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«Siamo arrivati, Jimin. Vuoi che ti accompagni fino alla porta di Kook?» chiese Taehyung una volta parcheggiata la macchina sul suo vialetto che si trovava proprio accanto alla casa dell'insegnante.

«I-Io...»

Il minore sembrò avere un tentennamento. Si domandava se avesse preso la scelta giusta nell'andare dal maggiore in quelle condizioni. Non voleva farlo preoccupare né tantomeno spaventarlo ma sentiva il bisogno di avere il suo conforto e di sentire la sua bella voce parlargli dolcemente.

«Ehi...» sussurrò il castano che allungò il braccio verso l'altro per avvicinarlo a sé e dargli un po' di affetto, quello che si capiva gli mancasse «Non ti conosco ancora ma se sei importante per Jungkook, lo sei pure per me. Non so cosa ti sia successo ma non essere triste, la darai soltanto vinta a chi vuole il tuo male. Sorridi»

E Taehyung di questo ne sapeva qualcosa. I suoi genitori lo avevano cacciato di casa non appena vennero a conoscenza del fatto che a lui piacessero gli uomini e che per giunta stava intraprendendo una relazione del genere. Fu molto difficile superare quel brutto e triste periodo ma con l'aiuto del suo amato, Namjoon, riuscì a trovare un lavoro stabile e poi insieme cercarono una casa, quella in cui vivevano tutt'oggi.

Lui conosceva la tristezza e la sensazione di non sentirsi accettati e negli occhi di quel dolce biondino si potevano cogliere solamente quei sentimenti. In un certo senso, rivedeva in quel Jimin il sé stesso di qualche anno prima.

«G-Grazie, Taehyung» sorrise fiocamente
«V-Vado da solo. Non preoccuparti» tentò di aprire lo sportello ma l'altro lo fermò con la sua voce.

«Non sei un peso, ricordalo e cerca di riguardati, eh!» Jimin annuì con un timido cenno e poi scese dell'auto dirigendosi a passo lento, per via del suo torace dolorante, verso la porta del professore.

Quest'ultimo venne ad aprire poco dopo provando felicità nel vederlo lì ma quando osservò maggiormente le sue condizioni, cambiò espressione in una amareggiata e frustrata.

«Scusa se ti faccio preoccupare sempre ma sei l'unica persona che mi capisce, che mi ascolta in questo mondo di merda...»

Dopo aver detto quelle parole, il più piccolo iniziò a piangere senza controllo alcuno. A Jungkook si spezzò il cuore tanto che lo abbracciò, consolandolo calorosamente.

«Non piangere, tesoro»

Il corvino prese la sua mano trascinandolo dentro casa. Si sedettero sul divano e Jimin collocò la testa sul petto dell'altro che lo coprì con le sue braccia.

«La tua guancia è arrossata. Che ti hanno fatto? Che ti è successo?» domandò sfiorandogli con un'accuratezza estrema quella zona in particolare.

«Sono stanco... Non voglio parlare di questo» rispose addolorato.

«Vorrei poter alleviare ogni tuo dolore ma come posso farlo se non ti sfoghi con me?»

«La tua sola presenza allevia tutto quello che di negativo sento dentro di me. Sei l'unico che mi ha mostrato affetto, mi hai apprezzato, ascoltato e aiutato in ogni momento ed ti sarò sempre grato per questo»

«Lo faccio perché è il cuore a dirmelo, non c'è nulla di cui ringraziarmi» sorrise nobilmente «Adesso dimmi dov'è che ti fa male... So che stai soffrendo, anche se non lo dici»

«Q-Qui...» Jimin segnalò il suo stomaco con la mascella stretta. Il maggiore si alzò e lo fece stendere, mettendogli un cuscino sotto la nuca.

«Ma che cazzo ti è successo?» chiese alterato quando gli sollevò la maglia e vide un grosso ematoma dal colore scuro e violaceo adornargli la zona destra del torace che copriva perfino gran parte del suo tatuaggio.

«Non conosci la mia famiglia»

«È stato tuo padre?» il minore rise con asprezza mentre poggiava la testa sul braccio del divano.

«Un morto che cammina è più pericoloso di un cagnolino che fa di tutto per ottenere una fottuta azienda di merda»

«T-Tuo nonno?»

«Gli resta qualche altro mese di vita ma picchia forte sto figlio di puttana»

«Ma come ha potuto? È disumano! Ti ha colpito con qualcosa? Non sembra un pugno o qualcos'altro del genere» asserì andando a prendere del ghiaccio e una pomata.

«L'ho sfidato e lui ha risposto con un schiaffo e un colpo di bastone qui... Forse me lo merito»

«Non dire cazzate, Jimin! Nessuno merita questo trattamento e tantomeno tu che non hai fatto nulla di male»

Jungkook collocò la borsa del ghiaccio sulla zona in questione e l'altro sussultò per quel contatto così freddo.

«Grazie»

«No-» il suono del campanello interruppe le sue parole «Tienila, io vado a vedere chi è»

Non appena la porta fu aperta, delle caotiche urla e risate riempirono la casa.

«Abbiamo del cibo, fratello! Si mangia cibo di strada oggi!» esclamò Yoongi insieme a sua padre mostrando i sacchetti di plastica bianca tra le loro mani.

I due entrarono in casa totalmente disinvolti e sereni ma quando videro il ragazzo dai capelli biondi disteso sul divano, il loro passo si bloccò improvvisamente.

«Ehm... Sei Jimin, no?»

Il menzionato ridacchiò.
A quanto pare tutti conoscevano il suo nome e com'era fatto esteriormente mentre lui no.

«Si, sono Jimin e tu?»

«Min Yoongi e lui è mio padre Min Daniel»

𝑯𝒂𝒕𝒆 𝒀𝒐𝒖 | 국민 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora