo.
Mi trattengo dal fare un passo indietro, mentre la situazione sembra ribaltarsi e Clara fa un passo avanti, prendendo tra le mani la mia cravatta per alleggerire la stretta dell'accessorio al mio collo.
«Alla prossima  … »- dice con lo stesso sorriso da brividi, mentre premo le labbra tra di loro, sentendo i muscoli stirarsi al suo tocco leggero: « … con il mio avvocato.»-conclude, ma non tengo conto delle sue parole, tutto preso dai suoi movimenti, mentre sfila via dalla mia testa la cravatta, lasciandola cadere per terra, senza perdere il contatto visivo con i miei occhi.
Trattengo il respiro quando mi dà una pacca sul petto, come se la nostra vicinanza di poco fa non le avesse fatto alcun effetto, ma non trovo il tempo di fiatare che apre bocca di nuovo, mentre mi volta le spalle e si avvicina alla porta, dopo aver fatto cenno ai ragazzini di seguirla:
«Stai meglio senza.»-chiude la porta alle spalle, mentre rimango come un idiota impalato, continuando a fissare il legno come se Clara fosse di nuovo di fronte a me.
Impreco ad alta voce, sbattendo un leggero pugno sul tavolo e pensando a come farle del male senza che lei mi tormenti in continuazione.
«Signor Evans … »-non mi accorgo che la segreteria di mio padre ha aperto la porta fino a quando non me la ritrovo a due metri di distanza, balbettando peggio di Clara quando si trova a disagio di fronte a me.
«Che c'è?-cerco di apparire il meno arrabbiato possibile, ma continua a evitare di guardarmi negli occhi, quasi intimorita dalla mia presenza.
Socchiudo gli occhi al suo atteggiamento, ma cerco di non darle importanza, mentre si avvicina per lasciare un fascicolo di fogli bianchi sulla scrivania di mio padre, che ora appartiene al sottoscritto:
«La stanno aspettando nella riunione. »- dice con una voce tremante, mentre i suoi occhi finiscono sulla cravatta per terra.
Avanzo senza spiaccicare altre parole, uscendo fuori dall'ufficio nell'esatto momento in cui Ash si incammina di fronte a me, ma si ferma ai suoi passi non appena mi vede, con un'espressione turbata e stanca in volto, per poi aggrottare la fronte:
«Clara è appena passata senza salutarmi. »-si gratta il retro del collo, intuendo che è sicuramente colpa mia se è uscita da questo edificio con il muso lungo.
«Tutto bene?»-lo guardo attentamente, capendo all'istante che Clara è l'ultimo dei suoi pensieri ultimamente e sorpassandolo a passo lento.
Si limita ad annuire, tutto bianco in volto, come se avesse visto un fantasma prima di entrare nell’azienda: è sicuramente colpa di sua moglie, dannazione!
Maledetto il giorno in cui abbiamo deciso di sposarci! Sapevo che anche Jessica un giorno avrebbe tolto la maschera da brava donna e avrebbe mostrato il suo vero volto e portando guai al mio amico. Mia sorella ha fatto di Josh un cazzo di asino che non fa altro che badare a mia nipote dalla mattina alla sera!
E il terzo coglione sono io, ridotto peggio degli altri, con Clara che cerca di mandarmi al manicomio ogni giorno.
«Le donne portano solo guai.»- dico tra i denti, per poi dargli una pacca sulla spalla, anche se sembra più confuso di prima alle mie parole, mentre spalanco la porta di vetro trasparente, dalla quale noto già i presenti, seduti intorno a un grande tavolo rotondo.
«È stata Jessica a ridurti in questo stato.»-più che una domanda la mia è un'affermazione, ma si affretta a scuotere la testa.
«No.»-sussurra con un tono talmente stanco che mi fa pena persino guardarlo in viso, ma non trovo il tempo di chiudergli cosa gli prende, dato che gli occhi dei più importanti tra i miei dipendenti finiscono sulle nostre figure.
Alzo il mento, passando gli occhi su ognuno di loro, ancora una volta, come se potessi studiarli in questo modo e capire di chi fidarmi e chi meno.
«Buongiorno.»- Ash mi anticipa con un tono allegro, mentre io mi limito a fare un cenno col capo, per poi raggiungere una delle due sedie vuote con le mani in tasca.
Ricambiano il saluto, alzandosi leggermente in piedi, per poi riprendere a bisbigliare: mi accorgo di un uomo in piedi di fronte a un grande proiettore solo quando si schiarisce la voce per catturare la nostra attenzione.
Gli faccio un cenno con la mano per continuare a parlare, poggiando le spalle allo schienale della sedia con una mano sotto il mento, fingendo di assistere alla noiosa riunione per le seguenti ore di lavoro.
« Il fatturato è pari alla sommatoria di tutti i ricavi delle vendite o delle prestazioni di servizi nonché degli altri ricavi e proventi ordinari di un’azienda nell’anno di imposta che si origina a fronte delle fatture emesse.»-inizia a parlare come un pappagallo con una voce fastidiosa, mentre i miei occhi iniziano a fissare il vuoto.

Alla prossima… con un avvocato.

Le sue parole mi danno sui nervi, ma cerco di trattenermi dallo sparare parolacce ad alta voce per sfogarmi, quindi inizio a picchiettare l’indice sul tavolo frustrato.
Può pagare un avvocato o far venire Louis in persona a minacciarmi, ma non le darò mai il piacere di divertirsi alle mie spalle per avermi mollato davanti a tutti.
Stringo le dita in un pugno, mentre le ore passano e cerco di distrarmi tra chiamate e bilanci da tenere sotto controllo, ma senza riuscirci del tutto.
Se l’avvocato non mi desse altre possibilità che firmare o finire davanti a un giudice, mi troverei davvero in difficoltà, dato che non voglio più avere a che fare con i tribunali e la legge in vita mia.
Posiziono la penna tra le labbra, per poi alzarmi della sedia stufato e passare una mano tra i capelli quando noto che la pioggia diventa più fitta dai forti colpi che dà alla finestra del mio ufficio.
Continuo a fissare il temporale dalla mia sedia, per poi spalancare gli occhi  nell’esatto momento in cui il mio telefono si illumina per indicarmi l'arrivo di un messaggio, ma senza nemmeno leggerlo, cerco tra i miei contatti il numero di mia sorella, per poi affrettarmi a digitare sullo schermo:

*Mandami il numero del padre di Clara.*

Invio senza pensarci due volte, sicuro che mia sorella possa trovare un modo per avere quel contatto, quindi assumo un'espressione soddisfatta e alzo un angolo della bocca con fare prepotente.

«Non lo nego.»-prendo un forte respiro e cerco di apparire il più fermo e risoluto possibile davanti ai suoi occhi ammonitori: «Ho fatto molte cazzate in passato.»-butto fuori l'aria dai polmoni, mentre smetto di mantenere collegato il cervello alla bocca.
«Ho spacciato, ho fatto a pugni, ho lasciato incinta un brava ragazza...»-stringe gli occhi, cercando di fermarmi con una mano, ma sono stanco di essere trattato come uno che Clara non merita: «Ma per Clara sono cambiato»-sputo severo, cambiando tono quando mi accorgo che forse sto esagerando.
«Per sua figlia sono capace di fare qualsiasi cosa, pur di darle la vita che si merita, anche se non sono uno in giacca e cravatta e con un paio di occhiali da medico educato.»
Alle mie parole segue il silenzio, quindi penso di aver peggiorato la situazione quando lo vedo premere le labbra tra di loro e annuire con amarezza alle mie parole.
«Sei l'uomo giusto per mia figlia...»

Sei Mia, Ragazzina!  2 || ©Tutti i Diritti RiservatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora