Capitolo 38

5.6K 151 25
                                    

Socchiudo gli occhi alle sue parole, trattenendomi dal rimproverarlo per il suo tono serio, ma la sua espressione non cambia e rimane concentrata mentre fissa la strada di fronte a sé pensieroso.
Spalanco le palpebre quando mi accorgo che ha davvero intenzione di portarci all’aeroporto, quindi raddrizzo la schiena sul sedile e inizio a balbettare mentre cerco le parole giuste per esprimere quanto sia folle la sua decisione:
«Ritorna indietro!»- alzo il tono della voce allarmata per superare quella dei gemelli che iniziano ad esaltare di gioia, dimenticandosi completamente di Louis, che non ha la minima idea di dove io sia in questo momento.
Mi sentivo talmente in colpa per Alex che anch’io ho trascurato Louis, senza chiedermi dove sarebbe andato stamattina e dove avrebbe passato la giornata.
Non posso scappare così prepotentemente da tutti e fuggire dalla realtà, anche se è la prima cosa che vorrei fare pur di trascorrere tutta la mia vita con Alex e i miei figli sotto lo stesso tetto.
Non possiamo ritornare alla nostra vecchia vita, non possiamo ritornare da quella donna.
L'idea che Catherine continui a vivere a Sydney mi minaccia anche se ora non può intromettersi tra me e Alex e non ha alcun modo per ricattarlo.
Non possiamo nemmeno abbandonare Louis e Naily come se non fossero stati i primi ad esserci rimasti accanto quando abbiamo iniziato a vivere a chilometri di distanza
«Naily ... »-riprendo a balbettare, muovendomi sul sedile per poterlo guardare meglio, preoccupata nel vederlo così deciso a non pensare a nessun altro se non a sé stesso.
Mi pento quasi di averla nominata, ricordandomi che ho rischiato di perdere l'uomo che amo per colpa sua, quindi riprendo a balbettare quando noto che Alex non muove un ciglio alle mie parole, anzi, sembra iniziare a scocciarsi mentre schiocca la lingua al palato:
«E Louis ... »-inizio, schiarendomi la voce, ma mi interrompe prima che possa iniziare a cercare di fargli cambiare idea.
«Se ti sento pronunciare un'altra volta il suo nome, ritornerò davvero indietro ... »-dice tra i denti, stringendo il volante talmente forte che le sue noche impallidiscono visibilmente, il che mi fa venire la pelle d'oca, non volendo affrontare nuovamente il lato oscuro di Alex, soprattutto di fronte ai nostri figli, quindi lo lascio continuare senza interromperlo e cerco un altro modo per farlo frenare, mentre la sua voce bassa riecheggia in macchina:« … ma solo per ucciderlo di botte.»- conclude con tono roco, quasi non volendo farsi sentire dai bambini alle nostre spalle, anche se già si sono distratti accarezzando la testa della tartaruga.
«Non possiamo scappare.»-ribatto, pensando rapidamente a come impedire questa follia, mentre passa una mano tra i capelli, tranquillizzandosi dopo un paio di secondi.
«Non ho i documenti!»-spalanco gli occhi all'improvviso e alzo le mani a mezz’aria per fargli capire che non potremmo a prescindere partire, ma rimango delusa quando la sua espressione passa da seria a divertita, mentre alza un angolo della bocca , mettendo in mostra una fossetta all’angolo della bocca.
«Mio padre farà in tempo a portare ciò che ti serve. I miei genitori partono con noi.»-aggrotto la fronte alle sue parole, limitandomi a spalancare le labbra quando estrae il cellulare dalla tasca e sposta gli occhi tra la strada e lo schermo del telefono ripetutamente:
«L’importante è non mettere più piede in quella casa.»-inizia a sussurrare più a sé stesso che a me, ma le sue parole mi allarmano, quindi mi affretto ad allungarmi nella sua direzione e prendergli il telefono di mano.
«Se non mi porti indietro dirò la verità a Giulietta!»-sparo la prima minaccia che mi viene in mente, ma la sua espressione scocciato e il modo in cui sospira pesantemente, sollevando la mano libera in aria, mi fa capire che sa che non sarei capace di farlo, ma cerco lo stesso di tentare di spaventarlo pur di farlo ritornare alla villa, dove i miei genitori staranno aspettando il mio arrivo e non posso nemmeno avvisarli, avendo lasciato il telefono sul mio letto, accanto al documento del divorziò.
«Certo.»-mi prende spudoratamente in giro, per poi allungare un braccio nella mia direzione per cercare di riprendere ciò che è suo.
Lo guardo di sottecchi, ma allontano il telefono dalla sua mano e continuo con la mia farsa, cercando il nome di Giulietta tra i messaggio, mostrandogli nel frattempo lo scherno per fargli credere che sono seria:
«Non mi credi capace?»-lo stuzzico con una smorfia minacciosa, ma non appena i suoi occhi finiscono sul mio viso trattiene palesemente una risata, portando il labbro inferiore tra i denti.
Fingo di digitare sullo schermo anche se mi arrendo già prima di provare a convincerlo, mentre mi guarda di sottecchi scocciato, quindi faccio per riprendere a lamentarmi e sbuffare alla sua testardaggine, ma mi interrompo non appena i miei occhi finiscono su uno dei recenti contatti con cui Alex ha scambiato messaggi.
Catherine.

Guardo nella lista dei messaggi in cerca di mittenti femminili, ma gli unici nomi che trovo sono Tiara, Catherine e Clara.
Il mio nome è seguito da un cuore, il che mi fa sorridere leggermente, ma poi mi ricordo di averlo inserito io stessa quando ho registrato il mio numero nella rubrica del suo telefono, quindi piego gli angoli della bocca verso il basso e alzo gli occhi al cielo, mentre spontaneamente clicco sul nome di quella che per noi è diventata una Santa, Catherine.
Corrugo le sopracciglia quando i miei occhi catturano  gli ultimi messaggi:
* Domani sera a casa mia, vero?*
E subito dopo:
*Anzi, possiamo rimandare? Mi sono appena accorta che mi è ritornato il ciclo.*
Perché Alex sarebbe dovuto andare a casa sua ieri?
E poi perché di sera?
Cerco di dare una risposta alle mie domande, ma il rumore del portone che si apre mi fa sobbalzare, quindi ritorno alla casella principale e butto il telefono dove lo trovato, mentre Alex mi viene incontro  con un cipiglio: mi affretto ad accedere l'auto e a spostarlo.
Rimane ancora un po' fermo, per poi incamminarsi di nuovo verso la macchina, nell'esatto momento in cui io scendo per raggiungere la mia.
Posso sentire i suoi occhi alle spalle, ma non mi volgo a guardarlo, per entrare subito nella mia macchina.

Le mie gambe iniziano a tremare quando i miei occhi finiscono sugli ultimi messaggi inviati da quella donna ad Alex, così recenti che rientrano tutti nella settimana dopo il mio arrivo in America.

*Non ti sono bastati i cinque anni in carcere, vero?*

Il cuore mi sale in gola prima ancora che Alex possa accorgersi del fatto che ho incuriosito nel suo telefono, mentre i miei occhi continuano a rimanere fissi sullo schermo del cellulare di Alex.
Controllo tutti i messaggi, anche quelli che risalgono al periodo in cui io e Alex vivevamo in Australia, per assicurarmi che si tratti dello stesso numero di quella donna.
Lo stesso numero del telefono di Catherine  …  che Louis ha portato con sé in Italia cinque anni fa, dopo avermi mostrato nello stanzino di quella chiesa i messaggi che Alex aveva inviato a sua sorella.

Guardo la sedia, mentre lui prende già posto di fronte a me:
«Voglio rimanere in piedi.»-dico decisa e scocciata:«Dimmi quello che devi dire ed esci da quella porta.»-indico alla mia destra, leggermente scossa, pensando per un momento di essere troppo severa.
Sospira pesantemente, per poi iniziare a spalancare le labbra, abbassando gli occhi:
«Cercherò di essere un bravo patrigno.»-i suoi occhi finiscono sulla mia pancia, mentre assumo una smorfia stupita.
Non capisco dove voglia arrivare, dato che le sue parole non hanno alcun senso: sta letteralmente dando per scontato che io e Alex non ci sposeremo e che permetterò a lui di prendere il suo posto.
«Che...»-inclino la testa e faccio per ridere ironica, ma non mi lascia ribattere e riprende a parlare:
«Ti darò tutto. Ti renderò la donna più felice del mondo. Con una casa, una famiglia.»-inizia a dire, e la serietà del suo tono fermi mi provoca la pelle d'oca.
«Ti sarò fedele.»-ingoio il groppo alla gola, impaziente di sentirlo andare dritto al punto.
«Che stai cercando di dirmi?»-sussurro tra i denti, mentre lui avvicina la mano a una tasca, per poi porgermi un telefono dalla cover rosa e decorata da numerosi brillantini.
«È di mia sorella.»-dice con un filo di voce, mentre socchiudo gli occhi e allungo la ma tremante.

Aggrotto la fronte, cercando di capire come abbia fatto Catherine a mandare messaggi dal suo telefono se è stato nelle mani di Louis per tutto il tempo, ma non ci metto molto per rendermi conto di cosa sia realmente accaduti, quindi spalanco gli occhi e dilato le pupille, rileggendo tutti i messaggi scambiati tra Alex e Catherine… e Louis!
Porto una mano sul petto quando i miei occhi si annebbiano e perdo le forze come se stessi sul punto di svenire, ma non trovo le parole giuste per far capire ad Alex cosa stia succedendo, mentre lui si affretta a prendermi il telefono di mano, ancor più scocciato dal mio atteggiamento, ma senza avere la minima idea di cosa io abbia scoperto nel frattempo.
«Catherine. »-il mio petto inizia a fare su e giù nel cercare di riempire i polmoni d’aria, mentre balbetto per l'ansia che mi dicora in questo momento, aspettandomi già una reazione più impulsiva da parte di Alex non appena troverò il coraggio di fargli sapere cosa mi stia prendendo.
Fraintende le mie parole all’istante, infatti sbuffa di nuovo mentre Noah scoppia a ridere per la smorfia buffa di suo padre:
«Smettila di giustificarti.»-mi guarda di sottecchi, passando di nuovo la lingua tra le labbra, quasi per ricordarmi che sulla sua bocca c’è ancora il mio sapore, ma non mi faccio distrarre mentre continua a tentare di convincermi con un'espressione seria: «Catherine non è più un problema.»-sussurra, quasi non volendo farsi sentire da me, ma mi affretto a interromperlo prima di finire per fargli capire che Catherine non è mai stato il vero problema.
«È stato Louis a inviarti quei messaggi.»-sputo fuori di botto, mentre il silenzio regna in macchina per un paio di secondi dopo la mia rivelazione.
Porto una mano tra i capelli e li stringo leggermente tra le dita, mentre Alex sembra  analizzare le mie parole con una calma spaventosa, ma non appena realizza le mie parole, senza degnarmi di un'occhiata, frena bruscamente in mezzo alla strada, costringendomi a poggiare le ma di fronte a me per non rischiare di sbattere la testa all’improvviso, mentre un succedersi di suoni di clacson alle mie spalle aumenta la confusione che ho in questo momento in testa, anche se cerco di ordinare i miei pensieri.
Le mie mani continuano a tremare, ma non trovo il coraggio di guardare l’espressione infuriata di Alex, anche se posso immaginarlo dal modo in cui esce dalla corsia per fare un rapido giro e cambiare direzione per ritornare davvero alla villa.
Non riesco a fiatare, dimenticandomi completamente della presenza dei gemelli alle mie spalle, mentre penso al mostro che ho fatto entrare in casa mia, affidandogli i miei figli e lasciandomi ingannare dalla sua finta gentilezza, per poi scoprire solo cinque anni dopo aver dormito sullo stesso letto con lui, che è solo uno psicopatico che, pur di farmi sua, è stato capace di tenermi lontana da Alex per tutti questi anni.

All'interno non c'è nessuno, se non uno dei maestri di Giulietta, presumo.
È un uomo giovane, forse della mia stessa età.
«Salve. Disturbo? »-busso, costringendolo ad alzare gli occhi.
Mi rivolge un largo sorriso , per poi venirmi incontro, mentre Giulietta prende posto all'ultima fila.
«Niente affatto, buongiorno! »
È davvero un bel uomo, con i lineamenti di un austriaco puro:
«Sono una parente di Giulietta. »-indico la ragazza- « I suoi genitori non vivono qui, quindi sarò io a occuparmi di lei: ho portato dei documenti di riconoscimento. »-gli porgo la fotocopia della mia carta di identità.
«Non penso sia necessario. »-dice, ma mi limito ad alzare le spalle.
Sorride di nuovo:  « Vi siete trasferite da poco? »-chiede, molto probabilmente ha letto il mio luogo di nascita.
«In realtà è da un po' di anni che viviamo in Australia.  »-ricambio il sorriso: sembra una persona cordiale, il che mi tranquillizza, dato che sarà il maestro di Giulietta.

Stringo la mascella e afferro la cintura della sicurezza tra le dita, pronta a  scendere dalla macchina prima ancora che lo faccia Alex, sotto le lamentele di Ryan:
«Perché siamo ritornati indietro?»-evito le domande dei miei figli, per poi spalancare la portiera prima che la macchina si fermi del tutto nel parcheggio, ma vengo subito seguita dai gemelli, che iniziano a correre alle mie spalle a differenza di Alex, che continua a rimanere dentro l'auto con il suo telefono in mano.
Non capisco il suo atteggiamento, ma lo ringrazio mentalmente per darmi l'opportunità di affrontare Louis da sola: stringo le dita in due pugni e continuo a camminare a passo felpato verso il portone dell’appartamento dei miei genitori, alterandomi all'istante quando vedo le scarpe di Louis sullo zerbino, segno del fatto che è arrivato prima del previsto.
Approfitto del fatto che la porta è aperta per fare irruzione nel corridoio della piccola casa in cui sono cresciuta e in cui mi pento di aver accolto Louis.
«Che significa che è andata?!»-la voce stridula di Louis rimbomba nelle mie orecchie, ma ho modo di vederlo solo nel momento in cui arrivo in salone, seguita da Ryan e Noah, più spaventati dalla mia espressione che preoccupati dal mio modo di vedere quello che credevano essere loro padre.
Rimango impalata davanti a Louis, accorgendomi che si rivolge a mio padre con un tono talmente severo che non riesco a trattenermi e spalanco le labbra non appena nota la mia presenza:
«Fuori. Da. Questa. Casa.»-mi soffermo su ogni parola per fargli capire che ora so tutto quello che ha combinato e fatto passare ad Alex, mentre entrambi i miei genitori si alzano in piedi, stupiti dal mio tono e dalla smorfia di odio che ho in volto, ma Louis si limita ad aggrottare la fronte, guardandomi dal basso con lo sguardo serio di un  uomo che credevo di conoscere, ma che avrei fatto meglio tenere lontano dalla mia famiglia e da me stessa.

  Alex

Picchietto l'indice sul volante mentre affianco il telefono all'orecchio e guardo Clara allontanarsi dalla macchina a passo felpato, insieme ai gemelli che cercano di farsi spiegare il motivo della sua reazione.
A differenza di lei non odio quella faccia del cazzo più di quanto non lo abbia odiato in passato, anche dopo aver saputo che molto probabilmente è stato lui a denunciarmi, piuttosto che la sorella: ho sempre disprezzato Louis per il modo in cui mi ha sottratto Clara, portandola con sé in Italia, soprattutto con i miei figli in grembo.
Guardo i piccoli gemelli affrettarsi alle spalle della madre e non riesco a trattenere un sorriso al solo pensiero che presto avrò l'opportunità di stringerli tra le braccia, anche se non riuscirò ad accettare facilmente il fatto che non gli ho visti crescere per cinque anni di fila.
Maledico me stesso per non essere riuscito ad accorgermi io stesso di essere il loro padre, dalle provocazioni di Kate, ma anche dall’età dei ragazzini…

I miei figli.

Allargo il sorriso mentre guardo i loro ricci fare su e giù fino a quando non scompaiono dentro la casa di Clara, ma ritorno alla realtà quando sento mio padre rispondere dall'altra parte della linea.
«Alex.»-il tono della sua voce sembra tremare, ma do la colpa alla mancanza di segnale, affrettandomi a chiedergli sull’arrivo del detective:
«Dov’è Foster?»-mi schiarisco la voce, cercando di non pensare al fatto che a due passi da me c'è Louis e finalmente ho l’opportunità di spaccargli la faccia, ora che si è rivelato essere un malato mentale, peggio di quanto non lo era la sorella.
« L’abbiamo appena incontrato una aeroporto. Starà arrivando.»-dice con lo stesso tono, dopo che la sua risposta tardava ad arrivare.
L’idea che Louis possa stare davvero dietro la morte di Catherine inizia a farsi spazio nella mia testa e mi fa rabbrividire, ma allo stesso tempo mi rilassa, dato che lui era l’unico motivo per cui io e Clara non potevamo stare insieme.
«Figliolo, c’è qualcosa che devi sapere…»-mio padre riprende a parlare, per poi fermarsi subito dopo, prendendo un forte respiro.
Continuo a guardare verso il portone, decidendo di aspettare l'arrivo del detective australiano per intromettermi, prima di combinare qualcosa di cui mi pentirei subito dopo e che mi porterebbe di nuovo in prigione, ma raddrizzo la schiena e allontano il telefono dall’orecchio prima che mio padre concluda, quando vedo uscire Louis furioso dall'appartamento, mentre trascina i miei figli lontano dalla casa, stringendo i polsi di entrambi nell’esatto momento in cui Clara lo imita, seguendolo con le lacrime agli occhi e urlandogli di fermarsi da lontano.


Inst:   ana_kuqo_

Sei Mia, Ragazzina!  2 || ©Tutti i Diritti RiservatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora