Capitolo 44

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Continuo a guardare e riguardare il piccolo affarino rosso dal contenuto misterioso.
Lo tengo nel pugno destro, poi nel sinistro.
Lo faccio ruotare.
Prima avanti, poi indietro.

Per un istante mi balena nella mente l'idea di infilare la chiavetta nel pc, e vedere cosa c'è dentro.
Vedere cos'ha fatto David per tutti questi anni.
In quali affari loschi è immischiato.

Ma non sono così sicura di volerlo sapere. So che è uno stronzo, un pezzo di merda.
E questo mi basta e mi avanza.

Oramai ho i minuti contati, e le possibilità sono due.
Di solito quando le possibilità sono solo due, come in una verifica, è un buon segno. Vuol dire che abbiamo solo il 50% di possibilità di sbagliare.
Per l'altro 50% potremmo azzeccarci.

Peccato che qua non si parli di un buon o cattivo voto, ma la vita o la morte mia e dei miei amici.
Potrei fare la scelta giusta, e tenere le persone a me care fuori da questa questione che non li riguarda.
O potrei fare la scelta sbagliata, e condannarli ad un terribile destino che non si meritano.

Faccio qualche passo per la stanza, giusto per sgranchire le gambe stanche e pesanti.
Il mio stomaco emette un borbottio, non ricordo nemmeno l'ultima volta che ho mangiato.

Riesco a sentire le gocce pesanti di pioggia sbattere senza timore contro i vetri della finestra.
Fuori sembra che ci sia il diluvio universale.
Una folata di vento solleva le foglie e la sporcizia che occupano la strada, scaraventandole per aria.
Un signore armeggia con l'ombrello con difficoltà, ritrovandosi quasi a lottare contro la forza del vento.
Dall'altra parte della strada una macchina con all'interno una giovane donna e due bambini procede a passo d'uomo, mentre i tergicristalli si muovono senza sosta sul parabrezza per eliminare le tracce d'acqua.

Potrei rimanere qua ad osservare le persone per ore.
Vedere come il mondo stia andando avanti, come la gente continui a vivere normalmente mentre la mia vita si sta sgretolando è affascinante e spaventoso allo stesso tempo.
La gente che mi guarda da fuori potrebbe pensare che io sia una ragazza qualsiasi, che vive con una famiglia qualsiasi, in una casa qualsiasi.
Ma loro non hanno la minima idea di cosa stia passando.
E io non ho la minima idea di cosa loro stiano passando.

Riporto l'attenzione sulla macchina, e l'immagine della piccola famiglia felice viene offuscata dall'espressione severa della donna al volante, lo sguardo serio, di rimprovero, e i bambini dietro spaventati, i pollici stretti fra i denti.

Nel frattempo noto che il signore ha gettato l'ombrello ormai rotto in un cestino, e volge lo sguardo al cielo in modo teatrale.
Ha la fronte corrugata, e si passa una mano sul viso. Non so se si stia asciugando le gocce di acqua piovana o le lacrime.

Forse anche per loro questa è una brutta giornata, forse anche la loro vita è incasinata.

Scuoto la testa per risvegliarmi dai miei pensieri, richiudo velocemente la tendina e mi dirigo a passo spedito verso il comodino.
Le dita quasi tremano mentre digito il messaggio.

"Ce l'ho"

Ributto il cellulare sul letto, e inizio a mangiarmi le unghie.
L'ho fatto, ora non si torna più indietro.

Spalanco le ante dell'armadio e tiro fuori le prime cose che capitano, ovvero un paio di pantaloni della tuta e una felpona grigia.
Mi vesto velocemente, fissando assiduamente il telefono.
Quando vibra quasi inciampo nel tappeto.

~Perfectly Wrong~ S.M.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora