CAP 22 - SOGNAMI

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LUCA

Certo che è proprio lunatica, non si sa mai come prenderla. Speriamo bene. La seguo su per le scale. Al terzo piano comincio ad arrancare. Lo ammetto, non sono un gran sportivo. La mia attività fisica è correre come un pazzo in cucina e alzare pesi sotto forma di pentole piene, sacchi di patate o farina e carcasse di animali congelati.

«Ehi, non mi hai detto che i tuoi abitano a due passi dal cielo.» cerco di sdrammatizzare facendo un bel respiro.

«Stanco? Un altro piano e potrai riposarti. Sapessi quante volte le ho fatte 'ste scale: le odio». Meno male che non sono l'unico. Casa dei miei è tutta su un piano, il ristorante pure, la casa al Laghetto idem. Proprio stasera dovevo affrontare delle scale e arrivare dai suoi tutto sudato?

Ho appena messo il piede sul pianerottolo del quarto piano e sto per prendere un profondo respiro, quando mi sento stritolare in un abbraccio pitonico: mi manca l'ossigeno.

«Mamma! Non esagerare. Non vedi che è già rosso di suo? Lascialo respirare, dai.» Sua madre? Santo cielo, ma quanta palestra fa? Finalmente allenta la morsa e posso respirare.

«Giovanotto! Non le faranno mica problemi quattro piani di scale, vero?» Vorrei dirle qualcosa di piccante ma mi trattengo.

«Ma lo sapete che il primo ascensore è stato testato nel 1853? Elisha Otis l'avrà pure inventato per un buon motivo, no? Quanti anni avrà questa casa, cinquanta?» chiedo sarcastico mentre le osservo tutte e due.

«Dai, smettila di fare il polemico ed entriamo». E sotto il sorriso felice di sua madre, Arisa mi prende a braccetto e mi introduce in casa sua. Mi guardo attorno velocemente.

Un appartamento normale, come migliaia di questo genere. Situato in un quartiere popolare ad alta intensità. Nulla di particolarmente vistoso ma pulito e carino. Si respira aria di casa, oltre che un buon profumino proveniente dalla cucina.

Accidenti. Ecco che si avvicina suo padre. Non un altro abbraccio, ti prego.

«Bene arrivato giovanotto», mi saluta mentre tende, per fortuna, una mano, «accomodiamoci subito a tavola prima che la mia Claudia dia di matto. Ciao piccola, tutto bene?»

«Sì, papà. Scusa se stamattina ti ho dato buca ma qualcuno mi ha fatto girare le...»

«ARISA!» tuona sua madre. Arisa sbuffa sonoramente e io sorrido: anche suo padre.

«Mamma! Quando ci vuole ci vuole. E che caz... volo.»

«Adesso smettila. Cosa penserà questo gentile giovanotto. Prego signor Luca, si metta pure a capotavola, a fianco di Arisa.» Le faccio uno dei miei collaudati sorrisi strappamutande. Non che intenda...

«Grazie signora, ma non vorrei rubare il posto al padrone di casa.»

«La vogliamo smettere con tutti 'sti salamelecchi?» interviene scocciata Arisa, «Lui è Luca, mio padre Antonio e mia madre Claudia. Adesso che vi ho presentati smettetela di rendervi ridicoli e datevi del tu». Storce la bocca e punta i pugni sui fianchi. Accidenti che caratterino.

La cena è stata squisita. Non scherzava Arisa quando ha decantato le lodi culinarie di sua madre. Pasta pasticciata al forno come primo. Vitello tonnato con fagiolini al vapore con prezzemolo e cipolle di tropea in agrodolce. E, ciliegina sulla torta, albicocche alla piastra con sopra un cucchiaino di cremoso formaggio di capra. Un'idea niente male per il mio ristorante.

Anche la conversazione non è stata piatta e formale come quando ceno dai miei. È una famiglia semplice ma sincera. Si scherza, si ride, si parla di tante cose, anche di medicina, è ovvio. Ma mai col peso opprimente della superiorità. Arisa è fortunata ad avere due genitori così. Forse la soffocheranno di troppe attenzioni perché è figlia unica, un po' la capisco, ma le vogliono bene. Si nota da come la guardano, le parlano, le chiedono dei vari casi vissuti al pronto soccorso.

LUI SOTTO, LEI SOPRADove le storie prendono vita. Scoprilo ora