CAP 02 - IL MASCHIO SONO IO

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ARISA

«Scusa Ari, so che stai finendo il turno, ma c'è stato un incidente in autostrada e stanno arrivando parecchie ambulanze. E purtroppo il dottor Rigoni che doveva sostituirti ne è rimasto coinvolto. Sto chiedendo a tutto il personale di aiutare. Tu cosa pensi di fare?» Lo sguardo del dottor Rigodanzo, primario e responsabile del pronto soccorso è stanco. Sulla soglia della pensione le preoccupazioni e le innumerevoli ore passate nel suo reparto si fanno sentire. Da quando lavoro con lui, dopo aver rifiutato il posto come chirurgo un anno fa, mi ha preso sotto la sua ala protettrice. Mi ha detto più di una volta che sarei stata una figlia perfetta; la figlia che non ha mai avuto.

«Cosa vuole che le dica, resto, ovvio. Per fortuna a casa non ho nessuno a cui badare... e neanche fuori.» Rigodanzo mi guarda comprensivo.

«Ari, non fartene una colpa. Il dottor Giusti ha preso un grosso abbaglio con quell'oca di Serena e credimi, quello che ci ha rimesso è lui. Sei una donna speciale e fantastica e troverai presto qualcuno che saprà valorizzarti. Credimi.» Abbasso gli occhi per nascondere una lacrima.

«Lo so, ma fa male lo stesso. Specie dopo quasi due anni che eravamo assieme... che parlavamo quasi di sposarci...»

«Vedila come una operazione chirurgica. L'organo malato va asportato, all'inizio fa male, ma poi una nuova speranza rinasce in te, si ricomincia a vivere più sereni e si guarda al futuro con più consapevolezza.» Mi scappa un mezzo sorriso.

«E lo dice lei a mia madre?» Il dottore sussulta.

«Eh, no! Per carità. Ne ho avuto abbastanza quando è stata ricoverata l'ultima volta. Ma che si aspettava dalla vostra relazione?» Storco la bocca.

«Intende il suo sogno? Ma di vedermi sposata con il grande primario di cardiologia. Prestigio e conoscenze, cose per lei importantissime essendo farmacista.» Per fortuna il suono fastidioso di un paio di ambulanze blocca quell'inutile scambio di parole.

È ormai sera e sto tornando a casa stanca e sfinita. Sono riuscita, tra una urgenza e l'altra, a mangiare un paio di tramezzini, ma dodici ore continuative mi hanno messa duramente alla prova. Mi sono semplicemente tolta il camice senza neppure guardarmi allo specchio. Non vedo l'ora di abbracciare il mio cuscino.

Per fortuna Conception e Darina sono a una sfilata di Gucci a Milano, quindi posso contare sulla tranquillità totale della casa. Loro sono le mie coinquiline, una portoricana e l'altra russa, simpatiche ma soprattutto chiassose, e mi avrebbero certamente subissata con racconti più o meno consentiti delle loro performance milanesi. Inoltre l'appartamento sotto di noi è ancora sfitto e quindi la pace è assicurata.

"Non metterò neppure la sveglia. Al diavolo tutti".

Quando arrivo davanti al mio cancello, devo sbattere gli occhi stanchi per focalizzare quel furgone bianco. A momenti ci finivo addosso.

«Non ci posso credere. Chi è il deficiente che ha parcheggiato qui?» e mi attacco al clacson. Quando vedo uscire un giovanotto dal cancelletto sotto casa mia, scendo dall'auto.

"Ma che diavolo... no! Non dirmi che è il nuovo inquilino! Non oggi, non adesso". Lo attacco di brutto. «Ehi! Chi è il deficiente che ha parcheggiato davanti al mio cancello?» Questi cerca di scusarsi e chiedere tempo, ma io tempo non ne ho. Dopo qualche battibecco escono due tizi in tuta, salgono sul furgone sgommano.

Tutto sarebbe andato ancora bene se il deficiente non avesse osato criticare il mio modo di vestire. Sì, lo so che devo fare schifo, ma chi non lo sarebbe nelle mie condizioni? E comunque anche lui non è messo bene. Sarò anche stracotta ma ci vedo ancora bene. Per essere alto è alto, capelli neri tagliati corti, una leggera barba trasandata da sexy symbol, due occhi come il cielo di primavera e un sorriso impertinente. Indossa dei jeans logori e sporchi tagliati al ginocchio, canottiera bianca macchiata in più punti e infradito. E poi ha il coraggio di parlare di me.

LUI SOTTO, LEI SOPRADove le storie prendono vita. Scoprilo ora