16. Hope

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Canzone capitolo:                                   Astrid S - Hurts So Good

Non sempre le scelte che compiamo sono giuste, ma chi stabilisce ciò che è giusto o sbagliato? Davvero ciò che è giusto ci rende felici? Ammiro le case colorate e sorrido stupita, ogni tanto guardo in fotocamera e sorrido soffermandomi sulla ragazza perfetta dietro di essa. I capelli perfettamente scompigliati, gli occhi liberi e felici, il suo fisico possente ricoperto dalla giacca blu con le maniche tirate sui gomiti e il suo sorriso, quel maledetto sorriso che mi ammalia. Passeggiamo una di fianco all'altra parlando delle bellezze che scorgiamo passo dopo passo, non perdendo l'occasione di memorizzare ognuna di essa nella memoria della Canon.

<Non credevo ti piacessero le foto.> dico continuando a guardare a destra e a sinistra

<Infatti non mi piacciono... se sono io il soggetto.> dice lasciando la Canon appesa al suo collo, guardandomi

<Ah, quindi ti piace fotografare, ma non essere fotografata. Non è giusto così>  brontolo

<Beh se il soggetto è degno di essere fotografato, bisogna dargliene atto.> dice prendendo la fotocamera scattandomi una foto

<Sam, smettila. Cancella la foto.> mi avvicino a lei e cerco di prendere la Canon ma, prontamente, alza il braccio in modo da non poterci arrivare. <Sam, dammi la macchina fotografica, sarò sicuramente venuta malissimo.> dico quasi urlando mettendomi sulle punte. Dimentico che non sono mai stata la grande atleta della scuola e neanche una ballerina classica, perdo l'equilibrio e cado su di lei, appoggio le  mani sulle sue spalle per tenermi e i nostri occhi si incatenano. I nostri volti sono ad un centimetro di distanza, le nostre labbra tanto vicine da sentire il suo respiro caldo. Il mio sguardo saetta tra i suoi occhi e le sue labbra, e mi viene da sussultare. Ho il respiro pesante, i battiti del cuore accelerati e la voglia di assaporare quelle labbra mi sta corrodendo dentro. Mi maledico mentalmente per l'idea indecente che mi è passata per la mente e provo ad allontanarmi da lei, ma la sua mano dietro la mia schiena mi spinge verso il suo corpo.

<Ciò che è bello deve essere immortalato.> i suoi occhi mi scrutano l'anima e per un attimo si soffermano sulle mie labbra socchiuse in una linea sottile e bramose di ricevere quel contatto negatogli tempo dietro. Si stacca dal mio corpo e mi sorride beffarda, si volta a destra e sinistra iniziando a camminare, lasciandomi immobile  a guardare il punto in cui prima c'erano i suoi occhi ghiaccio. <Vuoi rimanere li impalata fino a questa sera o vuoi arrivare alla Galleria degli Uffizi per la mostra?> chiede gridando per farsi sentire. A sentir nominare quel nome mi riprendo dallo stato di trance e spalanco gli occhi. Galleria degli Uffizi? Saremmo andati li... al museo più importante di Firenze, dell'Italia.

<Siamo diretti alla Galleria degli Uffizi?> mi volto verso di lei e la guardo scioccata

<Già, proprio così. Se ti muovessi forse vediamo i complessi prima della pausa pranzo.> dice sorridendomi pacificamente. Mi schiodo dal suolo e corro in direzione di Sam, con un sorriso a trentadue denti apro le braccia e le circondo intorno al suo collo, mi stringe a se e la sua risata mi giunge all'orecchio melodiosamente. Ci stacchiamo e continuiamo a camminare e parlare, fino a quando non arriviamo dinanzi al Palazzo degli Uffizi, maestoso e bellissimo, mai avrei potuto immaginare di innamorarmi così velocemente di quel luogo: l'architettura secondo l'ordine dorico, il portico è costituito da colonne doriche e pilastri con le nicchie per statue che sorreggono un architrave, ma è coperto da lunghe volte a botte, decorate da cornici rettangolari a rilievo, che sono collegate tra loro da fasce disegnanti un motivo geometrico spezzettato e uniforme. Ai piani superiori si ripete un modulo di tre riquadri, tre finestre con balconcini e timpani rispettivamente triangolare, circolare e triangolare. I piani sono divisi da maestosi cornici marcapiano. Non avevo parole per descrivere come mi sentissi dinanzi a un qualcosa di tanto bello, mi sentivo piccola, e avere Sam accanto non migliorava le cose. Ero minuscola rispetto all'architettura, ma lo ero anche al fianco di questa Dea greca di nome Samantha Ferrari.

The Love Maze: Stringimi più forteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora