CAP 09 - MUTANDINE ROSA

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ARISA

Sono arrivata a casa da poco e sinceramente mi sono resa conto di aver trascurato molto la routine casalinga in questi giorni. In pratica mi sono fiondata sotto la doccia e quando sono uscita mi sono trovata senza intimo pulito: mai successo. Così ho lavato veloce a mano tre slip e domani avvierò una lavatrice. Sto per andare a stenderle fuori così, con questo caldo, per domani mattina saranno asciutte, quando squilla il cellulare. Butto in fretta e furia le mutandine sul primo filo senza vedere altro e corro a rispondere. Porca miseria! Se sapevo che era mia madre... devo mettere una suoneria personalizzata, non c'è altro rimedio.

«Mamma, ti sembrano ore da chiamare? Sono appena rientrata a casa e sono abbastanza incasinata.»

«E quando devo chiamarti? Al lavoro no. Di mattina presto no, se neanche di sera non sei disponibile, dimmi tu quando posso parlare a mia figlia. Non penso di essere così invadente.» Uff, questa non ci voleva. E adesso chi la stacca?

«No mamma, non è per quello, è che veramente sono tirata come una corda di violino e non riesco a fare tutto.»

«Certo. Se almeno avessi un uomo decente con te, forse... Infatti scommetto che non fai un pasto decente da non so quanto.» Beh! Effettivamente da lunedì scorso, ma meglio sorvolare.

«Hai ragione, ultimamente ho perso qualche chilo. Non che sia male, ma...»

«Ma giovedì ti aspetto qui a casa per cena. E non cercare di girarmela, so che sei di riposo.» alzo gli occhi al cielo.

«Okay, mamma, vedrò di fare il possibile.»

«E porta anche il tuo nuovo compagno.»

«Il mio cheee!?» quasi urlo al telefono.

«Quello che hai detto tu. Quello che hai rimpiazzato al posto di Matteo. Te lo sei già scordato? O ti ha già mollata anche lui?»

«Mamma, non è come pensi ma non credo sia possibile. È da una settimana che non lo sento e...»

«ARISA!!» l'urlo che sento mi blocca all'istante, guardo verso la portafinestra che dà sul balcone e sento qualche imprecazione.

«Mamma, scusa ma devo lasciati. Ciao». E chiudo di brutto la chiamata per correre al davanzale. Era l'urlo di Luca, e se urlava il mio nome in quel modo, non penso fosse per offrirmi il gelato. Mi affaccio.

«Ehi, che modi di urlare sono questi? Siamo in un quartiere civile sai?»

«Forse dovresti domandartelo tu! Dove cazzo credi di vivere? Guarda cosa stanno facendo quelle tue stupide mutande». Subito non comprendo e lo guardo come stesse dando i numeri. Ma poi vedo anche una bambina e due adulti e mi impensierisco. Di sfuggita vedo una goccia cadere dai miei slip rosa e un brivido mi attraversa tutta: mio Dio che figura. Guardo sotto la tavola imbandita e sbianco.

«Porca... scusa, non avevo visto, le tolgo subito». Ma nella fretta me ne sfugge una che cade come una foglia grassa e marcia verso il basso. Proprio quella rosa. Proprio quella mini semitrasparente, del tipo vedo-non vedo. E dove va a finire? Proprio spiaccicata sopra la faccia di Luca che stava proprio sotto e mi guardava con due occhi inferociti.

La scena, se non fosse drammatica, mi avrebbe fatta scoppiare dal ridere. Comunque non sono l'unica; sia la bambina che la signora se la stanno facendo addosso dal ridere mentre l'uomo tace e scuote la testa con rimprovero.

«Scendi immediatamente!» mi ordina.

«Io?» chiedo meravigliata.

«No! Il padreterno. Scendi!» A questo punto non so che fare. Se scendo quello mi sbrana. Se non scendo è capace di buttare giù la porta. Okay, scendo.

LUI SOTTO, LEI SOPRADove le storie prendono vita. Scoprilo ora