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Lo scossone improvviso che ricevette la città di Seoul il giorno seguente fu sconvolgente, mentre per i nemici si rivelò una vera e propria giornata di festa.

Il crollo dell'azienda Park era sulla bocca di tutti, su tutti i giornali e telegiornali. Ognuna delle malefatte che architettarono i signori Park e i loro collaboratori, nel corso degli anni, per ottenere prestigio e denaro, vennero divulgate e date in pasto alla stampa, che non stette di certo con le mani in mano.

I reati di cui venivano accusati erano molteplici e così gravi che nessuno provò a schierarsi dalla loro parte – si parlava di estorsioni, evasioni fiscali e vari omicidi. Era umanamente impossibile difenderli o trovare un qualcosa che potesse giustificare le loro tremende azioni, soprattutto dopo la notizia del tentato omicidio del più anziano nei confronti della sua stessa figlia.

Le camionette della polizia sfrecciavano lungo le strade dalla metropoli, con i lampeggianti e le sirene perfettamente accese e squillanti, in cerca dei colpevoli, ma la parte più eclatante doveva ancora venire. Sung Sin e Ha Joon, con le mani ammanettate dietro la schiena e tenuti fermi da due poliziotti, uscirono una volta per tutte dalla casa di carta che si erano costruiti, quando il denaro diventa più che un cumolo di carta straccia.

Jungkook, Jimin, il suo vero padre e colei che un tempo credeva fosse la sua reale madre erano corsi lì non appena appresero la notizia dai giornali. Fissavano vittoriosamente la scena che si prestava dinanzi ai loro occhi, alla fine avevano ottenuto quella rivincita tanto sperata.

«Avrei dovuto ucciderti come ho fatto con tua madre, invece di lasciarti in vita!» inveì il più anziano contro il proprio nipote, che non si scompose minimamente. Le parole di un morto, che tentava tuttavia di camminare sulle sue gambe, erano come il fumo di una sigaretta al vento: nulle.
«Sei un abominio!» la collera trasbordava da ogni poro della sua pelle ormai invecchiata e disidratata. Era infervorito. «Non finisce qua!»

«Invece sì che è finita qua, papà.» la forte e severa voce di una donna captò l'attenzione di tutti i presenti che sbarrarono i propri occhi a quella vista.

Jimin non la conosceva e neanche Jungkook, ma Se Ri e Daniel non potevano credere a ciò che stavano vedendo. Un miracolo del genere era eccezionale e totalmente inaspettato.
Daniel la ricordava con i capelli lunghi color nocciola e il viso segnato da lineamenti dolci e femminili di cui si era perdutamente innamorato.
Gli sembrò di farlo per la seconda volta ma di una versione più matura e sobria di Seo Dan. Ora portava un caschetto con frangia laterale, un taller nero e nel complesso tutta la sua apparenza era cambiata, tranne il suo sguardo che continuava ad essere ribelle e libertino come una volta.
Uguale a Jimin.

«Finisce qua perché mi assicurerò personalmente che tu, papà, e quel mostro di mio fratello marciate per sempre in galera. Le prove dei mali che avete causato sono tra le mani della giustizia e non avrete scampo, non la farete franca stavolta.»

«Avrei dovuto assicurarmi che tu fossi morta, invece di affidarmi alla parole di quei dottori!» il vecchio tentò di dimenarsi e sottrarsi alla sua sorte. Non voleva accettare che il suo impero fosse crollato di punto in bianco per mano di una donna, per mano della figlia che ripudiava tanto per non aver obbedito ai suoi ordini.

«Le tue parole non mi feriscono, forse da ragazza ma ora no, non più.» la donna camminò con passo deciso verso suo fratello e gli si impose difronte. I due si guardarono senza provare alcun sentimento l'una per l'altro. «Il male che hai fatto a me è secondario, ma non ti perdonerò mai per aver reso la vita di mio figlio un inferno. Mai.»

Il ragazzo dai capelli biondi spalancò la bocca e strinse fortemente la mano di Jungkook, il quale si trovava perlopiù nel suo identico stato. Sembrava un autentico sogno. Era davvero sua madre quella donna? La figlia minore dei Park morta dopo il parto? Se fosse vero, era felice, ma allo stesso tempo aveva così tante domande da porle che era entrato in pallone. Troppi interrogativi, troppi misteri di cui ne aveva fin sopra i capelli. Quando un attimo di pace? Forse ora che quei due erano stati finalmente portati via dalle camionette?

Lo sguardo di suo padre, però, non mentiva, diceva che tutto era reale. Fissava quella donna con le lacrime agli occhi, ma era comunque notorio quanto amore e quanta felicità stesse riprovando in quel momento. Il suo cuore si era risanato del tutto.

«La tua vera madre è viva, Jimin.» sussurrò il moro all'orecchio del suo amato che gli dedicò un sorriso di pura emozione. «Ho timore di non starle simpatico però.»

«Scherzi? È impossibile.»

Il carattere della donna, che ora si dirigeva nella loro direzione, era palesemente schietto e con attributi enormi. Sembrava una di quelle senza peli sulla lingua.

«Me lo concedi un momento?» gli domandò Seo Dan con una curva amorevole stampata in viso. Il suo aspetto serio si era completamente dissolto nel nulla.

Jungkook annuì e a questo seguì un breve e cordiale inchino che l'altra non esitò a ricambiare.

Era infinitamente grata a quel corvino dal cuore immenso e d'oro per essere entrato nella vita di suo figlio e avergli dato la libertà e l'amore che solo lui si meritava. Malgrado non fosse stata lì con loro per varie motivazioni, lei era a conoscenza di ognuna delle cose che quei due avevano affrontato insieme. Ed era orgogliosa, profondamente orgogliosa per il coraggio e la forza che i due possedevano.

«Grazie, Jeon Jungkook-ssi.» disse, schiacciandogli infine il suo occhio, per poi dedicarsi esclusivamente a stringere tra le proprie braccia la persona da cui l'avevano tenuta separata per un tempo troppo lungo, Jimin, il suo adorato figlio, frutto del suo grembo e del suo primo amore che non vedeva l'ora di riabbracciare. «Ti chiedo di perdonarmi, ma accetterò qualunque decisione tu voglia prendere. Vorrei solo che tu sapessi che tutto questo ha una spiegazione e che te le darò, ma non in mezzo ad una strada.»

Accarezzò con delicatezza le guance del ragazzo ed esaminò i tratti del suo volto. Un nodo le si formò in gola e non poté trattenere le lacrime. Quanto era cresciuto? Quanti attimi della sua vita aveva perso a causa di quel mostro senza pietà e a causa dell'improvvisa perdita di memoria che la colpì subito dopo i mesi di coma? Non poté tenerlo in braccio neanche per un misero istante, non poté ascoltare il suo primo lamento, non poté avere l'opportunità di offrirgli il suo seno per nutrirlo, non poté salvarlo dalle grinfie di quel bastardo.

Malgrado non avesse colpe, non riusciva a perdonare sé stessa per aver commesso tali mancanze nei confronti di una delle persone che più amava. Aveva dato alla luce un'altra bambina, la piccola Yuri, durante la sua istanza a Bangkok – una storia alquanto complessa e lunga – e sì l'amava da matti, ma l'amore per un altro figlio non potrà mai colmare il vuoto lasciato dalla mancanza di quello che credevi fosse perduto per sempre.

«Io non sono arrabbiato con te, non devi neanche chiedermi perdono. Ho solo troppi interrogativi nella mia testa che hanno bisogno di essere risolti il prima possibile.» Jimin serrò le sue labbra sulla fronte di Seo Dan e percepì immediatamente l'affetto per la donna crescere dentro il proprio petto. Dopotutto, il legame madre-figlio è qualcosa di puro e indissolubile che solo la morte può spezzare. «Promettimi, però, che quello che dirai sarà solo la verità. Sono stanco di tutti questi segreti e menzogne, sono fottutamente stanco.»

«Te lo prometto, tesoro.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 04, 2021 ⏰

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𝑯𝒂𝒕𝒆 𝒀𝒐𝒖 | 국민 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora