23. Non mollare

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Ovviamente quello nell'imagine è Izuku. L'ho messa per dirvi com'è il suo cambiamento definitivo (forse). 

Katsuki pov's

Dopo aver urlato quelle due parole,  che mi frullano da mesi nella testa, mi sento liberato. Abbasso la testa non voglio vederlo in faccia, qualunque sia la sua risposta; tanto più se è un rifiuto. Aspetto qualche secondo, ma lui non proferisce parola.  Rialzo il capo per vedere cosa sta succedendo. Appena alzo lo sguardo impallidisco. Di riflesso mi slancio verso di lui per raggiungerlo e urlo il suo nome; lui mi guarda con  rassegnazione negli occhi e il mio tentativo di salvarlo è del tutto vano. Un furgoncino che sta correndo a tutta velocità lo prende in pieno.
Come una bambola vecchia lanciata via da una bambina capricciosa, anche lui viene scaraventato dieci metri più in là. Mi lancio verso di lui. L'uomo alla guida esce e chiama l'ambulanza.
Nonostante il caldo asfissiante sento un freddo nordico attraversarmi la spina dorsale. Mi accascio vicino a lui e gli prendo la mano. Vederlo così privo di sensi mi distrugge. Sembra morto. La faccia pallida, rivoli di sangue che gli scendono dagli angoli della bocca sono l'unica cosa che ancora si muove di lui. Gli prendo e gli stringo una mano. Anche quella è gelida. Gli sussurro parole di incoraggiamento, so che non le sta sentendo ma io ci tengo comunque a dirle. Il conducente si tiene a distanza. Lo guardo, non so nemmeno io che guardo gli rivolgo, ma sicuramente non d'odio. La colpa è solo mia. Sono io l'artefice e so di non poter mai incolpare qualcun altro.
Finalmente arriva il veicolo con la croce rossa e la scritta al contrario. Sentono se respira. Accertato che sia vivo lo sollevano con cautela e lo adagiano su un lettino. Lo portano all'interno del mezzo. Lo seguo. Un dottore tenta di fermarmi, ma lo scosto malamente con una spallata e così faccio con tutti gli altri che tentano di fare lo stesso. Durante tutto il viaggio gli tengo la mano sempre più fredda. Gli altri medici e infermiere mi fanno domande su domande, credo. Tutto mi pare ovattato, in questo momento mi importa solo del verde e di nessun altro.
Quando arriviamo in ospedale lo lascio solo quando deve entrare in sala per le varie visite. Io comunque rimango ad osservare per tutto il tempo. Dopo quelle che mi paiono ore finalmente lo portano in una camera per ricoverarlo. Mi siedo su una sedia di fianco al letto e ricomincio a tenergli la mano gelida. Non mi accorgo del tempo che passa, infatti l'orario delle visite è finito e sento un'infermiera discutere con delle sue colleghe e dei medici. Penso stiano discutendo riguardo a permettermi di rimanere o rispedirmi a casa. Mi lanciano un'occhiata che io a malapena percepiscono e se ne vanno. Passo tutta la notte in bianco o in dormi veglia a tenergli la mano e a vegliare su di lui. All'arrivo dell'Aurora (N.A. Dieci garantito in italiano a chi indovina chi diceva: "Aurora dalle dita rosate")  si cominciano a sentire i rombi delle prime automobili, il traffico riprende e più il tempo passa più si cominciano a sentire anche il vociare delle persone sui marciapiedi. La città,  come un essere vivente a sè stante, comincia a svegliarsi dal torpore della notte nel quale era rinchiuso per liberarsi e dare il meglio di sè alla luce del sole estivo. Se la città si "sveglia" (poiché è risaputo che le grandi metropoli, soprattutto in estate, non vanno mai a dormire. Brulicano sempre di gente sia di giorno che di notte) ciò non accade per me, che, sempre nel mio confine ovattato, mantengo gli occhi sulla figura candida di Deku e non gli stacco gli occhi di dosso.


Sono passati due mesi da quando è accaduto l'incidente. Mangio poco o niente e sono dimagrito molto, passo intere giornate in ospedale, a volte anche le notti. Inko-san ci viene spesso a trovare e passa il tempo con me e suo foglio. Mi racconta tanti aneddoti di quando Deku era piccolo e  io l'ascolto molto volentieri. spesso mi strappa dei sorrisi di divertimento, ma non so se li riesce a vedere, non so nemmeno se le mie labbra si inclinano come vorrei. Non riesco minimamente a ridere. Nonostante nessuno mi abbia ritenuto responsabile dell'accaduto io continuo a sentire tutte le colpe gravare su di me.

Sono passati altri quattro mesi e io in tutto questo tempo io non ho frequentato un solo corso. Mia madre mi ha già minacciato di tagliar mi i fondi e non pagarni le rette se non ricomincio a frequentare regolarmente i corsi di nuovo. Per tutta risposta io non ho detto nulla, quando, giorni dopo, le ho risposto le ho detto che lasciavo l'università. Non ho trovato alcun senso nel frequentare un posto che mi ricorda solo lui senza poterlo avere accanto. Soprattutto sapendo in che stato si trova. Mi giro un secondo verso le finestre della camera d'ospedale e vedo il mio riflesso nel vetro; le mie occhiaie sono talmente evidenti che sembrano state scolpite nel marmo e colorate con degli acrilici. Torno a girar mi verso di lui e a stringergli la mano con maggior insistenza. Tra me e me penso: "Non mollare".  Non so a chi dei due sia riferito ma penso a entrambi.
Appoggio la testa sul mio gomito appoggiato sul materasso e la mano a penzoloni. L'altra che ancora stringe quella di Deku. Vinto dal sonno di tutte quelle notti in bianco mi addormento. Sono tre giorni che non dormo, se continuo così andrà a finire che attaccherò verbalmente la prima persona che mi capiterà a tiro.
Mi sveglio con la luce del sole che mi acceca e impiego qualche secondo a riacquistare la vista. Due paia di occhi color smeraldo mi scrutano l'anima come se stessero tentando di capire cosa fosse successo e da me ricapitolare tutto. Poi, tutto d'un tratto, la luce gioiosa nei suoi occhi spegne e la mia immensa gioia e speranza con essa
«Deku?»
Lui mi guarda confuso e poi pronuncia le parole che meno in assoluto avrei voluto sentire

«Tu chi sei?»

Katsuki Love Deku// Yaoi // BakuDeku-KatsuDekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora