Eloeth raggiunse la porta della sua camera, attraversando il lungo corridoio degli alloggi reali.
Su quel piano alloggiavano lei e il fratello, con le stanze poste non molto distanti tra di loro.
Il re e la regina invece dormivano nella stanza reale al centro dei due corridoi, non appena salite le scale. Quando aprì la porta trovò la finestra aperta che aveva lasciato prima di uscire, lasciando entrare dell'aria fresca nella stanza. Il profumo dei fiori freschi sulla balconata penetrava all'interno profumando tutto l'ambiente, con il cinguettio di alcuni uccelli adagiati sul cornicione.
Si sbrigò a mettersi in abiti più comodi e si sdraiò sul suo letto a pancia in sotto, con il libro davanti a se. Sulla copertina nera rilegata con cura, c'era un disegno in rilievo che prendeva buona parte della superfice. Non sapeva bene cosa fosse, anche dopo averlo letto più volte. Quando lo aprì, le prime righe scritte con l'inchiostro nero erano ben visibili, scritte con un carattere antico che ormai era stato dimenticato nel tempo. Passò velocemente quelle prime pagine, fino ad arrivare a quelle scritte nella sua lingua attuale, dove la storia iniziava.
La leggenda narrava dei primi quattro regni che dominavano sull'intero continente di Ulandar.
Quattro re, magnanimi e amati dal popolo di tutto il continente, regnavano in pace da ormai un decennio, facendo cadere il mondo in una pace quasi eterna, priva di guerre, corruzione o odio.
Garantivano al loro popolo prosperità, aiuto, protezione e libertà persino fuori dai loro confini, nei villaggi dei contadini e degli allevatori. Grazie a questo periodo di pace, gli dei, decisero di premiare i quattro re con dei cristalli, delle pietre benedette con il loro potere con il quale giurarono di proteggere i loro regni da qualsiasi avversità si sarebbe mai verificata.
Negli anni successivi, quelle pietre divennero fonte di fede e venne creato un culto verso di loro. Ogni pietra, dal colore differente, apparteneva ad un dio specifico, che si narra trasmisero parte dei loro poteri all'interno di quei cristalli.
Tholand il saggio era il re di Alimar, regno della conoscenza al quale andò la pietra azzurra; Beltlin il capoguerra, re di Uladmar, regno delle arti della guerra, andò la pietra rossa; a Dalimor il re giusto, re di Ashantia, regno delle montagne e dei minerali, andò la pietra color terra; Ad Alondor, chiamato il re dinasta, venne affidata la pietra bianca a protezione del regno di Eval, il regno dei giusti.
Grazie a quelle pietre, i re goderono di una fama che si spinse persino oltre i continenti ancora da esplorare, oltre i mari e l'orizzonte. La gente cominciò ad adorare quelle pietre e gli dei alle quali appartenevano, creando un culto da venerare.
Tra gli dei però, c'era un dio geloso di tutto questo, che andò contro il volere dei fratelli. Per lui la razza mortale non doveva avere tutto questo potere tra le mani, in quanto nei loro cuori permaneva quell'odio, quella voglia di ingannare e di corruzione.
Il dio in questione si chiamava Gabradus, l'unico che cercò di impedire ai suoi fratelli di dare parte dei loro poteri ai mortali. Incapaci di ragionare e accecati da quella che loro definivano "la bellezza mortale" decisero di bandire Gabradus, esiliandolo dalla corte celeste.
Condannato dai suoi stessi fratelli, sangue del loro sangue, cominciò a nutrirsi dell'odio crescente dentro di se, perdendo la ragione. Si narra che creò lui stesso una pietra, forgiata nell'odio dei cuori dei mortali che tentavano di celare agli occhi dei loro re. Quel potere smisurato, diede vita ad una pietra nera come la notte, che inserì all'interno della sua arma: il Titano, un martello dalla potenza inaudita, con il quale affrontò la razza mortale per mostrare ai suoi fratelli, quanto deboli e stupidi fossero.
Durante la notte, nel silenzio e nell'oscurità, cominciò a creare un esercito delle ombre che combatteva al suo fianco, dando il via ad una guerra per spazzare via qualunque cosa.
Al palazzo di di Uladmar, il re Beltlin aveva indetto un incontro con i suoi migliori comandanti per decidere una strategia di difesa contro le forze di Gabradus, che avanzavano inesorabili verso il suo regno. Il primo attacco fu lanciato contro il re Tholand, che venne colto di sospresa e distrutto in poco tempo senza avere nemmeno il tempo di reagire. Tutte le sue terre vennero distrutte e la sua gente trucidata da quei demoni che sembravano non finire mai.
Attorno al tavolo con la mappa del regno di Uladmar, Beltlin fissava ogni singolo punto debole delle sue alte mura, le più alte di tutti gli altri regni, cercando un modo per non farle cadere.
<<Mio signore, finché resteremo all'interno delle mura, non avremo di cui temere, i nostri soldati sono addestrati e pronti a combattere questa minaccia fino alla fine>>.
<<Se posizionassimo delle truppe in questo quadrante, in attesa che le forze di Isgheor ci raggiungano per darci aiuto...>>.
La riunione venne interrotta da un uomo, un soldato che aprì le porte della stanza portando terribili notizie.
<<Ashantia è caduta>> disse ansimando.
<<Impossibile>> esclamò il re.
<<Il re Dalimor e la sua consorte?>> chiese sbigottito un comandante.
<<Non lo so... Mi dispiace>> disse abbassando la testa.
Ci fu qualche secondo di silenzio, prima che qualcuno riprese a parlare, scioccati da tale tragedia.
<<Se Ashantia è davvero caduta, è solo questione di tempo prima che le forze di Gabradus ci raggiungano>>.
<<Speriamo che Isgheor ci raggiunga in fretta>>.
Non passò molto tempo infatti, prima che Gabradus e i suoi demoni raggiunsero Uladmar. La fortezza venne assaltata in poco tempo, aprendo in fretta delle breccia nelle sue possenti e spesse mura. I soldati del re combattevano i demoni, creature generate dal profondo della terra, tra le fiamme e l'oscurità di quello che la gente comunemente chiamava inferno. In poco tempo, interi plotoni entrarono in città, dando il via alla guerra. Gli arceri da sopra le mura e dalle torri, sparavano quante più frecce possibili per abbatterli, ma non erano i soli ad essere dotati di armi a distanza. I nemici spararono a loro volta con delle balestre, con archi e frecce infuocate contro i soldati, che cadevano dalle mura sotto quella pioggia di frecce. Alcuni si arrampicarono sulle mura, scalandole per raggiungere i bastioni e combattere. Le urla si mischiavano l'un l'altra, tra grida di paura e dolore verso una morte quasi inevitabile. Sotto di loro i soldati combattevano più che potevano per fermare l'avanzata verso il palazzo del re, uccidendone il più possibile. Ma più ne uccidevano più ne arrivavano, lasciando che i loro campioni spazzassero via le loro file di difesa con armi da assedio o creature alla carica. Alcuni di loro erano giganteschi, alti circa tre metri e larghi il doppio, che colpivano e calpestavano chiunque. Le case degli abitanti crollavano su se stesse e sui soldati, mentre un pioggia di frecce cadeva su chiunque. Il re Beltlin attendeva armato con altri soldati all'interno del castello, a protezione del cristallo che Gabradus ambiva di distruggere. Il suo potere oscuro cresceva sempre di più diventando sempre più inarrestabile.
Le fiamme erano alte, i cadeveri giacevano ovunque trafitti e mutilati, corpi di giovani ragazzi e di padri che combatterono per difendere le proprie famiglie e i loro cari. I tremori nella rocca erano come dei terremoti, mentre le mura cedevano sotto le macchine d'assedio franando su se stesse, travolgendo chiunque. Le torri cadevano, così come i soldati lungo la strada per il castello. I demoni suonarono i loro corni da battaglia per infondere coraggio nelle truppe, sotto l'avanzata di Gabradus che non tardò ad arrivare sul campo. I pochi svenutarti che lo incontravano, perivano sotto la sua grandezza e la sua forza, ma soprattutto sotto i colpi della sua arma con la quale spazzava via interi gruppi di soldati. Alto più i tre metri, con la sua pelle nera come la notte e i suoi occhi gialli che sembravano risplendere, si ergeva in tutta la sua grandezza, calpestando chiunque sotto un ghigno soddisfatto sul volto. Le sue due corna da ariete erano macchiate del sangue di molti, così come la sua pelle, scura e corrotta.
Dal corridoio fuori la porta della stanza del cristallo, qualcosa si stava avvicinando e le urla dei poveri soldati rimasti fuori scoraggiava quei pochi rimasti all'interno. Beltlin, con la sua armatura e la sua grande spada, era al fianco dei suoi soldati pronto per affrontare chiunque fosse entrato per difendere il cristallo e sua moglie dietro di lui.
<<Presto, barricate la porta>> gridò.
Alcuni soldati corsero con una trave a bloccare entrambe le ante, ma non servì a nulla. Con due colpi assestati con violenza la porta si distrusse travolgendo chiunque, Gabradus era arrivato.
Entrò insieme alle sue truppe che ingaggiarono i soldati a terra tramortiti e i pochi rimasti in piedi.
Beltlin li affrontò sapendo che ormai il suo destino era segnato, ma doveva comunque provarci.
Uccise un paio di nemici e poi cercò di colpire Gabradus con un fendente al petto, ma la sua arma venne bloccata dalla sua mano possente.
La frantumò e poi colpì Beltlin con un pungno facendolo volare per un paio di metri. Si avvicinò afferrandolo per il mantello rosso con il simbolo del suo regno stampato sopra, trascinandolo verso l'esterno della stanza, sulla balconata che affacciava sulla sua città. Le grida della moglie dietro di lui, afferrata da quei demoni, durarono poco, prima di venire trafitta al ventre da una spada e colpita più volte con delle mazze.
Gabradus lo portò al limite della balconata, afferrandolo poi con una mano che prendeva tutta la sua armatura.
<<Guarda>> disse con la sua voce terrificante, roca e grave. <<Guarda come gli dei hanno protetto il tuo regno. Guarda come tutto viene distrutto>>.
Le urla della gente di udivano fino al palazzo, mentre l'intera città bruciava con delle fiamme altissime, sembrava di essere all'inferno. Gabradus lanciò una risata e poi afferrò con l'altra mano la testa di Beltlin, che gridava dalla paura e dal dolore. Con un movimento soltanto, staccò la testa del re dal suo corpo lasciandola cadere dalla balconata, tra quelle fiamme e quel regno ormai distrutto.Qualcuno bussò alla porta della stanza di Eloeth, facendola sussultare per lo spavento. Era talmente presa tra quelle righe da essersi catapultata in quella battaglia, dimenticandosi del mondo intorno a lei.
<<Avanti>>.
Dalla porta entrò lord Randall, il suo cavaliere.
<<Principessa, non volevo spaventarvi, ma il pranzo sta per essere servito>>.
<<Accidenti mi ero dimenticata, perdonatemi Randall, arrivo subito>>.
<<Aspetterò qui fuori>> rispose sorridendo chiudendo la porta dietro di se.
Lord Randall era uno dei cavalieri della regina, suo fedele servitore e amico da parecchi anni ormai.
Venne scelto alla nascita della principessa come suo cavaliere, un titolo di grande onore nel regno di Eval, il quale giurò di proteggerla anche a costo della sua stessa vita.
Anche per Cuthalion, il gemello maschio, venne scelto un cavaliere che giurò di proteggerlo nello stesso modo. Lord Ilberd, venne scelto dal re in persona, con il quale combatté fianco a fianco molte battaglie tornando a casa vittorioso. Promise al re di insegnare a suo figlio l'antica arte della guerra e della spada, rendendolo un vero comandante e futuro re di questo regno.
Eloeth intanto uscì dalla sua stanza, trovandosi davanti Randall che sorrideva aspettandola da qualche minuto ormai.
<<Vogliamo andare?>> disse porgendole il braccio.
<<Certamente>> rispose lei poggiando la sua mano su di esso.
Si incamminarono attraverso i lunghi corridoi, per arrivare alla sala da pranzo, parlando per l'ennesima volta, del libro che stava leggendo.
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Nabradia
FantasySTORIA COMPLETA PRIMO LIBRO DELLA TRILOGIA Restate con me, vivete anche voi il viaggio a Elmorea! Tutto ebbe inizio quando i primi regni vennero eretti dagli uomini nel grande continente di Elmorea. Quattro re magnanimi ascesero al potere, comand...