Io e Burrows non ci rivolgiamo più la parola.
Neppure il giorno seguente, quando mi preparo ad uscire dalla camera, mi pone qualche domanda o qualche commento sprezzante sulla mia presunta instabilità mentale; in verità, non mi degna neppure di una semplice occhiata, quasi fossi invisibile, ma io non me ne faccio un cruccio personale: non ho tempo da perdere con lui, non ho voglia di litigare, voglio solo vedere Theodore e sapere che non mi devo preoccupare delle sue condizioni fisiche.
Voglio solo abbracciarlo, stringerlo a me, sentire la consistenza del suo corpo e respirare il profumo della sua pelle; ma non appena arrivo a Sona, riuscendo finalmente ad ottenere il permesso di far visita al mio uomo, mi scontro con un altro ostacolo di cui ignoravo completamente l'esistenza: a Sona non esiste una stanza per le visite, come in qualunque altra prigione.
Gl'incontri avvengono all'aperto, in un cortile, sotto lo sguardo vigile delle sentinelle appostate nelle quattro torrette di sorveglianza: l'alta recinzione, che percorre il perimetro dell'edificio, impedisce un contatto diretto, e come se ciò non fosse già abbastanza doloroso, dalla mia parte c'è una balaustra di ferro che non mi permette di avvicinarmi agli anelli metallici.
In poche e semplici parole, ogni contatto fisico e diretto tra i detenuti ed i loro visitatori è vietato; ed ogni trasgressione è sicuramente punita severamente: so per certo che se provassi ad allungare una mano, rischierei di beccarmi una pallottola in corpo, proprio come è quasi accaduto a Fox River durante uno dei miei primi incontri con Teddy.
Mi stringo nelle spalle, in attesa di vederlo arrivare, e quando lo vedo uscire da una porta metallica che si richiude immediatamente alle sue spalle, il mio cuore perde un paio di battiti per diversi motivi.
Non si tratta solo dell'emozione di rivederlo.
Non sta bene.
Mi basta una sola occhiata per capire che non sta affatto bene; anche se è passato pochissimo tempo dall'ultima volta in cui ci siamo visti, il suo viso sembra essere molto più magro e sciupato, e si trova nelle stesse condizioni della camicia e del paio di pantaloni che indossa: sporco di terra e di sudore.
Attraversa il cortine a capo chino, si ferma davanti alla rete metallica e solo allora solleva il viso e mi guarda negli occhi, restando in silenzio.
Anche il suo sguardo è completamente cambiato, non è più vacuo e lontano, ma attento e presente, segno che la sbronza si sta trasformando in un lontano e spiacevole ricordo, tuttavia preferisco rivolgergli una domanda generica, proprio per testare la sua lucidità.
"Ehi..." mormoro, schiarendomi la gola, spostando il peso del corpo da un piede all'altro "come stai?"
"Si può sapere che cazzo sei venuta a fare qua?" mi domanda, a sua volta, rivolgendo lo sguardo altrove, appoggiandosi alla recinzione con la spalla sinistra; le sue parole, fredde ed inaspettate, mi gelano il sangue nelle vene e sono costretta a deglutire, prima di fare un secondo tentativo.
"Perché dici così?"
"Dovresti saperlo molto bene. Allora, si può sapere che cazzo sei venuta a fare qua?"
"Sei stato tu a chiamarmi" dico, ripercorrendo a voce quello che è accaduto negli ultimi giorni "hai detto che avevi bisogno di me, che dovevo venire subito a Panama o avresti potuto fare qualcosa di stupido, e quando sono arrivata all'hotel in cui alloggiavi, ti ho trovato completamente sbronzo nella vasca del bagno. Mi sono presa cura di te e poi... Poi sei sparito senza dire una sola parola, ho trovato un biglietto con un indirizzo, sono andata alla centrale di polizia e mi hanno detto che eri stato trasferito qui... Non ricordi davvero nulla di tutto questo?".
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Livin' On A Prayer; Prison Break (✔️)
FanfictionSECONDO LIBRO. "Un sogno non può durare per sempre. Arriva per tutti il momento di svegliarsi e di fare i conti con la realtà. E quel momento, purtroppo, è arrivato anche per me". Dopo due sole settimane, Nicole ritorna a Chicago portando con sé i s...