Capitolo 40

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Canzone consigliata per il capitolo
"Waves, Dean Lewis"

Apro lentamente gli occhi, sbattendo faticosamente le palpebre che sono appiccate fra loro.
Mi rigiro sulla schiena, sentendo una superficie dura e fredda sotto di me.
Mi metto a sedere con cautela, e man mano che i miei occhi si abituano al buio pesto della casa mi rendo conto di essere sul pavimento.

Mi passo le mani sul viso stanco.
Ieri sera devo essermi addormentata piangendo, di fatti le mie guance sono ancora umide.

Con uno scatto calcio via quella maledetta scatola marrone che è riuscita a rovinarmi.
Faccio qualche passo traballante fino alla cucina, dove prendo un bicchiere d'acqua.

Chiudo gli occhi mentre sento il liquido fresco scendermi giù per la gola.
Non appena finisco riempio subito un altro bicchiere, nelle ultime ore devo essermi disidratata parecchio, e ora il mio corpo mi supplica di introdurre qualcosa per compensare le lacrime versate.

Scosto la tendina della finestra che da sulla strada, e vedo che il sole non è ancora sorto.
Le luci delle altre case sono tutte spente, le macchine parcheggiate fuori da esse.
I marciapiedi sono vuoti, come anche le strade. Gli alberi non si muovono, e nemmeno le foglie che giacciono sull'erba.
Tutto sembra essere così fermo ed immobile.

Il cielo è grigiastro, cupo, come se da un momento all'altro le nuvole che lo ricoprono potessero scatenare un temporale.

Oggi mi sento esattamente come il cielo.
Il mio viso è spento, privo di emozioni, e i miei occhi gonfi minacciano di lasciarsi sfuggire qualche lacrima.

Questo silenzio agghiacciante che aleggia nell'aria è interrotto solamente dal rumore severo delle lancette dell'orologio, che segna le 5:44 del mattino.

Oggi a scuola non sarà una giornata facile.
Cosa potrei dire a Shawn, o a Madison, a Nash, a Sam se mi dovessero chiedere spiegazioni?

In che modo potrei rispondere alle loro domande? Che motivo plausibile potrei dar loro?

"Scusate ma devo dare al mio patrigno qualcosa che non ricordo nemmeno di avere,e se non lo farò lui vi ucciderà tutti! Per cui non siamo più amici, ma è per il vostro bene! Ciao ciao."

Scuoto la testa frustrata e scaglio il bicchiere che prima tenevo fra le mani contro al muro della cucina, osservandone poi tutti i pezzettini sparsi a terra.

Raggiro i vetri e percorro le scale di legno, che scricchiolano sotto al mio peso.
Non mi prendo nemmeno la briga di accendere le luci, i miei occhi si sono già abituati al buio.

Apro il mobiletto del bagno e prendo un farmaco nella speranza di sopprimere questo mal di testa che mi perseguita da ieri.

Mando giù la pillola nel momento esatto in cui una fitta colpisce senza alcuna pietà le mie tempie, facendomi piegare le ginocchia dal dolore.
Rimango atterra qualche secondo con le dita premute sulla fronte, fino a che il male non si affievolisce, permettendomi di ricominciare a respirare.
Non mi ero resa conto di star trattenendo il fiato.

Mi rialzo per sistemare la scatola di antidolorifici, e nel farlo il cellulare mi cade dalla tasca dei jeans.

Lo fissò per qualche secondo dall'alto, notando lo schermo illuminato che segnala svariate notifiche.
Lo raccolgo un po' incerta, e mi siedo sul materasso del letto per leggere i vari messaggi.

La forte luminosità dello schermo mi costringe a chiudere gli occhi di scatto, e mi ci vogliono alcuni secondi per riuscire a tenerli aperti senza fare fatica.

~Perfectly Wrong~ S.M.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora