Capitolo 20

4.2K 172 13
                                    

Lascio l’azienda senza guardarmi né a desta né a sinistra, mentre trascino con me i gemelli, che stranamente continuano a rimanere in silenzio, persino Noah, ma senza smettere di lanciarmi continue occhiate.
«Entrate in macchina.»-dico con un filo di voce, ma Ryan punta un piede per terra, senza farsi prendere in braccio per aiutarlo a salire nella alta Jeep di mio padre.
«Quel tipo non mi piace.»-alza il mento e stringe le mani in due piccoli pugni, facendomi indietreggiare all'istante.
Capisco che si riferisce ad Alex dalla sua espressione arrabbiata, mentre stringe le labbra e abbassa le sopracciglia, ma le sue parole mi colpiscono.
«Perché?»-balbetto, spalancando lo sportello per invitarlo a entrare e cercando di capire perché mi dispiace così tanto che Ryan odi Alex: dovrei essere contenta della sua affermazione, almeno così convinco me stessa che ho fatto la scelta giusta nel decidere di non dire ai gemelli che il loro vero padre non è Louis.
Ma sento un inspiegabile peso nel petto, che cerco di nascondere portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio e schiarendomi la voce in attesa di una risposta da parte sua, ma era evidente che a mio figlio non piacesse la compagnia di Alex, era palese quandogli ha urlato contro per proteggere Noah alla villa e anche quando siamo usciti con Jessica e Ash.
E anche Alex sembra infastidito da entrambi i gemelli, ma sono sicura che gli odierebbe ancor di più se sapesse che sono suoi figli: potrebbe appropriarsi di loro per vendicarsi e poi chiuderli in un orfanotrofio come ha fatto con Giulietta, che ci sarebbe rimasta se non fosse stato per Clelia.
«Perché stavate per giocare a scacchi.»-spiega con una voce bassa, facendomi spalancare gli occhi e dilatare le narici.
Sento le guance andare in fiamme davanti a mio figlio, ma non mi dà il tempo di ribattere che si affretta a entrare in macchina e sbattere la portiera con il muso lungo.
Mi schiaffeggio mentalmente per essermi avvicinata ad Alex in quel modo davanti ai miei figli, temendo che possano parlarne con Louis, che sicuramente non la prenderebbe bene se sapesse che stavo sul punto di baciare l'uomo che avevo intenzione di sposare cinque anni fa.
Imito Ryan senza aprire bocca, per poi stringere il volante e iniziare a fissare la strada di fronte a me, senza sapere dove indirizzarmi.
Non so se essere contenta o meno della mia scelta, ma fare ricorso a un divorzio giudiziale  ha i suoi lati negativi, tra cui quello di aumentare il numero dei giorni che devo trascorrere nel Bronx.
Prendo un forte respiro, per poi accendere la macchina e indirizzarmi alla villa, lanciando gli occhi ogni tanto verso il telefono e pensando che sia giunta ora di iniziare a confessare tutto a Louis.
Porto il labbro inferiore tra i denti e assumo una smorfia di fastidio quando mi accorgo in che casino mi trovo, con il mio futuro marito che aspetta il mio ritorno il prima possibile e il primario che si è fidato di me.
E poi c'è Alex che mi sta tormentando al punto di diventare una vera minaccia: comincio ad avere paura di lui e del suo atteggiamento.
Non sono riuscita a muovere un ciglio per fermarlo quando mi ha guardata in quel modo poco fa e sembrava tanto sincero che il mio cuore si sarebbe fermato se non avesse cambiato espressione, rivelandosi per quello che davvero è.
Ci sei già riuscita…
È stato lui a ingannarmi, ma continua a fare la vittima come se davvero un tempo fosse innamorato di me.
Avrei dovuto rinfacciarli di smetterla di guardarmi in quel modo, come se un giorno prima del nostro matrimonio non avesse fatto sesso con Catherine, invece di dimostrarmi di nuovo debole di fronte a lui.
Appena parcheggio l'auto allungo la mano verso il telefono senza pensarci due volte, ma non per chiamare Louis o l'ospedale, come dovrei urgentemente fare, ma a digitare il numero della segreteria del Tribunale più vicino, per fidarmi dell'avvocato migliore di New York, cercando prima di intimorire Alex per fargli capire quanto sono seria, ma se non funziona non posso fare a meno di ricorrere a un giudice.
Al terzo squillo la voce formale della segretaria mi risveglia dai miei pensieri, facendomi capire che sto davvero intraprendendo questa strada.
Prendo un forte respiro, per poi annuire alle sue parole, come se potesse vedermi davvero:
«Vorrei parlare con l'avvocato Adam Watson, è una questione urgente.»- mi limito a dire, consapevole del fatto che non sarà così semplice trovarlo libero, soprattutto trattandosi dell'avvocato più pagato e voluto a New York, ma insisto lo stesso, anche quando mi informa che non è disponibile al momento.
«Mi può dare il suo nome?»- chiede dopo un paio di secondi di silenzio, mentre sento i gemelli uscire dalla macchina, sbattendo lo sportello alle spalle.
Mi sforzo di essere paziente e la accontento, ma mi spazientisco quando mi accorgo che non voleva solo il nome e comincia a chiedermi informazioni private a raffica, mentre il ticchettio dall'altra parte della linea mi fa capire che sta digitando le mie risposte sul computer.
«Tra un paio di minuti le faremo avere il suo numero. »- rimango perplessa alle sue parole, avendo aspettato di parlare piuttosto all'avvocato, ma mi limito a spegnere la chiamata senza nemmeno salutarla.
Mi assicuro che Noah e Ryan siano entrati a casa per poi gettare la testa indietro sul sedile, facendo della macchina un rifugio momentaneo.

Sei Mia, Ragazzina!  2 || ©Tutti i Diritti RiservatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora