Capitolo 15

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Vederlo felice a dieci centimetri dal mio corpo mi infastidisce al punto di costringere me stessa a trovare una soluzione il prima possibile, mentre fingo di continuare ad ascoltare le loro domande noiose e senza senso: mi sembra che in questo mezzo Alex non sia l'unico a non sapere nulla di come si dirige un'azienda di consumo, quindi continuo a mangiare in silenzio la zuppa troppo salata, sopportando gli occhi delle donne che mi lanciano occhiate strane, per poi sussurrare pettegolezzi tra di loro, e la puzza di fumo che arriva dalla mia destra.
Raddrizzo la schiena all'improvviso e spalanco le pupille quando l’uomo anziano alla mia destra prende una ciocca dei miei capelli tra le dita, approfittando della distrazione della maggior parte dei presenti.
Scatto la testa verso la sua direzione, mentre assumo mentalmente una smorfia di disgusto, per poi abbassare le sopracciglia e lasciarlo aprire bocca per parlare:  «Mi piacciono i capelli lunghi.»-mi trattengo dal vomitargli in faccia, mentre inizia ad arrotolare la mia ciocca bionda intorno all’indice, senza distogliere gli occhi dai miei.
Arrossisco violentemente per la sua sfacciataggine, pregando mentalmente che sua moglie intervenga, ma la giovane donna alle sue spalle fa finta di nulla e continua a chiacchierare senza tener il marito.
  Mi trattengo dallo schiaffeggiarli la mano lontano: voglio mettere in difficoltà Alex stasera, non fargli perdere i soci e il lavoro per davvero, quindi mi limito a ingoiare il gruppo alla gola e forzare un sorriso, che viene fuori come una smorfia a prescindere, mentre allungo il braccio sinistro verso la sedia di Alex di nascosto, cercando il suo braccio nel vuoto, per poi sprofondare le unghia nel suo bicipite.
Lo sento smettere di chiacchiere all’improvviso, il che mi aiuta a capire che ho attirato la sua attenzione.
Sento i suoi occhi addosso e spero si accorga della mia situazione prima che l'uomo di fronte a me continui a flirtare spudoratamente.
«Mi chiamo Jason Back, signorina … »-inizia a presentarsi, mentre cerco di non mostrare il mio disagio, anche se è già evidente dal colorito che hanno assunto le mie guance.
Lo interrompo prima che possa finire di presentarsi per ricordargli di essere, anche se solo in teoria, una donna sposata:
«Signora.»-lo correggo, schiarendomi la voce nell'esatto momento in cui Alex riprende a parlare, come se non si fosse accorto di nulla.
Stringo di nuovo le dita intorno al suo posto, supplicandolo mentalmente a intervenire, dato che, per quanto io mi allontani o distolga l'attenzione da questo anziano puzzolente di sigaretta scaduta, ho la sensazione che non mi lascerà in pace per il resto della serata.
Sento sbuffare alle mie spalle, mentre il profumo di Alex si fa  più forte, indicandomi che si sta avvicinando al mio orecchio.
«Certo.»-il vecchio allarga il sorriso alle mie parole, facendomi capire di aver ricevuto il messaggio, ma che non gli può importar di meno del fatto che sono maritata.
Rabbrividisco per il timore che possa andare oltre, mentre mi lancia una lunga occhiata furba in viso, per poi scendere sempre più in basso, fino ad arrivare al mio ventre, ma Alex non gli dà il tempo di andare oltre con i suoi occhi avidi e spaventosi: sento la sedia alle mie spalle strisciare per terra, facendomi sobbalzare, ma mi accorgo del fatto che Alex si è alzato in piedi solo quando passa affianco alla mia sedia, superandola.
Al suo gesto l'uomo distoglie gli occhi dalla mia figura, per posarli sul corpo di Alex, che si posiziona tra me e lui, costringendolo a lasciare i miei capelli, per poi abbassarsi alla sua altezza e voltarmi le spalle.
Se prima temevo di poter essere toccata dal socio malfamato di Tom, ora sono preoccupata che Alex possa agire d'impulso, quindi origlio attentamente le parole che sussurra in faccia all’uomo anziano, per non farsi sentire dagli altri soci, i quali si  iniziano a scambiare delle strane occhiate:
«Guardati intorno.»-dice all’uomo sotto di lui, mentre cerco di non guardare dalla sua parte per fissare le scapole in rilievo, che sembrano quasi sul punto di strappare la giacca che indossa:
«Tutto questo è mio. » - sottolinea l'ultima parola, quasi per fargli capire che è lui a dipendere da Alex e non viceversa: le sue parole sembrano volerlo minacciare, ma non intervengo lo stesso, sentendomi in colpa per avergli chiesto di venirmi in aiuto.
«Benvenuto al mio paradiso, ma sappi che ti posso fare fuori quando meno te lo aspetti.»- si sofferma su ogni parola con un tono talmente basso che mi fa venire i brividi, sentendomi minacciata al posto del pover’uomo che mi infastidiva poco fa.

… ti posso fare fuori quando meno te lo aspetti.

Il cuore mi sale in gola nel momento in cui pronuncia quelle parole: da quando sono tornata non ho mai visto in Alex un criminale, ma l'uomo con il quale ho condiviso un letto e  condivido due figli, anche se a sua insaputa, ma non come un uomo pericoloso da temere.
Per quanto sia impulsivo, violento e soprattutto appena uscito dal carcere, non penso che sia capace di fare fuori  un uomo. Non mi sono preoccupata del fatto che i miei figli si sono avvicinati a lui, anche se ha passato cinque anni in prigione.
Da quando ho messo piede a Roma ho minacciato tutti di non parlarmi di Alex e della fine che avesse fatto, ma John non è riuscito a trattenere il fatto che fosse stato imprigionato per aver collaborato con una gang.
Andrew ha insistito più volte per parlarmi, ma ho rifiutato di ascoltarlo, dicendogli che l’ultima cosa che avrei voluto da lui era non parlare ad Alex di me, di non dirgli che ero scappata con Louis o che vivevo in Italia.
Non volevo che avesse notizie di me, ma solo perché avevo pianificato sparire per lui e non vederlo mai più.
Ma mi ero dimenticata che ci fossimo sposati in comune due giorni prima che mandasse tutto a monte.
Lo vedo alzarsi in tutta la sua altezza, quindi alzo la testa per guardare dall'alto il suo collo largo, ringraziandolo mentalmente, anche se leggermente perplessa dal mio gesto: sono venuta qui per costringerlo a firmare i documenti del divorzio e per rovinargli la serata, qualora non lo facesse, ma mi è venuto spontaneo chiedergli di proteggermi non appena mi sono sentita in pericolo.
In Italia sono diventata più indipendente: a prescindere dal continuo aiuto di Louis, preferivo salvarmi da sola, ma quando sto vicino ad Alex mi sento così debole da non riconoscermi e desiderosa di sentirmi difesa da lui, come in passato.

Mi giro dalla parte di Alex con le pupille dilatate. Guardo il suo profilo contratto, ma non ho il coraggio di dire nulla.
Voglio chiedergli se sta bene, ma lo imito restando in silenzio.
All’improvviso si gira e si avvicina al mio volto con uno sguardo preoccupato.
La sua mano gigantesca si posa sotto il mio mento e sospirando in modo irregolare, lo rialza velocemente.
«Piccola, stai bene?»
Per un momento dimentico tutto: questa macchina, l’incidente, la festa. Nella mia testa si ripetono solo le parole uscite dalle sue labbra.
Sento un brivido percorrermi la schiena, mentre mi limito a fissarlo scioccata. Lascio infilare le sue dita tra i miei capelli, perdendomi.
Non mi accorgo che si è allontanato fino a quando non apre la portiera.
Piccola, stai bene?
Scuoto la testa e Alex esce dalla macchina a passi furiosi.
«Porca puttana, per poco non ci ammazzavi!»

Salto sul posto quando mi accorgo che le spalle di Alex si muovono per girarsi dalla mia parte, quindi mi preparo alla peggiore reazione da parte sua, delle parole che sicuramente mi serviranno per capire che non è più l'uomo che mi proteggeva come dieci anni fa.
«Alzati.»-si limita a dire, facendomi sbattere le palpebre più volte. Il suo tono sembra tutt'altro che arrabbiato o scocciato, il che mi stupisce tanto da seguire il suo ordine senza pensarci due volte.
Mi alzo in piedi, boccheggiando l'aria che porta il suo profumo, per lanciare una veloce occhiata al suo collo macchiato d'inchiostro, per poi distogliere immediatamente gli occhi quando alza il petto per prendere un forte respiro.
Non appena faccio come mi dice, allontana la mia sedia dal tavolo per prendere il mio posto: corrugo le sopracciglia, non capendo le sue intenzioni e attirando attenzione di alcuni dei suoi soci.
Lancio una veloce occhiata al vecchio che ha provato a sedurmi poco fa, il quale continua a fissare il piatto che si ritrova davanti, quindi allargo le pupille e spalanco le labbra quando capisco il motivo del gesto di Alex, mentre guardo la sedia vuota al suo fianco.
Leggermente titubante e imbarazzata, abbasso gli occhi e porto una ciocca di capelli dietro l’orecchio, per poi prendere posto alla sinistra di Alex, quando ha già divorato metà del mio piatto.
Lo spio di sottecchi, fissando la sua mandibola muoversi nel masticare il cibo che si ritrova davanti: una scia di brividi mi ripercorre tutta la spina dorsale non appena aggrotta la fronte, per poi portare tra le labbra lo stesso cucchiaio che fino a poco fa stava nella mia bocca.
Preme le labbra intorno alla posata, facendomi andare in iperventilazione, mentre davanti ai miei occhi appare la sua bocca che preme contro la mia, mentre la punta del suo naso preme contro la mia pelle e la sua barba graffia il mio mento in un modo che, al solo ricordo, mi fa portare il labbro inferiore tra i denti.
Mi riprendo e mi affretto a scuotere la testa quando Alex alza gli occhi dal piatto, ma subito dopo mi rendo conto che non sono stata io ad attirare la sua attenzione.
«Quali sono i suoi piani per quest'azienda?»- l'uomo seduto dall'altra parte del tavolo, di quattro posti più lontano da Alex, abbandona le posate, per poi poggiare i gomiti sul tavolo, dedicando tutta la sua attenzione all'uomo seduto al mio fianco.
«Clara, non mi fido di lui.»- le parole di Louis mi fanno alzare gli occhi al cielo per l'ennesima volta dal momento in cui gli ho rivelato di essermi ufficialmente sposata con Alex.
«È meglio così.»- cerco di convincere più me stessa che lui, mentre assomiglia gli occhi per studiarlo attentamente.
«Mi fido di te.»-inizia a dire con un sorriso: «Quando tornerai saremo una famiglia unita: io, tu e i nostri figli.»- conclude.
Le parole di Louis mi tornano in mente è non ci penso due volte prima di anticipare Alex.
«La prigione non gli ha dato modo di … »-inizio a dire senza riflettere, sicura che loro non sappiano nulla  di dove abbia passato gli scorsi cinque anni, ma sobbalzo e non ho il coraggio di fiatare quando Alex poggia la mano sulla mia coscia scoperta dallo spacco sotto il tavolo.
Un sussulto scappa dalle mie labbra, mentre spalanco gli occhi al suo gesto. Cerco di ritornare alla realtà e allontanare la sua mano, ma non appena afferro il suo posto, stringe le dita intorno alla mia coscia minuta, che mi pento di non aver nascosto per bene.
Ingoio un gemito per non attirare l'attenzione, stringendo i denti al parlare di Alex, che mantiene un espressione talmente seria da non destare sospetti della bufera che sta scatenando in me in questo momento.
«Sono un tipo a cui piace sorprendere …»- inizia a dire con un tono basso, ma qualcosa mi dice che quelle parole non sono rivolte solo all’uomo che gli ha rivolto la domanda: « ... e preferisco non esprimermi.»- conclude con una voce tanto roca che il cuore mi sale in gola, mentre fletto la gamba quando percepisco le dita gigantesche di Alex muoversi sulla mia pelle.
Il mio movimento scopre ancor di più la radice della mia coscia, senza che me ne accorga, ma Alex ne approfitta, mentre cerco di mantenere una postura il più possibile composta, sopportando la sua tortura e ripetendo mentalmente che non sarebbe mai capace di andare oltre, ma i suoi occhi spenti dicono il contrario e le sue dita si muovono verso il mio interno coscia:
«Ma sappi  che … »- faccio fatica a sentire le sue provocazioni, dato che  rumore dei miei ricordi supera alla gran lunga quello della voce di Alex.

Un improvviso calore che parte dal mio basso ventre mi fa avvampare e sentire un caldo improvviso mentre la pioggia diventa sempre più fitta, tanto che fatico a tenere gli occhi aperti.
Afferra il bordo della tuta del pigiama insieme all'orlo del mio intimo per sfilarli giù contemporaneamente, quindi decido di aiutarlo alzando il bacino e spingendolo contro la sua intimità.
Rimango quasi nuda sotto il suo sguardo indagatore, mentre raddrizza la schiena, seduto sulla mia intimità, e, in un gesto veloce, si sfila la maglia, mettendo completamente in mostra gli addominali gonfi, per aver appena finito l'allenamento.
Le gocce della pioggia percorrono rapidamente tutti i rilievi dei suoi muscoli e raggiungono lo spazio tra le mie cosce, bagnandomi il clitoride, ma il calore che mi fanno provare i suoi gesti supera il freddo che provo in questo momento.

Le sue dita iniziano ad accarezzare e strizzare la mia pelle, per poi avviarsi all'orlo del mio intimo lentamente, mentre il mio cervello smette di imporre ai miei ormoni di fermarsi.
Ho resistito cinque anni senza farmi toccare da nessuno: ho mantenuto a freno i miei impulsi sessuali anche con Louis al mio fianco che mi abbracciava la notte, ma a quest'uomo sono bastate quarantotto ore per indurmi in tentazione.
Raggiunge l'elastico delle mie mutande e lo sento attraversarlo con un dito, facendo contrarre i muscoli intorno al mio imene: «Se voglio una cosa...»-il tono della sua voce diventa talmente basso che mi sembra di soffocare a furia di ingoiare tutti i gemiti che mi scappano in questo istante.

Spalanco gli occhi all'improvviso, quando il suo pollice si avvicina sempre di più al suo obiettivo, ma non gli do il tempo di compiacersi che mi alzo immediatamente in piedi con gli occhi lucidi e le gambe tremante, volgendo le spalle al tavolo senza pensarci due volte, per poi decidere di avviarmi verso la porta il prima possibile, ma non prima di sentir uscire dalle labbra di Alex :

« … la ottengo.»

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