22. Perché e paure

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Sogni, dolori, verità

Izuku pov's

Dove mi trovo? Cosa sto facendo? Cosa è successo? Perché sono qui? E qui dove? Ho paura, qualcuno venga a salvarmi. Vi prego, sono solo in mezzo al nulla, non voglio rimanere da solo... Però, perché? Perché non lo sopporto? Ah già, ho paura, ecco perché. Ho paura di me stesso e dei miei sentimenti. 
È vero, mi spaventa me stesso e il confronto che devo fare con chi sono. Non sopporto stare da solo, ma alla fine non sopporto neanche stare con quelle persone che mi costringono a guardarmi allo specchio e a dire cosa c'è che va bene in me e cosa no.
In questo senso non mi è mai piaciuta la scuola e non mi sono mai piaciuti nè gli psicologi nè gli psichiatri. La mia psiche è l'unica cosa di me che non voglio conoscere. Ma del perché ne sono tanto spaventato non ne ho la più pallida idea.
Ripenso a questi ultimi, bellissimi, giorni.
Come al solito in situazioni come questa la risposta viene da sè. Non ho realmente paura di me stesso, ho paura del fatto che l'immagine che ho di me stesso non corrisponda alla realtà. Ripenso a tutto il mio passato e ritiro fuori quei pensieri repressi che ho cercato di nascondermi. Volevo essere, sinceramente il classico ragazzo gentilissimo che non riesce a dire di no, ma alla fine erano più le volte in cui mi sforzavo che non quelle in cui ero davvero felice di fare una cosa. Erano molte di più le volte in cui desideravo non fare qualcosa che quelle che desideravo fare. Alla fine le facevo tutte comunque. La mia parte razionale diceva che io ero così, che era giusto e se cade l'idea che tu hai di te stesso, è come cadere nel baratro più profondo, dal quale non esci. Dal quale non vuoi uscire, perché sai che se esci dovrai ricominciare tutto da capo. Ricominciare a vivere, in un modo tutto diverso, ma all'uomo il cambiamento fa paura, quindi non lo fa. Lascia tutto com'è, pur di stare male. Ciò che non sai fa paura, è una paura condivisa, una paura... Strana, inspiegabile, che porta ai più coraggiosi ed aperti: adrenalina, ai più timidi e chiusi: irrequitudine. Continuo a guardate il me del passato che fa ciò che non vuole che si batte per cause di cui non gli importa. Eppure non riesco a dire che chi vedo sono io. Non ce la faccio. L'unica cosa che mi sembra è che sia un cretino che non sa dire di no, al posto di essere gentile, lo schiavo di tutti che tutti sfruttano. Gli unici a fare eccezione sono quelle persone che in questi momento mi stanno più vicino, quelle che so essere di fianco al mio letto in ospedale sul quale sono ricoverato. Continuo a guardare quel ragazzo dai capelli verdi e, mentre le immagini scorrono, più le guardo più sono sicuro di non essere io.
Nella mia mente si affollano pensieri, come voci nella testa cominciano ad urlare per far valere sempre di più la loro opinione che dice: Sei tu quello! Perché tu sei così!
Ma io ora so. So una cosa. E ne sono pienamente convinto. Io non sono quello!
Come finisco di formulare questo pensiero comincio a cadere, ed ora capisco anche che il fondo sarà il mio punto di partenza. Continuo; continuo a lasciarmi cadere a peso morto in questo buio, non più sconfortante, non più spaventoso. Chiudo gli occhi ed ascolto. Ascolto il silenzio che mi circonda poiché i miei pensieri hanno smesso di parlare per me, perché io ho rinnegato ciò che volevo essere.
A mano a mano che cado percepisco sempre più tranquillità.
Pian piano sento che la velocità con cui precipito, si attenua, fino a che non mi fermo completamente.
Sono seduto su una strada, la quale si dirama in due vie, su una ciò che vedo è un ragazzo, un ragazzo dal corpo tonico che tenta in tutti i modi di far vedere nell'aspetto di essere forte; ma dentro è debole e non si sa accettare. Ride e cerca di sorridere sempre, eppure sembra sempre uno scemo. L'altro invece è più esile ed il corpo, pur essendo tonico ed asciutto, non è così ben piazzato. La sua figura sembra essere moto più alta e slanciata verso l'alto, nonostante i due abbiano la stessa altezza. Lui non ha bisogno di sembrae forte. Si vede che quel corpo mingerlino è perfettamente in grado di sopportare un pugno che potrebbe rompere un muro.
I capelli del primo sono molto lucenti i suoi occhi di un verde carico eppure spenti. Il secondo ha i capelli più scuri e, negli occhi color verde scurissimo, quasi tendenti al blu; ha una luce a primo acchito sinistra,ma se si guarda meglio è carica di benevolenza ed affetto.
Persino le due strade strade, che portano alle due figure, sono completamente diverse. La prima è una strada asfaltata, completamente spianata e tutta in discesa. Come se qualcuno l'avesse già lavorata. L'altra invece è un ripido e tortuosa sentierino tutto in salita; pieno di ostacoli difficili da superare.
A fatica mi alzo in piedi, so che se voglio continuare a vivere devo decidere quale strada percorre. Quella che ho già percorso e che quindi ormai è semplicissima, oppure quella molto difficile, che vuol dire ricominciare da capo a vivere. Non ho alcun dubbio su quale scegliere, ma come comincio a fare un passo in quella direzione subito mi arrivano alla mente ricordi nostalgici che mi dicono di seguire l'altra strada. Ma (Lp) so che se cedo ora non sarò più in grado stare con chi amo e di vivere bene con me stesso. Chiudo gli occhi e con tutta la forza che ho in corpo infrango quel muro di bei ricordi e corro a perdifiato verso chi voglio essere. Supero, con fatica, il primo ostacolo, poi rallento. Non ho bisogno di correre ora che tra me e il mio me "ideale" c'è un ostacolo fisico. E poi (Lp) anche se la strada è ancora molto lunga so che da ora in poi ci saranno delle persone ad accompagnarmi in questo percorso.

Apro lentamente gli occhi, nonostante ciò una luce bianca mi investe. Li certo con forza nuovamente e mugugno di frustrazione e dolore.
<<Deku?>>
Mugugno ancora qualcosa in risposta. Inclino la testa e finalmente apro gli occhi. A fianco a me c'è un ragazzo biondo con gli color rubino. Lo guardo perplesso e gli chiedo:

<<Tu chi sei?>>

Katsuki Love Deku// Yaoi // BakuDeku-KatsuDekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora