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Effie's Pov
Rimango seduta accanto alla finestra, accarezzando il morbido pelo del piccolo gatto.
Il dolce rumore della pioggia echeggia nella stanza vuota e silenziosa.
Le gocce rigano il vetro della finestra come lacrime su un fragile viso.
In questi pochi giorni passati assieme qui non riesco a non pensare a due persone in particolare.
In primo luogo, a Portia che sfortunatamente non è riuscita a scampare all'esecuzione al mio contrario.
Mi sento quasi in dovere di scusarmi con lei, per non averla aiutata.
In secondo luogo, mi duole ammetterlo, ma non faccio che pensare ad Haymitch.
Perché?
Perché mi ha abbandonata così?
Alla solita sensazione di malinconia inizia a crearsi una forte rabbia.
"Ma cosa mi aspettavo..dopotutto
non sono mai stata importante per lui.." penso.
Sono sempre stata un impiccio, in fondo. Solo una delle tante capitoline stupide di Capital.
Senza rendermene conto, delle lacrime silenziose iniziano a scendere lungo la mia guancia ma i miei occhi sono vuoti ormai.
...........
.......
Dopo un paio d'ore, mi dirigo verso il piano inferiore, con ancora il morbido gatto fra le mie braccia.
Mi avvio verso la cucina, ma delle voci mi fermano.
"Non possiamo continuare a nasconderci così. Dobbiamo far-"
"E cosa Olympia? Consegnarci ai Pacificatori?
Non possiamo andare da nessuna parte, Perché nessuna delle due parti ci accetterà mai!"
Rimango contro la ringhiera delle scale, guardando i due continuare a discutere.
Improvvisamente, qualcuno bussa alla grande porta d'ingresso.
"C-cos-.." sussurra la ragazza.
In quell'istante il gatto balza sul pavimento e corre verso il salone.
"Vieni qui!" sussurro al gatto e inevitabilmente mi ritrovo poco distante dai due, facendomi finalmente notare.
"Siamo Pacificatori,mandati dal Presidente Snow per radunare i cittadini locali a causa dei forti bombardamenti-" spiega l'uomo al di là della porta.
Markus sposta lo sguardo da me ad Olympia freneticamente, non sapendo cosa fare.
Non dovevamo farli entrare, eravamo dei reietti.
Rimaniamo come pietrificati per qualche secondo, sperando che i Pacificatori si allontanino non sentendo nessuno.
Al contrario, continuiamo a sentire bussi pesanti e intimidazioni di entrare a forza.
"Forza, da questa parte.." sussurra improvvisamente la donna in mezzo a me e Markus.
Sento una mano fredda afferrarmi il polso, tirandomi verso il lato opposto della stanza.
"Seguitemi.." continua Olympia mentre ci spinge con entrambe le mani.
Subito dopo, scendiamo delle scale che portano ad un sotterraneo, il quale ci fa sbucare in una piccola via del centro.
"Ed ora.?" sussurro in preda al panico e sentendomi troppo esposta.
"Non possiamo rimanere qui, fermi nel centro della città, è risaputo che è piena di-"
Un forte botto interrompe Markus, facendo esplodere un palazzo poco
alle nostre spalle.
............
.........
......
...
Apro lentamente gli occhi, riconoscendo la luce abbagliante del mattino.Sento ogni mio singolo osso frantumato.
Vedo poco lontano un intero palazzo riverso per terra in frantumi.
Poi inizio a ricordare l'accaduto e
un unico pensiero mi passa per la testa: Markus.
Mi guardo intorno velocemente, e nessuno sembra esserci nei dintorni.
Provo a mettermi in piedi, ma percependo un dolore lancinante, mi riduco solo a trascinare la gamba sinistra inutilmente.
"Markus!"
grido disperata.
"Aiutatemi!"imploro ma la mia voce è un'eco solitario.
Dopo attimi di ricerche, noto finalmente una chioma bionda e un braccio sommersi dai detriti.
Senza esitare, mi dirigo con tutte le mie forze verso di loro.
Inizio a scavare, a togliere ogni singolo mattone mentre le gocce di sudore aumentano.
Finalmente riesco a riconoscere il viso di Markus e poco distante noto l'esile corpo della fidanzata.
"Markus! Sono qui, sono io." sussurro mentre tolgo la polvere e i detriti dalla sua faccia, ma rimane immobile.
"Markus..?"chiedo titubante.
Afferro il viso freddo tra le mie mani, scuotendolo violentemente.
"Forza Markus, rispondimi!"
Le lacrime iniziano a cadere velocemente senza fermarsi.
"N-non puoi lasciarmi.."
Disperata, affondo il mio viso nel suo petto per poi gridare tutto il mio dolore ad alta voce.

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