HELL IS A PLACE ON EARTH; PARTE UNO (T-BAG)

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Raggiungo il giovane uomo seduto all'ombra di un porticato, che continua a rigirarsi un origami di carta a forma di gru tra le mani; appoggio la schiena ad un pilastro di cemento e gli rivolgo un ampio sorriso.

"È da un po' che ti sto osservando" commento, continuando a sorridere "ti ostini sempre a giocare da solo, dolcezza?".

Michael distoglie gli occhi dal foglietto ripiegato e mi rivolge un ghigno appena abbozzato, seguito da una battutina.

"Come va con i postumi della sbronza?"

"Ormai è acqua passata, ci vuole ben altro per mettermi al tappeto" rispondo, evitando accuratamente di fare cenno al mal di testa che ancora non vuole saperne di darmi tregua, né di giorno né di notte; di notte, se possibile, è ancora peggio perché nel silenzio rimbomba con la stessa forza molesta di un trapano pneumatico "allora?"

"Allora cosa?"

"Io ho risposto alla tua domanda, dolcezza, dovresti fare lo stesso anche tu. Mammina non ti ha mai insegnato che è maleducazione non rispondere alle persone?"

"Se il punto delle questione sono i cinque milioni di dollari, faresti meglio a dimenticarteli perché sono diventati cibo per pesci insieme allo zaino che li conteneva. Non per mia scelta, ovviamente" commenta Michael, spiazzandomi totalmente: chi può essere così pazzo da gettare a puttane uno zaino pieno di dollari verdi e fruscianti? "però dovresti ritenerti fortunato, visto che sei l'unico che è riuscito a spendere una parte del bottino di Westmoreland, anche se per un breve lasso di tempo"

"Tutto ciò mi addolora profondamente, ma stai continuando ad evitare la mia domanda. Perché ti ostini a giocare da solo? Non hai ancora capito che quando si finisce al fresco, è sempre saggio avere qualcuno che ti copre le spalle?"

"E si può sapere per quale motivo stai facendo questo discorso a me? Mi sembra che tu sia già riuscito ad integrarti in un gruppo" dice il piccolo Michelangelo, continuando a stuzzicarmi, a quanto pare non ha ancora compreso che non bisogna mai tirare troppo la corda, perché questa prima o poi è destinata a spezzarsi "a proposito, non dovresti essere in compagnia del tuo Patròn? O questa è la tua ora libera?"

"Ricordi quando ti ho detto di essere in possesso d'informazioni estremamente importanti?"

"Intendi poco prima che ti lasciassi agonizzante in quella catapecchia nella giungla?"

"Stai attento, Michael" ringhio a denti stretti, perché questo giochetto sta iniziando seriamente a stancarmi "la mia pazienza ha un limite e sta per essere raggiunto. A Panama sono stato contattato da un uomo che mi ha offerto un lavoro molto vantaggioso: se riuscivo a portarti dentro quell'edificio, avrei avuto in cambio la libertà. Ha voluto che ti portassi proprio in quella parte di Panama City, in modo che finissi proprio in questa prigione. Perché? Per quale motivo? Che cosa stai combinando? In che cosa sei rimasto coinvolto questa volta?"

"Non sono affari che ti riguardano, T-Bag, ho già abbastanza problemi di cui occuparmi" taglia corto Michael, stroncando la mia lunga serie di domande; per un istante, i suoi occhi guardando qualcosa alle mie spalle, ed io riesco a girarmi in tempo per capire a chi si sta riferendo il piccolo genietto: la fonte della sua preoccupazione, a quanto pare, è un americano arrivato in contemporanea a noi, di cui ignoro completamente l'identità.

L'unica cosa che so per certo è che non se la sta passando molto bene, come testimoniano i capelli arruffati, lo sguardo stralunato e le guance ricoperte da una barba incolta.

"Ma guarda, guarda..." mormoro con un sorriso compiaciuto, perché questa volta è il mio turno di scoccare una frecciatina "a quanto pare non sei in grado di farti degli amici, ma non hai alcun problema a circondarti di nemici. Chi è quell'uomo?"

Livin' On A Prayer; Prison Break (✔️)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora