1. 𝘿𝙖𝙡𝙡𝙖 𝙩𝙪𝙖 𝙥𝙖𝙧𝙩𝙚.

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Dicevamo...
Giordana, Giordana, Giordana.
Ho avuto questo nome in testa per settimane intere.
Il sabato ormai era davvero il mio giorno preferito, la vedevo in tv, la sentivo cantare.
Non ho mai avuto interesse nei confronti di una ragazza, eppure lei mi attirava troppo.
Il mio viso si colorava di rosso quando sentivo la sua voce, quando la vedevo sorridere.

Non mi sentivo cosí presa da qualcuno da anni, sembrava d'esser tornata alle mie cotte adolescenziali.
Avrei dato qualsiasi cosa per poterci parlare 2 minuti, anche se probabilmente sarei svenuta.
Poi quell'accento Romano, era la goccia che faceva traboccare il vaso.
Sorridevo come un'ebete davanti ad uno schermo, urlavo, cantavo, avevo imparato quei due inediti come l'ave maria.
Ne parlavo con chiunque, tiravo in ballo Giordana in discorsi dove non c'entrava nulla.
Ma io volevo parlare di lei, volevo dire al mondo che quella ragazza era un portento.

Furono mesi veramente meravigliosi, mi sentivo attiva, pronta ad affrontare settimane pesanti di studio, solo per arrivare al sabato e godermi lo spettacolo.

L'ho sostenuta come ho potuto, sono stata fiera di ogni suo passo, ho perso ogni sabato sera con i miei amici nella fase del serale, ero ossessionata, avevo bisogno di sentirla cantare.
Penso di aver speso un centinaio d'euro solo per votarla, e giuro che non avrei mai pensato di prendere il telefono ed usarlo per votare qualcuno in tv.

Il post amici è stato traumatico, ma il bello arrivava lí, dove finalmente ci sarebbe stata la vera e propria Giordana Angi.
Cosí finito il programma parte il tour degli in store, e lí parte anche il mio cuore.

Da lì il primo incontro.
Cercai di essere il più presentabile possibile, le scrissi una lettera, 10 pagine per la precisione, andai lì carichissima.
Poi le gambe iniziarono a tremare, il corridoio per arrivare da lei non finiva mai.

La vidi, cosí bella, con un sorriso smagliante, una t-shirt nera, quella collanina girocollo nera che mi fa impazzire, era semplice, e nella sua semplicità ci persi la testa.
Mi sorrise mi tranquillizzò con una mano sulla spalla accarezzandomi.

Non parlai, non riuscí a proferire parola!
Le diedi la lettera, le sussurrai un grazie e andai via, stavo dimenticando il mio album autografato, perché morivo dalla vergogna, invece di dirle che mi ha accompagnata per mesi, che mi ha fatta sentire bene, che mi ha trasmesso emozioni, stetti muta come un pesce, ancora non me ne capacito.
Ero pronta, cosí spavalda, dopo mesi di urla davanti allo schermo, e lí, invece, rimasi di sasso.

Ma questo mi incentivò a fare di più.
Doveva conoscermi.
Purtroppo quando la sottoscritta si mette in testa una cosa, fino a che non la raggiunge non si arrende.
Quello era solo l'inizio.

Rien qu'une fois Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora