Capitolo 22. Punto di vista di Alex

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Parcheggio la macchina al solito posto affianco al pioppo, con l'intenzione di arrivare nella mia camera il prima possibile: non so quando riuscirò ad abituarmi a questa vita monotona, ma ogni giorno sembra essere peggiore e più stancante del precedente.
In questo momento voglio solo sdraiarmi sul mio letto, prima che mi addormenti in macchina, ma, non appena metto un piede fuori dall'auto, la suoneria del telefono mi riporta alla realtà, quindi mi allungo per raggiungerlo sul sedile del passeggero, imprecando a bassa voce.
Corrugo le sopracciglia quando il nome di Andrew illumina lo schermo è non ci penso due volte prima di rispondere alla sua chiamata.
È da giorni che non ci parliamo, da quando sono uscito dal carcere, ma ora mi rendo conto di essermi completamente dimenticato completamente di aver un amico in Australia.
« Alex?»-chiede con un tono grave non appena apro la chiamata, come se volesse accertarsi che stia parlando con me.
Annuisco come se mi potesse vedere, per poi affrettarmi a chiedere: «Tutto apposto?»- senza nemmeno salutarlo: è passato molto tempo dall'ultima volta che l'ho visto, ma conosco bene Andrew da riuscire a capire il suo umore anche solo dal tono della sua voce.
«Non posso farmi beccare da John, ma ascoltami … »-abbassa di nuovo il tono della voce, per poi smettere di parlare, mentre attraverso lentamente il giardino di fronte alla villa, facendomi aggrottare di più la fronte  e spalancare gli occhi alle sue parole:
«Non dare il divorzio a Clara.»-fa in tempo a dire, come se mi stesse supplicando di seguire il suo consiglio, per poi interrompere la chiamata prima che possa replicare.

Non dare il divorzio a Clara.

Stringo le mani in due pugni senza accorgermene, mentre cerco di capire il significato delle sue parole.
Che gliene importa se mi separo da Clara o meno? Io e Andrew ci siamo conosciuti grazie a George e alla sua gang, ma è stato lui a salvarmi il culo più volte, fino a quando non abbiamo deciso di smettere con le cazzate e aprire un centro di tatuaggi insieme.
È stato sempre dalla mia parte e mi ha dato ragione anche quando avevo torto, ma non da quando è venuta fuori Clara: l'ha sempre difesa, dandomi del coglione ogni volta che la allontanavo da me.

«Dalle un altro po' di tempo, lasciala respirare.»- Andrew prova a convincermi, mentre tiro un altro pugno al sacco di fronte a me.
«Le ho dato tempo abbastanza!»-dico schietto e incazzato.
«Si deve ancora abituare al fatto che tu e Catherine siete amici.»-dice con tranquillità, ma non sa che io in questo momento sto impazzendo per colpa di quella mocciosa.
«Non posso aspettare, Andrew...»- e muoio dalla voglia di vederla ridere di nuovo, vorrei aggiungere, ma mi limito a sbuffare e sfogarmi con il masso di fronte a me.
Il coglione che mi ritrovo davanti mi ha suggerito di stare calmo e 'darle del tempo',ma è già tanto se non l'ho stuprata in piedi ieri sera quando l'ho vista con le gambe nude.
Tra l'altro finora non ha funzionato...
E poi Catherine continua a sembrarmi una giustificazione: non può essere incazzata con me solo perché ho un essere femminile per amica.
«Capisco che ti sta scoppiando il cazzo nelle mutande, ma pensa prima di fare qualche cazzata. Clara è una ragazza delicata.»-dice ovvio, mentre io guardo verso il basso in mezzo alle gambe.
Ma non sento solo il desiderio di toccarla, mi basterebbe anche vederla dormire al mio fianco, per svegliarmi con la sua testa all'incavo del mio collo.
Infatti ultimamente mi sono reso conto di quanto sia scomodo il nostro divano.

Ma le sue parole non sembrano essere dovute al bene che vuole a Clara, altrimenti non avrebbe temuto parlarmi di fronte a John.
Mi chiedo cosa c'entra quest'ultimo, ma non faccio in tempo a rispondere ai miei dubbi che mi sento allacciare il bacino da due braccia sottili.
Non appena mi accorgo che è solo mia figlia, mi rilasso e mi affretto a stringerla al mio addome, piegando le labbra verso l'alto, come se non la vedessi da anni.
«Sei stanco?»-chiede con una voce bassa, quasi stanca, per poi staccarsi e farmi spazio per avanzare verso le scale.
«A cosa devo tutta questa gentilezza?»- non rispondo alla sua domanda, mentre mi avvio verso il tavolo apparecchiato con una fame da lupi.
« Lo faccio ogni volta che torni a casa.»-ribatte perplessa, mentre mi imita e prende posto al mio fianco, fissandomi mentre divoro tutto ciò che trovo davanti.
«Lo fai ogni volta che vuoi convincermi di uscire.» - la correggo con la bocca piena, abbastanza serio da farle capire che non riuscirà ad avere il permesso.
«Posso uscire con Giusy?»- chiede, infatti, dopo un paio di secondi, ma non le do il tempo di finire che scuoto la testa, facendola sbuffare, quasi aspettandosi la mia reazione, per poi alzarsi di botto:
«Mi sono stancata!»-inizia a urlare, ma mi limito ad alzare gli occhi al cielo  e continuo a mangiare tranquillamente:« Non capisco perché devo chiedere il permesso a te. Non sei mio padre!»-alzo la testa di scatto per incenerirla con gli occhi, ma mi volta le spalle frustrata e scappa via rapidamente, senza darmi il tempo di riprenderla.
Non so quando avrò le palle per dirle che è mia figlia, ma più il tempo passa, più diventa testarda e … adolescente.
Non la lascerei mai uscire per le vie di questo quartiere di merda, non senza il mio controllo e senza che mi inizi a fidare di lei.
Avrei dovuto dirle la verità quando Catherine mi ha costretto a farlo, dato che ora sono completamente sicuro che non la prenderà bene.
Lancio la forchetta in mezzo al tavolo, mentre il mal di testa inizia a tormentarmi: questa casa mi fa soffocare, la gente che mi circonda mi fa soffocare e non vedo l’ora di trovare un po’ di tempo per sfogarmi in palestra.
La boxe è diventato il mio migliore amico in carcere e ho intenzione di sfruttarlo ancora per liberarmi dell'odio che si sta accumulando dentro di me.
Mi alzo dalla sedia, senza nemmeno mettermi a cercare mio padre per la casa: se non stanno già cenando significa che in casa ci sono solo io e mia figlia, e forse mia sorella, a meno che non stia con Clara.
Mi chiedo cosa stia facendo lei in questo momento, dato che è da giorni che non si fa vedere e non viene a rompermi il cazzo con i documenti del divorzio.
Il secondo giorno in cui non  l'ho vista ho cominciato a temere che fosse ritornata in Italia e in quel momento ho capito quanto mi piaceva vederla venirmi dietro e infastidirmi.
Ho pensato persino di parlare con Alberto per chiedergli che fine avesse fatto la figlia, ma ancor prima di farlo, l'ho beccata fissarmi dalla finestra con la coda dell’occhio.
Non sono riuscito a trattenere un sorriso, rilassandomi all'istante, come se mi fossi liberato di un peso, e dimenticandomi persino di quanto disprezzo quella donna.
Faccio un cenno con la testa a Kate non appena mi rendo conto della sua presenza, come se in questi cinque anni io e sua figlia fossimo vissuti insieme come una famiglia normale, come se non fossi stato imprigionato e come se sua figlia non mi avesse tradito con un altro uomo e lei fosse ancora mia suocera.
Persino lei sembra aver cambiato atteggiamento nei miei confronti: tutti mi guardano con più rispetto di prima, come se ora fossi più maturo e responsabile, quando in realtà sono stato imprigionato per aver ucciso uomini innocenti con una gang di criminali.
Eppure i genitori di Clara dovrebbero odiarmi e costringermi a firmare le carte del divorzio, piuttosto che aiutarmi a infastidire la figlia come ha fatto Alberto, dandomi il nome dell'avvocato con cui avrò a che fare e su cui ho trovato, con l'aiuto di mio padre, informazioni interessanti.
Faccio per raggiungere le scale, mentre passo una mano tra i capelli e mi godo gli attimi di silenzio chiudendo gli occhi, ma non arrivo al terzo gradino che il campanello segna l'arrivo di qualcuno alla porta.
Decido di avanzare e far finta di nulla, lasciando aprire il portone a una delle dipendenti, sicuro che non si possa trattare di altri se non di mia sorella o dei miei genitori.
«Alex è a casa?»-mi blocco ai miei passi nel riconoscere la vice di Clara, che chiede di me con un tono freddo e distaccato.
Raddrizzo la schiena  all'improvviso, per poi piegare un angolo della bocca verso l’alto, senza comunque voltarmi dalla sua parte: sapevo che non avrebbe potuto resistere a lungo e che sarebbe venuta da me presto, quindi assumo un'espressione soddisfatta e alzo il mento, mordendo istintivamente il labbro inferiore.
« Eccolo… »- Ines risponde prima che mi possa voltare dalla parte di Clara, mentre fisso le scale per un paio di secondi, pensando a come farla spazientire nel peggiore dei modi.
Non ci penso due volte prima di riprendere a salire, con l'intenzione di ignorarla del tutto e fingere che la sua presenza non mi faccia né caldo né freddo, anche se muoio dalla voglia di stuzzicarla e farla pentire di avermi lasciato per farsi fottere da quella testa di cazzo.
«Fermati!»- urla alle mie spalle, non appena si accorge della mia presenza, con un tono autoritario che mi costringe a trattenermi dal ridere.
Alzo un sopracciglio, mentre il rumore di suoi tacchi si fa sempre più vicino, ma non le do retta e continuo a camminare divertito, sentendola seguirmi fino a quando non raggiunge il mio fianco.
Mi sorpassa con il corpo minuto, mentre i miei occhi finiscono sui suoi capelli ondulati che si muovono su e giù sulla sua schiena e la lascio pararsi di fronte a me.
«Noi tre dobbiamo parlare.»-dice tra i denti, sollevando il braccio per puntarmi l'indice contro il petto.
Con la stessa smorfia fisso la sua mano sulla mia felpa, senza nemmeno ascoltarla, ma non appena si accorge del mio gesto, allontana l'indice come se avesse preso la scossa e i miei muscoli si rilassano.
Non tengo conto del suo corpo su un gradino più in alto, mentre fa per mostrarsi più alta e autoritaria, raddrizzandosi, ma senza riuscire a superare l'altezza del mio naso e apparendo talmente ridicola che non ci penso due volte prima di salire il gradino per portare a contatto i nostri corpi, al fine di intimorirla con la mia altezza.
Spalanca gli occhi quando porto il petto contro il suo viso e fa per salire all'indietro le scale e allontanarsi da me, ma i suoi tacchi non la aiutano dal momento che rischia di inciampare e finire con il fondoschiena per terra alle sue spalle.
Si affretta ad afferrare la mia camicia, stringendo il tessuto con entrambe le mani sui miei addominali, nell’esatto momento in cui mi abbasso per circondarle le spalle con un braccio e attirarla in avanti.
Mi pento immediatamente del mio gesto quando trovo il suo viso talmente vicino al mio che le sue labbra rossissime sfiorano le mie.
Cerco i suoi occhi a questa distanza, ma mantiene le palpebre chiuse con una smorfia contratta, come se non si fosse ancora resa conto che è tra le mie braccia, piuttosto che per terra.
La sua stretta aumenta tanto da farmi scappare un sospiro pesante e fottere il mio cervello per farmi smettere di ragionare lucidamente.
«  Ehm … »- il mio petto inizia a muoversi in alto e verso il basso con dei movimenti regolari, mentre passo la lingua tra le labbra, umidificando le sue senza rendermene conto, leggermente, ma tanto da scatenare nella mia bocca una tempesta nel ricordare il suo sapore.
« Ehm ... »-mi trattengo dall' alzare gli occhi al cielo quando sento qualcuno schiarisi la voce alle mie spalle, nell'esatto momento in cui la donna di fronte a me apre gli occhi di scatto.
Mi riprendo dal mio stato di trance e mi affretto a fare un passo in basso e voltare le spalle a Clara, lasciandola arrossire per l'imbarazzo quando si rende conto della nostra vicinanza, per poi imprecare mentalmente e dedicare la mia attenzione all'uomo di fronte a me.
Corrugo la fronte, senza riuscire a riconoscerlo, ma ringraziandolo mentalmente per avermi interrotto prima di fare una qualsiasi cazzata: allunga la mano nella mia direzione, dopo essersi aggiustato gli occhiali sul naso e fa per parlare e presentarsi, ma Clara lo anticipa alle mie spalle:
«Ti presento il mio avvocato.»-balbetta senza riuscire ad apparire soddisfatta, ma non mi volgo dalla sua parte per vedere la sua espressione, limitandomi a contrarre la mascella e spiegandomi il motivo per cui Clara è venuta da me stasera.
Il mal di testa  riprende a scocciarmi e diventa sempre più insopportabile, mentre, per un momento, mi dimentico di avere in mano questo imbecille corrotto, ma scuoto la testa quando mi rendo conto di starlo fissando, mentre sghignazza con un'espressione furba, passando gli occhi tra me e Clara:
«Avete ancora intenzione di divorziare, vero?»- continua a ridere, mentre abbassa di nuovo il braccio lungo il suo fianco, avendo capito che non ho per nulla intenzione di stringergli la mano.
«Il mio ufficio è da quella parte.»- sforzo un sorriso largo, mentre alzo il mento per indicare il corridoio al piano di sopra, pronto a rovinare la sua giornata e quella della donna alle mie spalle.

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