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Durante quei due mesi, Jimin aveva vissuto tra la casa di suo zio e quella di Namjoon e Taehyung. Quest'ultimi lo avevano accolto a braccia aperte, come se di un fratello minore si trattasse.

A casa Park non era più tornato.

In varie occasioni si era recato nell'appartamento di Jungkook, al quale spalancava tutte finestre per far arieggiare l'ambiente non più abitato, e lui stesso si era poi incaricato di cercare qualcuno per avere una pulizia completa prima del ritorno dell'altro.

«Brilla di luce propria...» disse il maggiore con un sorriso appena accentuato quando entrambi fecero ingresso in casa.

«L'ho fatta pulire prima del tuo arrivo e poi, io personalmente mi sono occupato di far prendere aria all'ambiente, aprendo tutte le finestre una volta a settimana» il corvino si limitò ad annuire nervosamente.

Un pesante silenzio si diffuse fra quelle quelle mura, nel quale il moro si distraette con i suoi pensieri e Jimin, invece, cominciò ad avvicinarsi al ragazzo con le mani legate dietro la schiena. E in un movimento loquace e sollevato leggermente sulle punte, riuscì a prendersi quel bacio che tanto bramava.

Jungkook seguì quel gesto a fatica, sentendo un nodo opprimente farsi spazio all'interno della sua gola. Voleva piangere a dirotto e sfogarsi ma si trattenne, inghiottendo il suo malessere.

Si scostò da Jimin e guardò un punto vuoto della stanza.

Non poteva guardare i suoi occhi. Erano interroganti, volevano risposte ma lui non aveva nessuna voglia di rispondere a domande.

«Stai bene...?» domandò il biondo quando notò quello strano atteggiamento.

«Si, si scusami... Vado a farmi una doccia adesso» l'altro annuì con un certo sconforto per non riuscire a capire cosa gli passasse per la testa o peggio ancora cosa gli avessero fatto in quel covo malefico.

Il maggiore, nel frattempo, si precipitò in camera e una volta lì, tolse tutte le sue vestì per poi correre in bagno ed entrare velocemente in doccia, cercando rifugio in quello spazio ridotto.

Si era detto ch'era meglio piangere sotto il potente getto d'acqua affinché quest'ultima potesse camuffare le sue lacrime e i suoi singhiozzi, scambiando così un bagno di tristezza per uno rilassante.

Doveva sfogare quel peso che opprimeva le sue vie respiratorie e ora che non era più tra quelle quattro mura, poteva farlo senza che nessuno lo ritenesse una femminuccia, un uomo debole.

L'estrema violenza a cui aveva assistito durante la sua istanza lì, lo aveva profondamente turbato sotto ogni aspetto, da quello mentale a quello fisico.

Vide tanto ma c'era stato un episodio che lo aveva distrutto.

Un brutale stupro avvenuto sotto i propri occhi non era un ricordo facile da cancellare, soprattutto se a seguire ci furono pesanti e laceranti botte per aver cercato di aiutare l'innocente vittima che giaceva inerme su una pozza di sangue sul pavimento lurido del bagno.

In quei cubicoli accadeva di tutto.

Aveva provato a dirlo alle guardie, guadagnandosi poi un altro pestaggio dall'aggressore solo per essere stato il ratto che aveva chiaccherato, ma queste non fecero nulla al riguardo, anzi preferirono punirlo con alcuni giorni di isolamento per aver alzato la voce nel dire che quello era totalmente ingiusto, che un ragazzo era stato violentato e lo stupratore la stava passando liscia.

Non fecero nulla neanche quando il ragazzo morì, subito dopo la violenza, per lacerazioni interne.

«Tu sei qui per abuso sessuale e ora ti fa schifo vedere una cosa che tu hai già fatto?»

Jungkook piangeva senza sosta al ricordo dell'immagine di quel ragazzo e delle parole che quella guardia aveva osato dire per colpirlo a fondo.

Diede pugni alla parete della doccia mentre la sua fronte poggiava su di essa, e girava e rigirava cercando di trovare la pace che aveva smarrito da quel momento. L'acqua che scorreva imperterrita, serena divenne improvvisamente ghiacciata ma a lui non importò, neanche quando la sua respirazione si fece eccessivamente instabile e le sue gambe tremarono.

Chiuse il suo sguardo, come se avesse messo un lucchetto ad una scatola di fotografie passate, e schiacciò fortemente i suoi palmi contro il muro con l'intento di calmare la sua devastazione interiore.

Jimin con le lacrime agli occhi e le labbra formicolanti di angoscia, decise finalmente di avvicinarsi e abbracciarlo da dietro, fregandosene del fatto che i suoi vestiti fossero ora fradici.

Aveva visto tutto.
Non era riuscito a rimanere giù in cucina sapendo che qualcosa non andasse con il suo maggiore.

Non era mai stato bravo a consolare gli altri o a provare compassione nel vedere una persona che soffriva per un qualcosa perché nessuno era mai stato così con lui, nessuno lo aveva mai aiutato veramente a risolvere i suoi conflitti ma con quel moro era tutto diverso.

Aveva lasciato che si sfogasse da solo per un bel pezzo, anche se lui era sempre stato lì ma adesso aveva deciso di agire e mostrargli che realmente lui era lì.

«Io sono qui con te, Jungkook» sussurrò, rafforzando la sua presa attorno al corpo umido del menzionato che singhiozzò più lentamente come se si stesse già riprendendo «Piangi quanto vuoi, io sono qui con te»

«S-Sto bene» ripeté il maggiore dopo aver chiuso l'acqua ed essersi voltato per stare faccia a faccia con il minore «Sto bene. È stato solo un momento di debolezza»

Il biondo toccò le sue guance e nuovamente fissò quegli occhi meravigliosi ma così dannatamente tristi da spezzargli il cuore.

«Come puoi dire che stai bene? Come puoi dire che è stato soltanto un momento di debolezza, se i tuoi occhi sono così devastati da uccidermi? Sono Jimin, Jungkook. Non sei più dentro quel fottuto posto di merda! Cosa posso fare per alleviare quello che provi?»

«Non lasciarmi mai»

𝑯𝒂𝒕𝒆 𝒀𝒐𝒖 | 국민 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora