Capitolo 25

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La pioggia cadeva ormai già da un po', quella sera sembrava non fermarsi mai. Le guardie posizionate sulle piccole torri di guardia del cancello, udirono il trottare degli zoccoli di un cavallo, che si materializzò nel buio sotto una luce fioca delle poche lanterne lungo il sentiero. Avanzava verso di loro, nascosto sotto un mantello e un cappuccio che lo riparavano. Il cavallo, sporco e ormai quasi esausto, sembrò tirare un sospiro di sollievo una volta arrivato.
Le guardie si scambiarono un'occhiata, sospettosi di quell'uomo che li fissava dal basso.
<<Identificati>> gridò una.
Non rispose, ma alzò la mano mostrando un ciondolo con un medaglione appeso.
Lo aspettavano, sapevano del suo arrivo, l'ordine veniva direttamente dal re.
Aprirono velocemente il cancello, mentre cigolava e strideva a ogni centimetro che faceva. Un colpo di zoccoli al cavallo e riprese di nuovo a camminare, correndo per le vie della città di Helengor, la capitale imperiale. Le guardie pattugliavano la città anche con quella pioggia, a gruppi di cinque, quattro soldati e un capitano. Poche erano le luci ancora accese nelle case, con quel giallo spento che si vedeva dalle finestre. Arrivò in poco tempo al cancello del palazzo reale, in cima alla città che sembrava sorvegliare il tutto dall'alto. Imponente, con le sue spesse mura e le sue alti torri, da sempre faceva invidia per il suo stile a qualsiasi regno nelle vicinanze. Helengor era la più temuta, da sempre nemica di Eval, con la quale più volte cercò di entrare in guerra. Una volta era un regno giusto, invidiato per la sua capacità di gestire le terre oltre i confini nelle quali si aggiravano spesso banditi, Jaari e i pirati delle acque nere. Il re Beor era uno tra i migliori mai saliti al trono di Helengor, il più grande di tre fratelli che si spartirono alcune terre oltre le mura. Quando Beor morì per una malattia degenerativa, salì al trono il suo secondo fratello Dargo, che cercò di seguire i suoi esempi e portare avanti il casato della famiglia come la tradizione voleva, giusto e magnanimo, ma la cosa non durò molto. Il terzo fratello Ivar, il più piccolo, era sempre stato invidioso dei suoi fratelli, ben voluti dal padre e dalla madre, sempre pieni di attenzioni e che avrebbero ereditato il trono prima di lui. Durante la cerimonia del matrimonio di Dargo e di Evra, ingaggiò un assassino che avvelenò i loro boccali senza destare sospetti. Quel giorno tutto sembrava perfetto, il vino scorreva, il cibo era abbondante e le risate generali arricchivano il tutto con gioia; ma in poco tempo, lo scorrere del vino si trasformò in sangue, e gli sposi caddero vittima del malvagio giogo di Ivar, che nascosto tra la folla, li guardava agonizzare lentamente fino al loro ultimo respiro. Per ordine di successione, il regno passò nelle sue mani e in poco tempo, trasformò completamente il regime e la condotta di vita di tutti gli abitanti. Aumentò le tasse per i cittadini all'interno delle mura e le raddoppiò per i villaggi al di fuori, che ormai a stento riuscivano a sopravvivere. Il suo unico scopo, era quello di espandersi e conquistare sempre più regni, puntando soprattutto a quello di Eval, il più grande di tutte le terre conosciute.
L'uomo a cavallo intanto era arrivato davanti la scala antecedente l'ingresso del castello, con una grande piazza subito dopo il cancello. Prima di entrare legò il cavallo in una stalla lì accanto, tenendolo al riparo da ulteriore pioggia e nutrendolo con del fieno asciutto.
Davanti le grandi porte d'ingresso, con il fregio in metallo del casato Fergon sulle ante, due guardie erano al di fuori che bloccavano il passaggio. Mostrò anche a loro lo stesso medaglione, i quali si fecero da parte lasciandolo libero di entrare.
Una volta all'interno, il calore della stanza lo avvolse riscaldandolo, mentre il re lo aspettava seduto sul suo trono, con la sua consorte al suo fianco e il figlio in piedi alla sua sinistra, che lo teneva d’occhio a ogni suo movimento.
Ivar si alzò in piedi, aprendo le braccia per accoglierlo e avvicinandosi sorridendo per abbracciarlo, del resto era merito suo se ora era re.
<<Amico mio, quanto tempo>>.
<<Re Ivar>> lo salutò contraccambiando il suo abbraccio, poi guardò la regina e suo figlio, porgendo anche loro i suoi saluti.
<<Vedo che tuo figlio è ormai un vero guerriero, lo vedo dal suo sguardo>>.
<<Già, l'ho cresciuto per bene, so che quando arriverà la mia ora, il regno sarà in buone mani>> disse ridacchiando.
<<Hai preso ciò che ci serve?>> gli domandò poi.
<<Ce l'ho qui con me>> rispose indicando la borsa a tracolla.
<<Bene, gli altri membri sono già tutti qui, possiamo raggiungerli>>.
A quelle parole, la regina si alzò dal trono e si diresse verso la sua stanza, invitando il figlio a seguirla, sapeva che quando si riunivano, doveva starne alla larga.
<<Prima di iniziare, avrei una cosa importante da dirvi>> esclamò l'uomo.
<<Sono tutto orecchi>> sorrise.
Gli sussurrò le informazioni che aveva raccolto, facendogli cambiare espressione in pochi attimi.
Camminarono fino ad arrivare alla scala che li faceva scendere di un piano, una volta utilizzata per le riunioni del senato, di cui Beor fu il fondatore, ora utilizzata per quelle dell'Ordine Cremisi, fondato da Ivar stesso.
La porta della grande sala era presidiata da una guardia armata, che permetteva l'accesso solo ai dodici membri della grande tavola. Tutti erano già all'interno, alzandosi in piedi non appena Ivar entrò dalla porta. La stanza era grande, con alcuni mobili e delle librerie piene di libri e pergamene. Non c'era molto, solo l'essenziale e delle lanterne accese sui muri che illuminava la stanza con delle luci tremolanti.
Tutti erano incappucciati, tranne il re, che si andò a sedere subito al capotavola, di quel lungo tavolo ovale, realizzato con il miglior legno delle foreste bianche, si dice che quel legno custodisse poteri magici.
Su di esso era dipinto uno stemma, dal colore rosso, come il nome dell'ordine; la testa di un drago con la bocca aperta, era disegnata al centro del grande tavolo, prendendo quasi tutto lo spazio, un'immagine che avrebbe intimorito chiunque l'avesse vista.
Una volta accomodati, la riunione iniziò con il re che invitò l'uomo incappucciato a mostrare il contenuto della borsa.
La poggiò delicatamente sul tavolo e tirò fuori un oggetto sferico, con una luce verde che illuminava l'intera stanza. L'espressione stupita tra i presenti era palese, anche se mascherata dall'ombra del cappuccio. All'interno della sfera, quelle che sembravano essere delle fiamme dal colore verde, si muovevano vorticosamente e lentamente, quasi a ritmo ipnotico.
<<Dunque è questo il primo artefatto...>> esclamò un membro.
<<Esattamente>> rispose il re continuando a fissare l'oggetto. <<Questo signori, è l'occhio di Etlich, nascosto per secoli nella "città degli Dei" Rul'Mar, e che ora è in nostro possesso. Al suo interno sono state raccolte tutte le anime che vagavano senza meta per la città, corrotte dalla malvagità di Gabradus e condannate a un eterno supplizio nel nostro mondo, incapaci di trovare la pace>>.
Rimasero tutti a fissarlo, ipnotizzati da quelle onde sinuose al suo interno, quasi potevano sentire i lamenti di quelle anime. La stanza ora era illuminata da una luce verdastra spenta, mischiata al rosso delle fiamme delle fiaccole accese che sembravano convergere la loro punta verso la sfera; quasi mosse da un vento impercettibile.
<<Questo miei signori>> continuò il re con la sfera tra le mani <<Ci darà la forza per annientare il regno di Eval e conquistarlo una volta per tutte>>.
<<Come funziona questo potere?>> esclamò un altro suscitando curiosità.
L'uomo dal volto coperto si alzò in piedi, afferrando la sfera tra le mani, quasi come se l'avesse maneggiata più volte, senza paura.
<<È molto semplice lord Jerol...>> rispose il re <<Ve ne darà subito una dimostrazione, ma prima avrei qualcosa da dire>>.
L'uomo intanto iniziò a girare alle spalle di ognuno, osservandoli con occhi attenti dall'ombra sotto il suo cappuccio, che copriva la metà del suo volto.
<<È una questione molto importante quella che sto per annunciarvi, perciò vorrei da voi, cari amici, la vostra totale fedeltà nei miei confronti e in quelli dell'ordine>>.
Gli altri si sollevarono tutti in piedi, porgendo rispetto nei confronti del re, con la mano stretta in un pugno poggiata all'altezza del plesso solare, con un piccolo colpo sull'armatura.
<<Abbiamo trovato delle ostilità durante la ricerca dell'occhio, da parte di una specie fastidiosa>> disse con tono disgustato <<e soprattutto molto pericolosa: gli Jaari>>.
A quel nome tutti si intimorirono, conoscendo la loro brutalità manifestata durante il loro periodo di razzia incontrollata, prima dell'esilio. Eppure, qualcuno non sembrò manifestare paura, ne sgomento di fronte quelle parole, anzi cercò di mascherarlo abbassando lo sguardo.
<<Come tutti sappiamo, la loro forza è incomparabile se lasciata sfogare, e da tempo sono stati obbligati a vivere lontani dalla luce circoscrivendo il loro territorio a una misera cava un tempo degli uomini. Cercavano di mettere le mani sul nostro artefatto... Sul mio artefatto!>> esclamò stringendo il pugno con rabbia. <<Sfortunatamente per loro, il nostro uomo ha saputo agire con le sue abilità eliminando il problema prima che diventasse una minaccia>>.
Gli altri quasi tirarono un sospiro di sollievo, soprattutto quello che prima aveva abbassato gli occhi, dove ora alle spalle aveva fisso l'uomo incappucciato.
<<Purtroppo però, il problema è un altro. Provate anche voi a domandarvi, come quelle creature primitive nate dalle ombre, possano essere a conoscenza di tale artefatto, rimasto nascosto in una città sepolta, di cui solo pochi e rarissimi documenti in nostro possesso ne citavano la leggenda>>.
Nessuno fiatò, ma la risposta era ovvia; qualcuno dell'ordine aveva preso accordi con gli Jaari.
Re Ivar notò che il suo uomo si era appostato alle spalle di lord Garlard, senatore della città di Helengor, nonché fidato amico del re Beor prima della sua morte. Non ci mise molto a seguire i fili che collegavano il tradimento nei suoi confronti da parte sua, d'altronde aveva ucciso suo padre suscitando molto odio e rancore da parte di molti.
<<Lord Garlard>> lo chiamò <<Vi sentite bene?>> gli domandò vedendo un lieve riflesso di luce sul sudore della fronte.
L'uomo alle sue spalle fece un passo avanti, quasi a intimidirlo, tirando fuori dalla borsa la sfera che aveva deposto poco prima.
Garlard annuì con un sorriso nervoso, nascosto dalle ombre delle fiaccole e le evidenti rughe sul suo viso ormai sessantenne.
<<Certamente mio re>> rispose cercando di mantenere un tono pacato, serio, anche se la voce tremolante lo tradiva.
<<Ho chiesto fiducia da parte dell'ordine, da parte vostra anche>> lo guardò il re <<E voi osate tradirmi in questo modo!>> gridò facendo sussultare persino la guardia all'esterno.
Re Ivar era famoso per i suoi scatti d'ira, di come passasse da una calma apparente, a una totale e instabile rabbia psicotica. Nei suoi occhi ora sembrava esserci odio puro. Il suo visto era in tensione, il fiato accelerato e i denti stretti l'uno contro l'altro. Tutti sapevano cosa conseguisse la maggior parte delle volte dopo uno scatto di rabbia, ma non potevano immaginare ciò che sarebbe successo a lord Garlard poco dopo.
<<Dopo tutto quello che ho fatto, dopo che vi ho garantito un posto tra i grandi di questo tavolo per garantire un futuro alla città di Helengor, è così che ripagate la mia fiducia?>> gridò di nuovo.
Garlard aveva già capito il suo destino, esattamente dopo aver visto l'uomo tirare fuori la sfera.
Iniziò a ridere, mostrando i suoi denti giallastri, cadendo in quella che sembrava essere una risata liberatoria e allo stesso tempo nervosa e terrorizzata.
<<Quelle stupide creature avevano un solo compito; comprate facilmente con delle false promesse, ma ho evidentemente sottovalutato le tue risorse Ivar>>.
Sentendosi chiamare senza l'appellativo di re, dove nessuno aveva mai osato farlo dalla morte di suo padre con tale mancanza di rispetto, lo fece infervorare ancora di più, ma anche offendere come un bambino.
<<Se credi che la tua tirannia abbia una vita lunga vi sbagliate di grosso. Sarebbe stato facile liberarsi degli Jaari una volta ottenuto l'occhio e subito dopo sarebbe toccato a te>>.
<<Dunque un cane resterà sempre fedele al suo padrone...>> sorrise Ivar riferendosi al padre.
<<E resterò fedele fino alla fine>> si alzò in piedi e tirò fuori un coltello dalla fondina sul fianco lanciandosi contro Ivar, che spaventato indietreggiò per evitarlo.
Prima che lo raggiungesse però, l'uomo incappucciato si mosse ancor più velocemente, avendo già capito le sue intenzioni dopo aver visto la sua mano scendere lentamente sulla fondina.
Garland si bloccò, con la bocca aperta, senza respirare, gli occhi sgranati e una sensazione di dolore sottile, ma sempre crescente.
La lama bianca e affilata di uno stocco, elegante e dall'impugnatura intarsiata in oro, era conficcata dietro la schiena del senatore, che immobile agonizzava in silenzio incapace di reagire.
Del sangue raggiunse la sua bocca, impregnando i suoi denti gialli di rosso, colando anche al di fuori lentamente sulle labbra. Guardò il re e sorrise nuovamente, sussurrando appena qualcosa con l'ultimo respiro di vita che aveva.
<<Non finisce qui... lo zaffiro ti troverà>>.
Re Ivar rimase sorpreso a quelle parole, anche se non aveva mai sentito quel nome prima. Pensò a un gruppo ribelle, a un nuovo ordine di Eval, e se lui stesso fosse stata una spia di Eval? Impossibile pensò, ma qualcosa voleva dire.
Garland intanto stramazzò sul tavolo, ormai morto con un tonfo secco e sordo. L'uomo tirò fuori la lama bianca dalla sua schiena, pulendola con un fazzoletto di stoffa bianca che tirò fuori dalla sacca.
Poi prese la sfera tra le mani e pronunciò delle parole a bassa voce, che attivarono la sfera rendendola brillante. Un vento improvviso si materializzò nella stanza, le fiamme delle torce convergevano verso di essa, così come quei pochi stendardi appesi qua e là.
<<Ammirate il potere dell'occhio>> disse Ivar.
Dal corpo di Garland sembrò uscire della nebbia bianca, con una silhouette umana che sembrava muoversi per scappare da quell'attrazione verso la sfera. Cominciarono tutti a udire delle grida, di ogni genere, lamenti di migliaia di anime che lasciarono poi spazio a una più forte, il grido di Garland, che sofferente veniva risucchiato all'interno.
Come una nube di fumo, sparì poco dopo e la sfera tornò nelle sue normali condizioni, così come le fiaccole e gli stendardi.
Gli altri membri non sapevano cosa dire, erano terrorizzati di fronte a tale potere, ma soprattutto di fronte a re Ivar che ormai ne era in possesso. Lui intanto sorrideva, ancora con quell'odio nei suoi occhi misto a follia, che pregustava già una futura vittoria sulla guerra contro Eval.
Tutto tornò nel silenzio, mentre il cadavere ormai vuoto, cadde a terra da quella posizione innaturale assunta poco prima, ormai prosciugato persino dalla sua anima.
Ivar alzò il suo calice verso i suoi compagni, che si alzarono immediatamente in piedi porgendo i loro calici verso il loro re.
<<Questo è il potere di un solo artefatto>> disse guardando la sfera <<E questo è quello che capita a chi si rende mio nemico o chi tradisce la mia fiducia>> disse poi guardando in cadavere sotto i suoi piedi.
<<Beviamo>>.
<<All'ordine!>> esclamarono tutti.
Bevvero velocemente e posarono i loro calici sul tavolo, attendendo disposizioni dal re.
<<Ora andate e tenetevi pronti con le vostre armate, quando saremo pronti ad attaccare, riceverete un messaggio>> concluse il re.
Sbatterono i tacchi di metallo dell'armatura e si diressero in silenzio verso la porta d'uscita, mentre la guardia all'esterno li osservava singolarmente con diffidenza, esattamente come quando sono entrati.
L'uomo incappucciato invece restò al fianco del re, che continuava ad osservare il cadavere del senatore ripensando alle parole che aveva detto.
Cos'è questo zaffiro?
Ivar poggiò una mano sulla sua spalla, guardandolo con un sorriso quasi diabolico, molto inquietante. Le rughe sulla fronte e intorno agli occhi, incorniciavano quell'espressione rendendola ancor più cattiva.
<<Il primo passo è stato fatto, ed è tutto merito tuo>>.
<<Sono felice mio re>>.
<<Già, ma abbiamo ancora un problema: gli Jaari>>.
<<Oh no mio re, credo di avere la soluzione>>.
<<In che modo?>>.
<<Ho fatto in modo che mi dessero la caccia e mi farò portare dal loro re per proporgli una trattativa che gioverà soprattutto a voi>>.
<<Cosa vuoi dire?>>.
<<Li farò combattere al nostro fianco nella guerra contro Eval>>.
Gli occhi del re sembrarono illuminarsi, abbracciando il suo amico sorridendo, pieno di orgoglio.
<<Nulla ci potrà fermare allora>>.

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