Capitolo 13. Punto di vista di Alex

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Alex

Allungo la mano verso uno dei soci di mio padre, il più anziano degli altri, ma allo stesso tempo il più furbo e malizioso. È accompagnato da una donna molto più giovane di lui di almeno una ventina di anni, ma non penso si tratti della moglie quanto di una delle amanti.
Ho sempre odiato mio padre per trattare con questi pedofili che passano più tempo con le minorenni, piuttosto che a impegnarsi per l'azienda.
Il mio sguardo rimane serio quando mi dà una pacca sulla spalla, per poi strizzarmi l'occhio e dire alla modella al suo fianco di allontanarsi.
Non capisco le sue intenzioni fino a quando non si affianca al mio corpo con una sigaretta e un sorriso malefico in volto: alza un braccio a mezz'aria, per poi muoverlo e indicarmi la gente che mi circonda intorno al tavolo.
«Guarda.»-la puzza della sigaretta mi fa capire che non è una semplice sigaretta, mentre entra nelle mie narici dopo anni di astinenza. Nascondo il fastidio che mi dà il suo atteggiamento da tipico vecchietto drogato del Bronx e lo lascio continuare a soffiare il fumo dal naso: «Tutto questo ... »-si sofferma sulle donne vestite in modo elegante, ma senza lasciare nulla all'immaginazione, per poi piegare un angolo della bocca verso l'alto, alzando il mento : «... è nostro.»-conclude, mentre le guarda intensamente, nonostante siano sedute affianco ai propri mariti.
«Benvenuto in paradiso. »-ride, per poi indicarmi di prendere posto affianco agli altri, mentre assumo una smorfia di disgusto. Non avrei mai immaginato di prendere il posto di mio padre un giorno, ma oggi ho costretto me stesso a indossare un papillon che mi mista facendo soffocare pur di non deluderlo.
Per la prima volta m'importa non deluderlo, solo dopo aver capito che era disposto a sacrificare tutto ciò che aveva per aiutarmi...
Ma questo lavoro non mi piace, come non sopporto questa gente viziata che puzza di denaro e che per il denaro è capace di fare qualsiasi cosa.
L'uomo mi indica di prendere posto al suo fianco, ma decido di fare di testa mia e lasciare una sedia vuota tra di noi, al che lo becco alzare un sopracciglio con la coda dell'occhio.
Trattengo l'istinto di sfogarmi e mi limito a stringere le mani in due pugni sotto il tavolo, ma mantengo la testa alta, passando gli occhi da un uomo all'altro, studiandoli come se potessi conoscerli solo guardandoli in faccia.
Non so cosa pensino di me: forse mi vedono come un giovane che possono aggirare come vogliono, ma non avrebbero tutti i torti. Non capisco un cazzo di economia o come tenere testa a degli uomini corrotti, stando a capo di un'azienda, ed è per questo che ho deciso di fidarmi di Ash. Porto una mano tra i capelli, già disordinati a furia di scompigliarli per la frustrazione, ma se Naily mi vedesse, in questo momento, mi costringerebbe a fermarmi.
Mentre aspetto l'arrivo dell'antipasto ripeto mentalmente la lista dei consigli su cui ha insistito mio padre, per poi pensare a un discorso breve e sensato da fare per attirare l'attenzione dei miei soci.
Prima ancora arrivo del cameriere, faccio per alzarmi in piedi, mentre sposto la sedia indietro con un bicchiere di champagne in mano, anche se mi sarebbe stato utile qualcosa di molto più forte.
Non appena raddrizzo la schiena e guardo dall'alto tutti gli imprenditori, una voce alle mie spalle attira la loro attenzione prima che sia io a farlo.
«Il traffico del Bronx è tremendo.»- mi volto di scatto verso l'entrata, imitando gli altri, mentre cerco di convincere me stesso che quella voce non appartenga a lei.
Ma non appena incrocio gli occhi chiari di Clara spalanco le labbra, sorpreso dalla sua presenza in questo ristorante.
Trattengo il respiro, senza riuscire a distogliere gli occhi dai suoi, mentre le sue labbra sono piegate in un sorriso tirato.
Qualcosa mi sfugge, ma non ci metto molto a capire che il suo arrivo non è stata una coincidenza.
La mia espressione passa da confusa a perplessa, mentre la guardo intensamente, come se in questo modo potessi sbirciare aldilà del tessuto leggero del vestito, ma poi serro la mascella quando noto lo straccio che ha addosso e che le lascia le spalle scoperte davanti agli occhi bramosi di tutti gli uomini che la guardano spietatamente.
Le mie pupille si dilatano, mentre percorro ogni centimetro del suo corpo minuto con gli occhi iniettati di sangue per la rabbia.
L'ultima volta che l'ho vista indossare un vestito provocante per uscire, le ho fatto capire chiaramente che preferissi vederla in pigiama.

«Sei uno stronzo, Alex! Come ti è venuto in mente...»- si precipita da me, sbattendomi contro il muro, mentre il suo respiro irregolare colpisce il mio volto.
«Ti è piaciuto?»-ringhia, portando le mani ai lati della mia testa.
«Che cosa?»-la mia domanda esce sottoforma di sussurro.
«Scopare con lui.»-la sua mascella si contrae, mentre io perdo il controllo a quelle parole e alzo una mano con l'intenzione di tirargli uno schiaffo, ma mi blocca.
Afferra il mio polso, stringendolo tra le sue dita e il muro affianco alla mia testa: faccio una smorfia di dolore, ma non è niente in confronto al male che mi sta facendosi questi pensieri su di me.
«Tu stai fuori di testa.»-dico, mentre sento le lacrime venirmi agli occhi.
«Ti eri messa quel vestitino per provocarlo...»-la sua non sembra una domanda, ma una conferma.
Faccio per dirgli di smetterla, ma porta la mano ai miei fianchi, facendomi perdere un battito.
«Ti ha guardato le gambe.»-aumenta la stretta intorno al mio polso, mentre le sue dita sfiorano la mia coscia.

Scuoto la testa velocemente, per poi lasciare il bicchiere sul tavolo e affrettarmi a raggiungerla a passo felpato prima che possa avvicinarsi per mettere in mostra la gamba attraverso il vestito.
Le sue pupille si allargano visibilmente, ma finge di non essere sorpresa e allarga il sorriso quando le prendo il braccio, stando attento a nascondere il mio gesto dagli occhi attenti di chi mi sta alle spalle.
«Che cazzo ci fai qui?!»-dico tra i denti, squadrandola dall'alto infastidito, ma la mia espressione non sembra intimorirla:
«Mi dispiace per il ritardo, amore.»-perdo all'istante la smorfia per guardarla seriamente, mentre una scia di brividi mi fa allentare la presa al suo gomito.
Sorride con una finta innocenza che mi fa andare fuori di testa, tanto che sospiro sul suo volto frustrato, mentre lei avanza verso il mio viso per incollare le labbra alla mia guancia in un gesto veloce.
Smetto di succhiare l'ossigeno al suo contatto, lasciando un gemito dalla bocca senza rendermene conto.
Si stacca dalla mia guancia con gli zigomi arrossiti, mentre cerco di riprendermi e non soffermarmi sulle sue labbra gonfie: «Che vuoi combinare?»- sussurro vicino al suo orecchio, stringendo di nuovo le dita intorno al suo braccio e aspettando che mi dia una giustificazione valida.
Mentre la attiro al mio corpo non posso fare a meno di annusare il suo profumo, per poi contorcere il viso disgustato, senza aspettare una risposta alla mia domanda: «Come diamine ti sei conciata?»-le parole mi escono con difficoltà perché, per quanto odi il modo in cui gli uomini alle mie spalle la fissano e per quanto mi manchi l'odore di fragola della sua pelle, dannazione, lei è bellissima.
Mi guarda delusa con le sue pupille giganti, mentre piega gli angoli della bocca verso il basso in un'espressione perplessa. Passo la lingua tra le labbra per umidificarle, sentendo la bocca asciutta e desiderando non averla di fronte in questo momento.
Abbassa gli occhi, ma cerco di non perdere il mio sguardo severo, per poi aggrottare la fronte quando mi accorgo che inizia a frugare nella borsa rapidamente, per poi premere le labbra tra di loro ed estrarre un fascicolo di documenti e una penna. Serro la mascella capendo immediatamente di cosa si tratti, mentre in me si scatena una guerra che cerco di non sfogare su di lei in questo esatto momento, soprattutto quando trova il contratto di guardarmi di nuovo negli occhi dal basso, per poi sbattere contro il mio petto i fogli, avvicinandosi sempre di più.
«Firma, se non vuoi che rovini questa serata.»- mi minaccia spudoratamente, facendomi alzare un sopracciglio. È talmente buffa che mi trattengo dal ridere, ma la sua espressione seria mi fa capire che è seria.
Cazzo! Più la guardo e più ho voglia di accontentarla per farla ritornare a casa sua, ma non lo farò.
È scappata con quel fottuto insegnante il giorno del nostro matrimonio, senza venire a guardarmi negli occhi e chiedermi spiegazioni.
Poteva urlarmi in faccia, schiaffeggiarmi, umiliarmi davanti a tutti per essermi lasciato ingannare da Catherine da rovinare il nostro giorno! Invece è scappata come una codarda, tra l'altro con uno sconosciuto che è riuscito a convincerla in un batter d'occhio.
È una bambina con l'aspetto di una donna cresciuta. Una ragazzina che odio con tutto me stesso.
Mi tremano le mani solo pensando al fatto che i gemelli siano figli di Louis: significa che si è lasciata scopare da lui. Si è lasciata toccare da quella faccia da schiaffi, mentre io aspettavo di rivederla da un giorno all'altro e cercavo di convincere mia sorella a parlarmi di lei.
La scena di Clara che apre le gambe a un altro uomo e si lascia guardare, godendo tra le sue braccia, si ripete nella mia testa dal momento in cui Naily ha pronunciato il nome di Louis.
«Non ti preoccupare, amore!»-alzo la voce per stare al suo gioco, ma senza abbandonare la mia smorfia, per poi alzare una mano e ingabbiare la sua mascella tra le dita, avvicinandola al mio viso con un gesto talmente rapido che si accorge delle mie intenzioni solo quando la costringo a premere la sua bocca contro la mia.
Un gemito strozzato di stupore le scappa contro le mie labbra, mentre fa per staccarsi, ma non le do il tempo di farlo che porto la stessa mano dietro la sua nuca, spingendo la sua testa forzatamente sulla mia bocca.
La bacio con foga, mentre poggia le mani minuscole sul mio petto, provocando la contrazione di ogni singola fibra muscolare dei miei pettorali. Smette di divincolarsi, mentre succhio le sue labbra per una frazione di secondo, per poi staccarmi da lei con un sorriso malizioso, fingendo di non capire quanto inciderà su di me questo cazzo di bacio.
Fingendo che domani, dopodomani e il giorno dopo ancora, non avrò la sensazione di avere la pelle delle sue labbra rossissime appiccicata a quella delle mie.
Le sue pupille dilatate e la sua espressione stupita e terrorizzata allo stesso tempo mi fanno quasi credere che lei si sia sentita allo stesso modo in cui mi sono sentito io.
Ma lei si è scocciata di me e dei miei baci da un bel po', prima ancora che accettasse di sposarmi o di perdonarmi per la questione di Catherine: vedeva in quella testa di cazzo quello che io vedevo in lei, altrimenti non mi spiego come lui sia riuscito a trascinarla con sé in Italia. Eppure me lo sentivo, sentivo che avessero tramato qualcosa. Quelle chiamate non potevano essere casuali, anche se pensavo che Clara fosse talmente cieca di me da non poter guardare nessun altro e ritenevo che fosse lui a infastidirla.

Louis.
Il suo nome illumina lo schermo è più la chiamata va avanti, più stringo i denti e contraggo la mascella.
Sposto gli occhi dal telefono a Clara lentamente e capisco di non essere l'unico a mantenere un segreto.
Chiudo la chiamata e lascio il sangue accumularsi nei miei occhi, mentre Andrew continua a chiamarmi dall'altra parte.
Non ci penso due volte prima di voltare le spalle a Clara e avviarmi verso il portone della casa:
«Alex, tutto apposto?»-porto il telefono vicino all'orecchio:
«Gli spaccherò la faccia davanti ai suoi alunni!»-dico e spengo il telefono prima che Andrew possa ribattere.

«Vedremo chi avrà la serata peggiore.»-sussurro di nuovo per poi farle l'occhiolino e portare una mano sulla sua spalla nuda, non dandole a vedere di essere tanto scosso quanto lei per ciò che è appena successo.
Spalanca ancora gli occhi e si trattiene palesemente dall'allontanarsi, mentre trascino la mano per tutta la lunghezza del suo braccio destro, per poi scendere sul dorso della sua mano tremante.
Non mi fermi quando noto i fogli bianchi caduti per terra e, stando attento a non farmi notare dai soci alle mie spalle.
Mi piego sulle ginocchia, passando la mano dalle sue dita alla pelle del suo fianco, scoperta da una lunga spaccatura del vestito.
Scendo sempre più in basso, lentamente, mentre la sua pelle diventa ruvida al mio tocco: nascondo la mia mano grazie alle larghe spalle, anche se l'attenzione della maggior parte dei presenti non è catturata dalla nostra presenza, dato il chiacchiericcio di fondo.
Allontana leggermente la gamba indietro, ma continuo a sfiorarla con la punta delle dita, mentre i suoi sospiri arrivano alle mie orecchie come un allarme per fermarmi prima di perdere il controllo al contatto con la sua pelle liscia.
Non appena raggiungo la sua caviglia la sento sussurrare con una voce strozzata dall'alto: «Stronzo!»-ma non si muove di un millimetro, mentre alzo un angolo della bocca soddisfatto, per poi afferrare i documenti del divorzio che tanto voleva consegnarmi.
Mi lancia una lunga occhiataccia per farmi credere che il mio tocco non abbia avuto alcun effetto su di lei, ma le sue guance, che vanno letteralmente a fuoco, e gli occhi luminosi dicono il contrario, mentre mi avvicino di nuovo al suo corpo, afferrandole il polso della mano con cui mantiene la borsa e infilando i fogli di nuovo all'interno della tasca da cui gli ha estratti.

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