Il mio peggior incubo assume una forma concreta al momento del mio risveglio: quando apro gli occhi, infatti, anziché vedere il mio uomo, trovo un posto vuoto affianco a me.
"Teddy? Teddy, dove sei?" domando, alzandomi dal letto, mi rivesto velocemente e lo cerco prima in terrazza e poi in bagno, ottenendo lo stesso risultato: non c'è da nessuna parte, sembra essere sparito senza aver lasciato alcuna traccia, ed il panico si fa subito strada in me.
Dove è andato?
Perché non è qui?
Si è cacciato in qualche guaio?
Trovo in parte risposta a queste domande nel momento in cui esco dal bagno, e noto un foglietto abbandonato sopra al materasso, che prima ho completamente ignorato; lo prendo in mano e leggo a bassa voce le poche righe scritte con l'inchiostro nero: 312 Olivera Ave., Secondo Piano- Porta Rossa.
Ripenso subito al giorno prima, allo strano discorso di Teddy su un misterioso uomo che gli avrebbe affidato una missione da svolgere, alle due pistole ed al foglietto che avrebbe ricevuto: adesso che ho tra le mani proprio il pezzo di carta, la sua storia non mi sembra più così assurda.
Sta andando incontro all'ennesimo guaio, ed io devo impedirlo in qualunque modo, prima che i nostri piani per un futuro insieme svaniscano definitivamente.
Mi precipito alla porta, abbasso la maniglia e mi trovo costretta a fare i conti con una spiacevole sorpresa: non posso uscire dalla stanza perché è chiusa a chiave.
Non perdo neppure tempo a cercare la chiave nella camera da letto perché è chiaro che la porta è stata chiusa dall'esterno da qualcuno, e quel qualcuno non può che essere Theodore; per un momento mi chiedo per quale motivo lo abbia fatto, e riesco a trovare una sola risposta alla mia stessa domanda: probabilmente non mi ha svegliata e mi ha chiusa qui dentro per proteggermi, per non mettere in pericolo la mia vita.
Ma così facendo, sta rischiando la sua ancora una volta.
Potrei battere i pugni contro il legno e gridare, nella speranza di essere sentita da una donna delle pulizie, ma rischierei di perdere altro tempo prezioso, e così opto per una soluzione più rapida, ma terribilmente stupida, pericolosa ed immatura: sistemo lo zaino, che ho portato con me, sulle spalle, esco in terrazza, scavalco la balaustra di metallo e mi aggrappo alla tubatura dell'acqua, che scende fino al terreno.
Lentamente mi lascio scivolare, rafforzando la presa attorno al tubo, con le suole delle scarpe ben piantate sulla facciata dell'hotel; non guardo mai verso il basso, per paura di avere un attacco di vertici e perdere la presa sul mio unico sostegno, e quando i miei piedi toccano l'erba del giardino, sono costretta a prendere un paio di profondi respiri perché le gambe mi tremano come gelatina, ma non appena ritorno padrona del mio corpo, corro in strada alla ricerca del 312 di Olivera Ave.
Trovare l'indirizzo si rivela un'impresa molto più semplice di quello che pensavo, non devo neppure chiedere informazioni sforzandomi di parlare uno stentato spagnolo, perché vengo subito attirata da una consistente folla radunata attorno ad un imponente edificio, che corrisponde proprio a ciò che è scritto nel foglio che ancora stringo nella mano destra.
Mi faccio strada tra la marea di curiosi per avvicinarmi il più possibile al nastro, giallo fosforescente, della polizia, appena in tempo per vedere due uomini della scientifica uscire da una porta rossa (la stessa porta rossa citata nel messaggio) e reggere una barella su cui è adagiato un cadavere coperto da un lenzuolo bianco; sento il sangue ghiacciarsi nelle vene perché i miei pensieri vanno immediatamente a Theodore ed immagino il peggiore degli scenari: non è riuscito a portare a termine la missione che gli è stata affidata e lo hanno freddato con un colpo di pistola alla testa.
Prima che qualcuno abbia la prontezza di fermarmi, scavalco il nastro giallo e mi avvicino alla barella, sotto lo sguardo incredulo di tutti i presenti, sollevo il lenzuolo bianco e ciò che si presenta davanti ai miei occhi mi strappa un piccolo grido d'orrore: il corpo non appartiene a Teddy, ma ad una donna portoricana con la gola squarciata da orecchio ad orecchio.
Retrocedo di qualche passo e porto entrambe le mani alla bocca, cercando di calmarmi e di riprendere fiato.
Il mio uomo è ancora vivo, e questo pensiero mi fa sentire più sollevata, ma quella povera ragazza è stata uccisa da lui senza un apparente motivo.
Ormai, mi basta un semplice sguardo per riconoscere il suo personale tocco.
Scappo dalla scena del crimine evitando, così, di essere fermata da qualche agente e di essere tempestata di domande riguardo al mio bizzarro comportamento, e questa volta sono costretta a chiedere informazioni, supplicando a mani congiunte diversi passanti di dirmi come posso raggiungere la stazione di polizia di Panama City, perché ho il terribile e quasi certo sospetto che troverò Theodore lì dentro.
Ma la mia sensazione, purtroppo, si rivela completamente errata.
Quando arrivo alla stazione, infatti, non c'è traccia di lui tra gli uomini rinchiusi nella cella in comune, ma non sono intenzionata ad arrendermi senza aver ottenuto informazioni su dove si trovi il mio uomo in questo preciso istante; parlo con alcuni uomini in divisa, fornendo una descrizione fisica accurata di Teddy, gesticolando perfino, ma mi scontro di nuovo con una barriera insormontabile: la lingua.
Non capiscono o fanno finta di non capire ciò che dico.
Mi afferro delle ciocche di capelli, stringendoli con forza, e scoppio in lacrime, sentendomi vicina ad un esaurimento nervoso.
Una ragazza, impietosita dal mio pianto, si fa avanti e si offre di farmi da interprete, a patto che mi calmi e che ritorni in me; annuisco, cercando di fermare il flusso di lacrime, ripeto ciò che ho cercato di spiegare alla guardia, dicendole che si tratta di una questione della massima urgenza, e lei traduce parola per parola in spagnolo, ricevendo finalmente una risposta.
"Dice che l'uomo che stai cercando è stato qui fino ad un paio di ore fa. Adesso è stato trasferito a Sona"
"Sona?" domando, senza capire "e si può sapere che diavolo è Sona?".
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Livin' On A Prayer; Prison Break (✔️)
FanficSECONDO LIBRO. "Un sogno non può durare per sempre. Arriva per tutti il momento di svegliarsi e di fare i conti con la realtà. E quel momento, purtroppo, è arrivato anche per me". Dopo due sole settimane, Nicole ritorna a Chicago portando con sé i s...